Depressione e statistiche

SEGNALAZIONE

Vorrei sottoporre alla vostra attenzione l’articolo, pubblicato sul sito di repubblica.it, per sapere cosa ne pensate: ho evidenziato alcuni punti sui quali vorrei si riflettesse.

http://canali.kataweb.it/salute/2010/02/08/la-depressione-fa-piu-paura-del-tumore-sfiducia-nei-farmaci-e-nella-guarigione/

ARTICOLO ORIGINALE

L’INDAGINE SUL MALE OSCURO

La depressione fa più paura del tumore. Colpisce sei donne su dieci, tra queste cinque temono che il “male oscuro” sia incurabile, anche più del tumore al seno. Chi ne soffre è consapevole e informato su manifestazioni e campanelli di allarme. Ma non crede nelle terapie farmacologiche.

Sfiducia nei farmaci e nella guarigione

Pensano che i farmaci non siano abbastanza efficaci e che le cure non siano all’altezza della propria malattia. La depressione colpisce sei donne su dieci, tra queste cinque su dieci temono che il “male oscuro” sia incurabile, anche più del tumore al seno. Ma se si va nello specifico delle terapie, la quota di “sfiduciate” sale al 78% tra le giovani dai 30 ai 39 anni fino all’80,1% delle donne tra i 40 e 49 anni. Dopo questa età la percentuale si abbassa restando pur sempre alta: circa 70%.

Più temuta del tumore al seno

“La depressione è una malattia subdola – spiega Francesca Merzagora, Presidente di O.N.Da – che si insinua nella vita delle donne alienandola. Le donne ne sono consapevoli e sono abbastanza informate su manifestazioni e campanelli di allarme. Ma la temono, più del tumore al seno, come emerge dai dati raccolti da un’indagine Onda, perché non hanno fiducia nelle cure attuali. È in questo ambito che si deve lavorare migliorando l’efficacia delle terapie e riducendo gli effetti collaterali dei farmaci. Soprattutto spiegando che le cure farmacologiche sono utili se affiancate al medico di medicina generale e al sostegno della famiglia”.La ricerca è stata eseguita con interviste telefoniche a 1016 donne nel territorio nazionale tra i 30 e i 70 anni di età. Si evidenzia subito un problema proprio nella gestione della malattia. Le donne prediligono il contatto umano e la cura psicologica dimostrando maggiore sfiducia nei confronti dei farmaci attuali. È evidente un gap tra il livello di aspettative e le cure reali,soprattutto tra le donne che soffrono o hanno sofferto di depressione.

Farmaci poco conosciuti

Le donne non hanno fiducia nei farmaci e ritengono che quelli che ci sono in commercio abbiano solo effetti limitati nel tempo senza risolvere le cause principali della depressione. L’uso di farmaci convenzionali (complessivamente efficaci per il 60%, ma molto efficaci solo per il 15,9%) viene considerato come una soluzione soltanto dopo aver affrontato una terapia psicologica e gruppi di mutuo-aiuto, considerate le pratiche più efficaci rispettivamente nell’83,1% (nel 36% molto efficaci) e 75,2% (nel 27% circa molto efficaci) dei casi.Questi numeri denunciano un gap tra il livello di aspettativa delle donne e le cure farmacologiche oggi disponibili.Ed è anche per questo che temono il male oscuro. La conoscenza dei sintomi, invece, è buona, ma può ancora essere migliorata: il40,3% li sa riconoscere e sa quant’è importante agire tempestivamente. Il punto di riferimento rimane il medico di famiglia (29% delle donne) seguito dai famigliari (23%), psicologo (15%) e psichiatra (13%). Sono questi i dati emersi da un’indagine presentata oggi a Milano dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (O.N.Da).

Medici poco attenti

Il problema, spiega Claudio Mencacci, del Centro depressione Donna del Fatebenefratelli, è che molte ricadute e insuccessi, che portano alla sfiducia nei farmaci, sono dovute proprio ai trattamenti inadeguati prescritti dal medico. È opportuno rivolgersi a centri specializzati in questo ambito così delicato. È anche vero, però, che esiste una psicofarmacologia di genere per cui le donne manifestano caratteristiche diverse nel tempo in relazione alla stessa molecola, che può avere maggiore o minore efficacia a seconda del ciclo di vita di una donna (per esempio, è efficace durante l’età fertile e non nel climaterio) e maggiori effetti collaterali rispetto all’uomo legati proprio alla biologia stessa femminilee alle influenze ormonali. Tutti questi aspetti devono essere tenuti ben presenti quando si prescrive una terapia.
Inoltre, per quanto riguarda la preferenza del trattamento psicologico continua Mencacci – è doveroso sottolineare che questo può essere combinato a quello farmacologico o sequenziale, cioè successivo, ma non risulta efficace da solo nei casi di gravità media e severa. È di aiuto per la ricerca delle cause relazionali cognitive che possono aver portato alla malattia, ma che non sempre sono riconducibili all’episodio depressivo in atto.Infine, ben venga lo studio di molecole più efficaci e con minori effetti collaterali, soprattutto a livello gastrointestinale e sul desiderio sessuale. Oggi la ricerca ci aiuta, con l’arrivo di nuove categorie di farmaci con meccanismi d’azione innovativi che rappresentano una reale opportunità di risposta ad alcuni bisogni oggi ancora insoddisfa
tti”.

COMMENTO REDAZIONALE A CURA DELLA DR.SSA SARA GINANNESCHI

Ancora una volta ci troviamo a parlare di Depressione ed ancora una volta, ne accusiamo qualche sintomo.

La modalità sottile di disinformazione e discredito della psicologia e della psicoterapia, colpiscono e non ci lasciano indifferenti per cui, anche se brevemente, ci preme offrire una chiave di lettura più completa.

Non abbiamo motivo di contestare la ricerca dell’O.N.Da, ma le soluzioni che ne vengono offerte, certamente pensando ad un refuso teorico durante lo svolgimento del pezzo apparso su repubblica.it.

Ci tocca particolarmente che venga indicata come fondamentale una collaborazione del medico di medicina generale, affiancato al trattamento con psicofarmaci della depressione, ma che non venga menzionato nello stesso passaggio la necessità di un appoggio psicologico o psicoterapeutico. Poco dopo, riguardo la preferenza che le donne intervistate avrebbero manifestato per questi ultimi trattamenti, essi vengono addirittura classificati come inefficaci da soli se non per “la ricerca delle cause relazionali cognitive che possono aver portato la malattia”.

Ormai da molti anni la psicoterapia si è evoluta dalla ricerca di una causa, spesso inconoscibile, per concentrarsi più concretamente sulla terapia.

Nel modello cognitivo-comportamentale, pensieri, umore, fisiologia e comportamento rappresentano aspetti importanti dell’esperienza della depressione e sono considerati componenti diversi dello stesso fenomeno; essi interagiscono tra loro esercitando, in momenti differenti, un ruolo causale, ma soprattutto di mantenimento della depressione. Una volta instauratasi la depressione, si va a determinare un circolo vizioso in cui comportamenti, pensieri ed emozioni si condizionano a vicenda portando la persona a peggiorare sempre di più, a ritenere di non poter intervenire sulla malattia, a credere che nessuno può aiutarla, ad avere, secondo la triade negativa di Beck, una visione negativa di sé, del mondo e del futuro.

Pensieri negativi, umore fortemente depresso, un funzionamento psicomotorio rallentato con difficoltà a prendere decisioni o ad iniziare attività, problemi di concentrazione e sentimenti di non riuscire a … talvolta neanche alzarsi dal letto la mattina, portano quindi ad un continuo peggioramento ed è su tutti questi aspetti che si dovrebbe “lavorare”.

I farmaci antidepressivi stanno diventando sempre più efficaci e mirati per il trattamento farmacologico di alcuni sintomi e, nei casi più gravi è spesso necessario il loro utilizzo. In generale però vi è una tendenza sempre maggiore verso la “pillola magica”, la panacea che si butta giù e fa passare tutto, rendendo comunque il paziente passivo di fronte alla sua stessa guarigione, proprio come lo è stato durante la malattia.

La psicoterapia permette alla persona non solo di migliorare (con o senza l’aiuto dei farmaci che, si ribadisce può essere consigliabile), ma di invertire attivamente questo circolo vizioso trasformandolo in un circolo virtuoso, attraverso un intervento su tutti i livelli ed insegnano al paziente a gestire in maniera efficace i propri pensieri, l’umore, le reazioni fisiologiche ed il comportamento.

Per quanto riguarda il vissuto delle donne intervistate, ci preme però affermare che gli studi epidemiologici della depressione mostrano quanto questo disturbo sia largamente diffuso e frequente e che spesso, il suo decorso a lungo termine è meno benigno di quanto comunemente si creda e, soprattutto quando è stato trattato solamente con i farmaci, vi sono frequenti ricadute.

Il trattamento farmacologico di mantenimento può essere in questo senso efficace, ma la percentuale di ricadute dopo una sospensione, anche graduata nel tempo è sempre altissima.

Vi sono evidenze che l’associazione di una psicoterapia al trattamento farmacologico è efficace nel ridurre il tasso di ricaduta anche dopo anni dal termine del trattamento. Tale associazione ha anche altri vantaggi, tra i quali la possibilità di ottenere sia un alleviamento dei sintomi che un miglioramento del funzionamento psicosociale, l’azione sui sintomi residui e, l’incremento dell’adesione al trattamento farmacologico qualora sussistente.

Riteniamo quindi che l’integrazione del trattamento psicologico/psicoterapeutico non sia un concetto da celare o mistificare nella redazione di un articolo sulla depressione. Anzi andrebbe messo ben in risalto come trattamento integrativo se non direttamente sostituitvo di questo disturbo.

BIBLIOGRAFIA

Klosko, J.S., Sanderson, W.C. (2001) Trattamento cognitivo-comportamentale della depressione. Edizione italiana a cura di Gian Franco Goldwurm. McGraw-Hill.

Picardi, A., Biondi, M. (2002) Verso un trattamento integrato della depressione – Towards an integrated treatment of depression.Rivista di psichiatria, 37, 6.

Chiara Santi

Author: Chiara Santi

Share This Post On
You are not authorized to see this part
Please, insert a valid App IDotherwise your plugin won't work.

1 Comment

  1. Buongiorno,

    ho letto il vostro articolo con interesse, perché da 20 anni sono affetta da disturbo bipolare dell’umore e conosco purtroppo bene la depressione.

    A proposito dell’utilità della psicoterapia, occorre a mio parere fare un distinguo per quanto riguarda la depressione endogena, come nel mio caso, che mal risponde alla psicoterapia mentre si cura bene con i farmaci.

    Io ho provato comunque l’approccio comportamentale-cognitivo ed è semplicemente un supporto nelle fasi più critiche, ma la depressione endogena passa per conto suo quando compie il suo ciclo, senza lasciare strasichi sulla propria personalità, se non un’accresciuta consapevolezza e voglia di vivere.

    Questa naturalmente è la mia esperienza, mi piacerebbe sentire altri pareri.

    Cordiali saluti.
    Grazia

    Post a Reply

Trackbacks/Pingbacks

  1. Depressione e statistiche | Osservatorio Psicologia - [...] Link fonte:  Depressione e statistiche | Osservatorio Psicologia [...]
  2. L’elemento di disturbo « ColdSip.com - [...] Depressione e statistiche | Osservatorio Psicologia [...]

Rispondi a Grazia Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *