Mamma mi compri CiccioBello?

di Sara Ginanneschi

Ogni Natale tra gli scaffali dei negozi di giocattoli non posso evitare di inorridire quando vedo quanto ancora sia radicato il concetto di “balocco da maschio” e “balocco da femmina”, ma soprattutto, nel vedere quali sono i giocattoli in questione:
se per le bambine abbiamo la Barbie (notoriamente una donna bellissima che se fosse vera “ribalterebbe” date le dimensioni del seno rispetto alla corporatura) che se le premi il bottone sulla schiena dice “andiamo a fare shopping”; per i maschietti ci sono armi di ogni modello e misura!
E ancora… come farsi mancare il kit della perfetta casalinga: aspirapolvere rosa, ferrino da stiro e vario ciottolame; mentre i maschietti possono spaziare dai mostri, alle avventure all’Indiana Jones, piuttosto che ai vari tipi di “meccano”. Naturalmente queste differenze assurde, che ritenevamo obsolete, si possono riscontrare anche per i videogames.
Cosa significa? È la cultura che dice ai nostri figli con cosa devono giocare e con chi devono identificarsi o siamo noi a plasmare la cultura su certi preconcetti?
Questo mese abbiamo deciso di iniziare una discussione sull’identità di genere e sul ruolo di genere (trovate la descrizione dei lemmi nel nostro glossario infatti) in maniera un po’ leggera e provocatoria, per approfondire il tema in maniera più scientifica nei mesi a seguire.
Lanciamo quindi, oltre che alla provocazione anche uno spunto di riflessione sul significato che possa avere per un bambino l’identificarsi con un piccolo meccanico (o idraulico o elettricista), mentre per una bambina con una casalinga, una mamma, oppure una donna bellissima che ha come unico pensiero l’andare a comprarsi vestiti alla moda.
Durante l’attività clinica mi è capitato molte volte di sentire bambini che, alla fatidica domanda: “cosa vorresti ti portasse quest’anno Babbo Natale?” rispondono intimiditi di volere giocattoli che non possono però chiedere, altrimenti i genitori si arrabbierebbero; proprio questo Natale un maschietto avrebbe infatti voluto Ciccio Bello! Stiamo quindi parlando di cultura, che distingue le preferenze maschili o femminili, di ignoranza o di omofobia?! Premesso che “ignoranza” e “omofobia” spesso sono così strettamente collegati da essere sovrapponibili, forse veramente sono i pregiudizi a dire ai nostri bambini NON cosa possono diventare (che già sarebbe grave), ma cosa NON possono diventare! Sono messaggi sottili, quelli che vengono passati dai genitori ai bambini. Ad esempio, quando un genitore nega un gioco a causa del prezzo – situazione piuttosto comune -, implicitamente lo giudica “appropriato” per il figlio, mentre se lo nega dicendo “Non è adatto ai maschietti” spiega al figlio cosa ci si aspetta da lui. Ed ecco che aumentano sia l’appetibilità del primo che il disagio (se non proprio la vergogna o addirittura la colpa) di desiderare l’altro. Il messaggio che passa è quindi che se un maschietto vuole Cicciobello, in qualche modo fa una richiesta “sbagliata”.
Se il gioco infatti è un motore importante per lo sviluppo intellettivo dei bambini, certi veti castrano certamente una rosa di possibilità che non sono il “fare da grande la mamma” per il maschietto che vuole cicciobello, ma “diventare babbo”, fare il pediatra, l’educatore, il maestro, lo psicologo…
Diverso invece sembra l’approccio al gioco per la femminuccia (posto che potrebbe essere anche una mia visione personale di donna) che invece resta attaccata allo stereotipo di “ragazza bella e scema” (perché magari qualcuno ti sposa) o che sa fare “i mestieri” (identico motivo). Penso proprio che dovremmo superare questa etichetta… anche perché quanti uomini vorrebbero una bella moglie che oltre a saper dare l’aspirapolvere e sfornare bambini, sa anche riparare un rubinetto? Ma non sarà certamente possibile perché non le hanno mai regalato un meccano!
Scherzi a parte, esistono delle differenze strutturali e funzionali nei cervelli di maschi e femmine, è un dato assodato scientificamente e come preannunciato andremo anche noi dell’Osservatorio ad approfondire presto, ma certe attività, predisposizioni, passioni, non sono scritte nel nostro genoma e sono solo certi limiti culturali a creare prigioni per la nostra fantasia.

Gabriella Alleruzzo

Author: Gabriella Alleruzzo

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