Stato dell’arte e prospettive future della psicologia clinica. Verso un approccio scientificamente fondato alla salute mentale e comportamentale
di
Timothy B. Baker, Richard M. McFall, Varda Shoham
Psychological Science in the Public Interest (PSPI) Volume 9 Number 2 November 2008
Versione originale in inglese scaricabile
[Traduzione a cura di Sara Ginanneschi e Manuela Materdomini]
Sommario – A causa del continuo incremento dei costi delle cure sanitarie e di altre tendenze recenti, le decisioni riguardanti l’assistenza sanitaria hanno assunto un grande peso a livello sociale; si è contemporaneamente assistito ad un trasferimento della responsabilità decisionale dai professionisti della salute agli economisti della salute, ai gestori dei piani sanitari e agli enti assicurativi. Nell’ambito sanitario, il processo decisionale si basa sull’evidenza dell’efficacia di una cura, sulla sua riproducibilità, sul rapporto tra costi ed efficacia e sull’attendibilità scientifica. In un contesto di questo genere, in cui i problemi legati ai costi sono sempre più pressanti e il processo decisionale si gioca su un piano economico-istituzionale, gli psicologi stanno perdendo l’opportunità di giocare un ruolo di leadership nella cura della salute mentale e comportamentale. Una quota sempre maggiore delle cure sanitarie viene erogata da categorie professionali diverse e, inoltre, l’uso di psicofarmaci è aumentato drasticamente rispetto agli interventi psicologici.
La ricerca ha dimostrato l’efficacia, l’efficienza ed il buon rapporto qualità-prezzo di numerosi interventi psicologici. Ciononostante, questi interventi sono raramente usati con quelle categorie di pazienti che da essi trarrebbero benefici. Le motivazioni vanno addebitate al fatto che gli psicologi clinici non hanno fatto nulla per renderne convincente l’uso (rendendo ad esempio disponibili agli amministratori i dati necessari a sostenerne un’eventuale implementazione) né hanno usato questi interventi quando è stata offerta loro l’opportunità di farlo.
Il fallimento degli psicologi clinici nell’ottenere un impatto più significativo sulla clinica e sulla salute pubblica potrebbe essere ricondotto alla loro profonda ambivalenza sul ruolo della scienza e alla carenza di un’adeguata formazione scientifica. Tale carenza li porta ad attribuire maggiore importanza all’esperienza clinica personale invece che ai risultati della ricerca, ad usare pratiche di valutazione che hanno un supporto psicometrico dubbio e a non avvalersi di quegli interventi per i quali l’evidenza dell’efficacia è più forte. Lo stato attuale della psicologia clinica assomiglia a quello in cui versava la medicina quando i suoi esperti operavano secondo un metodo pre-scientifico. Prima della riforma scientifica della medicina, agli inizi del 1900, i medici, proprio come fanno oggi gli psicologi clinici, attribuivano maggiore valore alla propria esperienza clinica invece che ai risultati della ricerca scientifica. La medicina è stata riformata, in gran parte, grazie agli sforzi dell’American Medical Association che, con profonda convinzione, ha cercato di accrescere la base scientifica della formazione universitaria in medicina. Prove consistenti mostrano che molti programmi di formazione post universitaria in psicologia clinica, in particolare il dottorato in psicologia clinica e i programmi no-profit, non mantengono standard elevati per l’ammissione, hanno un elevato numero di studenti per facoltà, sminuiscono l’aspetto scientifico nei loro corsi e formano studenti che non sono in grado di produrre o applicare conoscenze scientifiche.
Una strategia promettente per migliorare la qualità e l’impatto sulla salute pubblica della psicologia clinica sarebbe quella di costituire un nuovo sistema di accreditamento che richieda programmi di formazione scientifica di qualità elevata come elemento cruciale di un training di dottorato in psicologia clinica. Così come il rafforzamento degli standard di formazione in medicina ha migliorato nettamente la qualità dell’assistenza sanitaria, livelli migliori di formazione nell’ambito della psicologia clinica accrescerebbero la salute e la cura della salute mentale. Tale sistema (a) permetterebbe al pubblico e ai datori di lavoro di individuare psicologi scientificamente formati; (b) stigmatizzerebbe i programmi di formazione e i professionisti ascientifici; (c) produrrebbe effetti ambiziosi migliorando così la qualità della formazione in generale; e (d) aiuterebbe i programmi accreditati a migliorare la loro offerta formativa verso la produzione di un sapere scientifico e della sua applicazione. Questo favorirebbe un aumento della produzione, dell’applicazione e della diffusione di interventi supportati dall’evidenza sperimentale, migliorando così la clinica e la salute pubblica. Oltre ad essere più efficaci, i trattamenti fondati su basi sperimentali presentano anche un buon rapporto qualità-prezzo rispetto ad altri interventi e potrebbero aiutare a tenere sotto controllo i costi vertiginosi della sanità pubblica. Il nuovo Sistema di Accreditamento PCSAS (Psychological Clinical Science Accreditation System) dovrebbe accreditare quei programmi di formazione in psicologia clinica caratterizzati dall’alta qualità e dalla scientificità dell’offerta formativa, formando professionisti in grado di produrre e applicare le conoscenze scientifiche. Gli psicologi, le università e gli altri attori interessati dovrebbero sostenere con forza questo nuovo sistema di accreditamento quale percorso più sicuro verso una psicologia clinica scientificamente fondata che possa contribuire in maniera efficace alla sanità pubblica e alla clinica.
INTRODUZIONE
Gli obiettivi principali della psicologia clinica sono la produzione di un sapere basato su prove scientificamente valide e l’utilizzo di tale sapere per il miglioramento della salute mentale e comportamentale. Con questo lavoro ci proponiamo, innanzitutto, di compiere una valutazione del cammino fatto fino ad oggi verso il raggiungimento di questi obbiettivi e di identificare quei fattori che potrebbero averne ostacolato il conseguimento. In secondo luogo, vorremmo suggerire una strategia, lo sviluppo di un nuovo sistema di accreditamento, che possa contribuire a rafforzare il ruolo della psicologia clinica come scienza applicata. Indubbiamente, anche altre misure potrebbero favorire questo progresso. La discussione di un nuovo sistema di accreditamento viene posta soltanto come un esempio dell’azione coraggiosa che è necessario intraprendere affinché la psicologia clinica possa far fronte ai propri obblighi nei confronti del pubblico. Infine, pur facendo riferimento agli psicologi clinici, le nostre osservazioni sono attinenti a tutti gli psicologi che si occupino di fornire un servizio clinico (per esempio di valutazione o di intervento).
[…] continua
19 dicembre 2009
Secondo me questo articolo è molto importante. Non solo per quella che è la valutazione degli autori circa lo stato della psicologia clinica. Ma soprattutto perché c’è una proposta, concreta, di creare una distinzione tra ciò che può essere considerato psicologia clinica e ciò che può essere semplicemente considerato una attività clinica senza fondamento.
E’ importante sottolineare che gli autori si appoggiano alla Association for the Psychological Sciences, una delle più influenti società di psicologia americane. Se la loro azione andasse “in porto” è possibile prevedere le conseguenze. Molta della psicologia clinica insegnata e praticata adesso sparirebbe dai luoghi pubblici e dall’accademia rimanendo relegata agli studi privati.
Mi domando se un simile dibattito arriverà, a breve, in Italia.
20 dicembre 2009
Questo articolo puntualizza un tema abbastanza estesamente dibattuto nel mondo anglosassone. Sono d’accordo nel ritenere che sarebbe positivo che tale dibattito di estendesse anche nel nostro paese.
A tale scopo, vorrei fare due osservazioni relative alle particolarità del contesto italiano.
La prima è che peccheremmo di ingenuità se rimproverassimo agli psicologi clinici la scarsa attenzione alla valorizzazione delle tecniche psicoterapeutiche in termini di studi sperimentali: i fondi per le ricerche scientifiche sono affidati quasi esclusivamente alle Accademie, dove le cattedre delle discipline psicoterapeutiche sono, almeno nel nostro paese, quasi sempre all’interno delle facoltà di medicina. I soggetti della ricerca sugli psicologi clinici sono per lo più psichiatri. Quindi è agli psichiatri che si dovrebbero rivolgere l’appello sulla valorizzazione delle tecniche terapeutiche psicologiche.
L’altra breve annotazione è relativa al passo in cui si sostiene che anche la psicoterapia cognitivo comportamentale svolta da educatori dopo un training breve si è dimostrata efficace. Ebbene, qui c’è un problema relativo alla definizione di “psicoterapia”: nel nostro paese gli psicoterapeuti sono psicologi o medici che abbiano svolto un lungo training. Se un operatore non psicoterapeuta usa tecniche che possono far parte del bagaglio dello psicoterapeuta, come per esempio la psicoeducazione cognitivo comportamentale o il rilassamento ecc., il suo intervento viene definito genericamente sostegno psicosociale o counselling.
Spero che queste considerazioni possano essere utili a semplificare la fruizione dei contributi provenienti dai colleghi di cultura anglosassone da parte della nostra comunità professionale.
22 dicembre 2009
articolo illuminante sulla fondazione della psicologia clinica scientifica