Il mondo in una stanza: Internet addiction disorder e gli Hikikomori
Vari articoli imperversano la rete nell’ultimo periodo, trattando in modo talvolta troppo superficiale il tema della dipendenza da internet. Un esempio in questo articolo: Ossessionato da un videogame, la madre chiama i carabinieri. È possibile avere un approfondimento?
Lettera firmata.
ARTICOLO ORGINALE
12 giugno 2010
La madre di un ragazzo di 13 anni che si rifiutava di mangiare e di andare a scuola per non interrompere i videogiochi di guerra si è rivolta ai carabinieri. È accaduto a una donna di 40 anni che si è rivolta alla stazione dei carabinieri della Valpolcevera quando si è accorta che il figlio stava manifestando un’ossessiva dipendenza da “Wargames on line”, un sito riservato ai maggiorenni. Il ragazzo aveva da poco ricevuto in regalo la consolle e si era appassionato ai giochi di guerra.
Quando ha scoperto la possibilità di collegarsi on line ad alcuni siti, formalmente accessibili solo a maggiorenni, ha iniziato a giocare con altri utenti a giochi di guerra che durano anche più giorni. La passione lo ha portato a saltare il pranzo in qualche occasione, ma quando la madre si è accorta che non era andato a scuola per non interrompere il gioco lo ha ripreso. Ogni tentativo di intervento da parte dei familiari si è però rivelato inutile, anzi provocava reazioni impulsive, nervose ed a tratti violente del giovane. Ieri, i carabinieri, in accordo con i genitori, hanno ritirato la consolle ed alcuni videogiochi avviando anche alcuni accertamenti sulle norme che regolano sia la vendita di videogames sia l’accesso a siti di giochi online.
ALTRI ARTICOLI
http://it.notizie.yahoo.com/10/20100707/thl-computer-come-droga-psicologa-limita-deebc83.html
http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo485844.shtml
http://www.mrwebmaster.it/news/aumentano-casi-dipendenza-internet_4112.html
http://www.opsonline.it/psicologia-23105-dipendenza-da-internet.html
http://www.opsonline.it/psicologia-23111-allarme-porno-sul-web.html
COMMENTO REDAZIONALE A CURA DELLE DR.SSE DIMITRA KAKARAKI E SARA GINANNESCHI
Sono ormai anni che si dibatte sul tema dell’internet addiction e vari ricercatori attraverso studi ed inchieste si sono schierati con forza su due fronti distinti: la letteratura americana e gran parte degli studi italiani, principalmente propendono per una definizione diagnostica classificatoria del problema; altri autori, principalmente a favore delle indagini iberiche sostengono che la teoria della dipendenza da internet sia “una bufala” e che, anche se possiamo osservare il fenomeno, esso può venir spiegato in maniera altrettanto completa senza andare a definire uno specifico caso di addiction, ma conseguenza di una più complessa personalità.
Certamente il fenomeno dell’internet addiction viene reso ancora più intrigante grazie all’ultimissimo accostamento con gli hikikomori, persone che hanno scelto di ritirarsi dalla vita sociale, spesso cercando livelli estremi di isolamento e confinamento a causa di vari fattori personali e sociali (su questo argomento leggi la recensione del testo di M. Zielenziger, Non voglio più vivere alla luce del sole di Manuela Materdomini). Questo fenomeno descritto in Giappone, ricorda alcune caratteristiche del soggetto con ansia sociale ed agorafobia, sebbene non venga esplicitato tale contenuto fobico ed esso appare spinto da una più consapevole ricerca dell’isolamento in sé, piuttosto che dall’evitamento del mondo sociale. Analizzando questo concetto, rileviamo certamente che esso è specificatamente meglio inquadrato nel contesto sociale Giapponese e che certo può configurarsi come conseguenza di un utilizzo accentuato (patologico o meno) di internet.
Al fine di definire il concetto di internet addiction, non ci rimane quindi che suonare entrambe le campane e lasciare al lettore la decisione se questa sia una sindrome autonoma rappresentata e diagnosticabile attraverso determinati sintomi o se sia soltanto la conseguenza di patologie o predisposizioni preesistenti.. il vecchio dilemma dunque: è nato prima l’uovo o la gallina?
L’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) descrive il concetto di dipendenza patologica o di sindrome della dipendenza come “quella condizione psichica e talvolta anche fisica, derivante dall’interazione tra un organismo vivente e una sostanza tossica e caratterizzata da risposte comportamentali e da altre reazioni, che comprendono sempre un bisogno compulsivo di assumere la sostanza in modo continuativo o periodico, allo scopo di provare i suoi effetti psichici e talvolta di evitare il malessere della sua privazione” (cit. in Pigatto, 2003). Anche nell’ultima versione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, DSM-IV-TR (APA, 2000) e del Manuale di Classificazione delle Sindromi e dei Disturbi Psichici e Comportamentali, ICD-X (OMS, 1994) la nozione di dipendenza presuppone esclusivamente l’uso di sostanze psicoattive. Secondo alcuni autori, la ripetitività compulsiva di alcune attività comportamentali, seppur lecite, non solo sottendono gli stessi sintomi di una classica dipendenza da sostanze, ma ne determina conseguenze drammatiche (Del Miglio, Corbelli, 2002).
Queste nuove dipendenze o dipendenze comportamentali si riferiscono a una vasta gamma di comportamenti, tra esse le più note e maggiormente indagate sono il Gioco d’Azzardo Patologico (GAP), lo Shopping Compulsivo, la Dipendenza da Lavoro e da Studio, le Dipendenze da Tecnologia, le Dipendenze Relazionali e alcuni Disturbi Alimentari (Marganon e Aguaglia, 2003; Muredda, 2007). Tra queste però soltanto il Gioco d’Azzardo Patologico è stato classificato nel DSM-IV, mentre per gli altri non è previsto l’inserimento neanche nel prossimo volume DSM-V, perché?
Dipendenze da sostanze e nuove dipendenze condividerebbero alcuni sintomi fondamentali come la sensazione di impossibilità di resistere all’impulso di mettere in atto il comportamento (compulsività); la sensazione crescente di tensione che precede immediatamente l’inizio del comportamento (craving); il piacere ed il sollievo durante la messa in atto del comportamento; la percezione di perdita di controllo sul comportamento agito; e la persistenza del comportamento nonostante la sua associazione con conseguenze negative (Cantelmi et al., 2000). Sono certamente gli esiti di tali comportamenti a far risuonare un campanello di allarme socio-sanitario e se nel gambling l’effetto negativo per eccellenza era l’indebitamento del giocatore, fino alla sua caduta in rovina, l’internet addiction vede certamente una serie di esiti disastrosi più psicologici, sia personali che sociali.
Come preannunciato, se il Gioco d’Azzardo Patologico ha determinato la nascita di una classificazione nosologica specifica, anche le altre nuove dipendenze hanno provato a farsi spazio con una personale nosologia; per quanto riguarda la dipendenza da internet, il primo a farsi per lei portavoce è stato certamente Ivan Goldberg che nel 1995 ha coniato il termine Internet Addiction Disorder, associando questa dipendenza al gioco d’azzardo patologico appunto, già presente nel DSM-IV come disturbo da discontrollo degli impulsi e nel DSM-IV-TR come disturbo da discontrollo degli impulsi non classificato altrove. In Italia la discussione è stata a lungo dibattuta da Tonino Cantelmi, che ha sempre definito l’IAD come categoria di disturbi non omogenea: la Cybersexual addiction (utilizzo di pornografia sulla rete), la ciber-relational addiction (stringere amicizie o relazioni sentimentali on-line), la net compulsion (gioco d’azzardo on-line o aste), l’information overload (ricerca ossessiva di informazioni e notizie) e la computer addiction che prevede la creazione di identità fittizie in quelli che vengono definiti multi user dungeon (o dimension o domani), giochi di ruolo virtuali in cui ogni giocatore interpreta un personaggio in una realtà virtuale, parallela a quella reale; di questo argomento si rimanda alla recensione di Gamer di Giuseppe Preziosi.
Al contrario l’Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori (ADUC) definisce Golberg “uno psichiatra burlone” che si è semplicemente inventato la sindrome elencandone una serie di sintomi senza considerare la possibilità che la rete non induca una patologia ma, più semplicemente, canalizzi quelle già esistenti. Molti studi infatti avvalorerebbero questa tesi, sostenendo che sulla base della classificazione di Golberg allora si dovrebbero elencare una serie infinita di sindromi da dipendenza, una fra tutte quelle per il telefono cellulare.
Se su un punto sono tutti concordi è certamente quello della comorbilità: le personalità più esposte alla dipendenza da Internet sono quelle caratterizzate da tratti ossessivo-compulsivi e/o tendenti al ritiro nelle relazioni sociali, con problemi di inibizione nei rapporti interpersonali (Del Miglio et al, 2003); molti Internet-dipendenti hanno infatti problemi di vergogna e di intimità nelle relazioni interpersonali e vi sono strette correlazioni con vari disturbi psicologici come la Depressione, (Young, 1998).
Una corretta classificazione è certamente il modo migliore per comunicare tra professionisti e scambiarsi risultati e tecniche di intervento efficaci da applicare poi nella clinica, ma certamente, in casi come questo è forse meglio concentrarsi sul problema da un punto di vista operativo ed andare ad intervenire su tutti quei comportamenti che nel giovane e nell’adolescente, piuttosto che sull’adulto che ha una personalità già sviluppata, vanno ad inficiarne la socializzazione ed il sano confronto con l’altro e la società, che ben sappiamo sono fondamentali per lo sviluppo della personalità. Causa od effetto che sia, il rapporto dei giovani con internet, la tv ed i videogames ci deve ricordare che il modo di comunicare attuale è totalmente cambiato e che l’attualità rischia di diventare una fonte di evitamento delle situazioni sociali che, per quanto difficili e talvolta frustranti, costituiscono sempre una palestra di vita. Se da una parte i ragazzi sono quindi attratti da questo mondo fittizio, che in realtà è comunque protetto rispetto a quello reale, anche i genitori spesso si rendono loro complici, trovando più rassicurante averli a casa che saperli fuori.. ed ecco che la smania di controllo perde totalmente il controllo.
Ma certamente internet è uno strumento che ha avvicinato, ritrovato ed unito moltissime persone, che ha permesso certamente l’azzeramento di differenze e pregiudizi; uno strumento con regole formali e di buon senso comune, forse basterebbe utilizzarlo seguendole.
BIBLIOGRAFIA
American Psychiatric Association (2001), Diagnostic and Statistical Manualof Mental Disorders (DSM-IV-TR), A.P.A, Washington, DC.
Cantelmi T., Del Miglio C., Talli M., D’Andrea A., (2000), La mente in internet. Psicopatologia delle condotte online, Piccin, Padova. A contribution to the study of Internet use/abuse-related psychopathological variables. Giornale Italiano di Psicopatologia, Vol. 8, June 2002, Issue 2.
Del Miglio C., Corbelli S. (2003), Le nuove dipendenze, Attualità in Psicologia, 18, pp. 9-36.
Muredda, G.M., (2007), Tesi di Laurea “Shopping Compulsivo e Disturbi Alimentari” Una ricerca Esplorativa. Relatore: Prof. D., Francescato. Correlatore: Prof. C.M. Del Miglio in http://www.cedostar.it/tesi/tesi_shopping_compulsivo_muredda_2007.pdf
Pigatto A. (2003), La condizione di dipendenza patologica, in U. Zizzoli, M. Pissacroia (a cura di), Trattato completo degli abusi e delle dipendenze, Piccin, Padova.
Young, K.S. & Rogers, R.C. (1998) The relationships between depression and Internet addiction. CyberPsychology and Behavior, 1(1), 25-28.
SITOGRAFIA
http://www.gipsicopatol.it/index.htm
http://mentalhelp.net/apa/young/htm