Psichiatria e Psicoterapia: chi è causa del suo mal…
SEGNALAZIONE
Psichiatri: riprendersi in mano i pazienti trattati dagli psicologi
La rubrica Pensiero scientifico di Yahoo Italia (http://it.notizie.yahoo.com/25/20090713/thl-giovani-psichiatri-tornate-a-fare-i-bd646f4.html) riporta parte di un editoriale della Rivista di Psichiatria. Da quanto si capisce dall’estratto, nell’articolo si esortano i giovani psichiatrici a riprendersi in mano la gestione delle patologie mentali di tipo ansioso e depressivo “gestite in loro vece dagli psicologi”. Personalmente avverto in questa precisazione il suggerimento al lettore di un “quasi abuso” di esercizio da parte della nostra categoria e una grave squalifica delle competenze dello psicologo.
Pier Paolo Faresin
COMMENTO REDAZIONALE A CURA DEL DR. LUIGI D’ELIA
Dopo vent’anni dalla nascita della professione di psicologo e di fronte a una richiesta sempre crescente da parte del pubblico dei servizi della psicologia professionale e di psicoterapia, ci sono ancora psichiatri che non ci stanno e vorrebbero poter decidere il destino di tutte le persone con disagi e disturbi psichici, anche di quelle che scelgono, invece, di chiedere l’aiuto agli psicologi. E dobbiamo purtroppo riconoscere che l’appello della Rivista di Psichiatria che ci viene segnalato non è una boutade isolata, bensì una sorta di parola d’ordine condivisa da un consistente numero di psichiatri, se è vero che il dirottamento allo psichiatra di utenti che intendono affidarsi alle cure di uno psicologo ci risulta un fatto assolutamente non infrequente persino nei servizi pubblici.
Su chi fa cosa, tra psichiatri e psicologi, ci siamo già esaurientemente pronunciati in questo recente parere.
L’articolo della Rivista di Psichiatria segnalato, fa riferimento alla cura di tutte le patologie non psicotiche che necessitano d’intervento specialistico di prevenzione e cura. Si specificano i problemi legati ad ansia e depressione e alla sfera affettiva. Stiamo dunque parlando dell’ambito di azione degli interventi psicologici e psicoterapeutici.
Per definire i professionisti più adeguati per gli ambiti di intervento suddetti, non è molto utile il criterio “gravità”, né quello nosologico, né tanto meno il criterio corporativistico: ciò che conta è la formazione, la preparazione e l’esperienza specifica del professionista, indipendentemente che sia psichiatra o psicologo. Ci sono psicologi perfettamente in grado di seguire e aiutare pazienti psicotici, come ci sono psichiatri perfettamente in grado di intervenire psicoterapeuticamente su problematiche affettive e ansiose. L’unica eccezione, secondo la Legge 56/89 (art. 3, comma 2), è che “agli psicoterapeuti non medici è vietato ogni intervento di competenza esclusiva della professione medica”, come la somministrazione di farmaci. Questo impone una necessaria integrazioni tra interventi e professionisti, laddove necessario: il senso del limite delle proprie competenze e possibilità è indispensabile prerogativa e premessa di ogni discorso sensato.
Abbiamo citato la Legge 56/89 non a caso dal momento che è quella che regola, oltre che la professione di Psicologo, anche (art. 3, comma 1) l’esercizio dell’attività psicoterapeutica, e recita che: “L’esercizio dell’attività psicoterapeutica è subordinato ad una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia […]” .
La psicoterapia è dunque secondo la Legge vigente attività trasversale ai due percorsi di studi, previa specializzazione almeno quadriennale che preveda adeguata formazione e addestramento in psicoterapia.
La lunga incubazione della suddetta legge (circa 15 anni, dalla metà degli anni ’70 fino all’89), fu dovuta ad innumerevoli fattori: politici, culturali, corporativistici. Ed una delle monete di scambio (forse quella decisiva) che permise il ritiro del veto da parte di molti attori della scena, in primis l’Ordine dei Medici, affinché si istituisse la nuova figura professionale dello psicologo (in gravissimo ritardo rispetto a tutti i paesi occidentali) e contestualmente anche dello psicoterapeuta, psicologo o medico, fu proprio questo Articolo 3. Fu questo il terreno dell’accordo, per il quale ai laureati in psicologia si apriva il periodo di specializzazione post universitaria privata e a pagamento, mentre ai laureati in medicina bastava la specializzazione in psichiatria o neuropsichiatria infantile (retribuita) per poter esercitare anche l’attività psicoterapeutica.
Le cose sembravano chiare e pacifiche se non fosse che dentro questo accordo (che, come s’intuisce, è stato fondato soprattutto su criteri economicistici) non si trovassero in realtà dei vistosi bug non previsti dai protagonisti di quella programmazione che oggi tutti, psichiatri, psicologi e soprattutto utenti sempre più disorientati, continuano a scontare.
Tra questi bug, occorre segnalare uno di ordine culturale che riguarda il fatto che molto spesso gli orientamenti scientifici e operativi delle specializzazioni mediche di psichiatria e neuropsichiatria infantile sono del tutto distanti dalla pratica, dalle epistemologie, dalle metodologie e dall’interesse della psicoterapia. Il riferimento della Legge 56/89 ad una “adeguata formazione e addestramento in psicoterapia” in merito alla qualità della formazione psicoterapeutica dello specializzato psichiatra risulta il più delle volte disatteso. Esistono alcune eccezioni, naturalmente, ma che confermano la regola.
Non ci stupisce affatto, dunque, il richiamo accorato della Rivista di Psichiatria ai giovani psichiatri affinché si colmino “le gravi lacune culturali nella preparazione dei giovani psichiatri, che lasciano che le patologie mentali non psicotiche soprattutto di tipo ansioso o depressivo/bipolare siano gestite in loro vece dagli psicologi”. Gli estensori di questo appello però forse non conoscono o non ricordano la storia qui raccontata e non ha molto senso cercare di chiudere la stalla dopo che i buoi sono fuggiti. Come non ha alcun senso trasmettere il messaggio, neanche tanto tra le righe, di una sgradita compartecipazione con gli psicologi sui medesimi piani operativi e professionali, lanciando un appello agli psichiatri che suona come un riprendersi il maltolto, ed espropriando implicitamente gli utenti della loro capacità di discernimento e di scelta tra un professionista e l’altro.
Va anche ribadito che le psicoterapie godono di uno statuto epistemologico e operativo trasversale non legato alla professione medica tout court, ed inoltre nessun professionista aggiornato oggi si sognerebbe mai di schiacciare queste pratiche dentro il costrutto unico “psichiatria”. Né tanto meno gli psichiatri opportunamente formati alla psicoterapia sosterrebbero mai questa posizione.
Si assiste dunque al curioso paradosso per il quale alcuni psichiatri si lamentano, come accade nell’articolo citato, della perdita di competenze in ambito clinico degli specializzati in psichiatria utilizzando esattamente gli stessi argomenti e motivazioni che sono all’origine di tale perdita, ovverosia l’assimilazione della psicoterapia alla psichiatria. Evenienza questa voluta con tutte le forze dall’Ordine dei Medici proprio in sede di compilazione della Legge 56/89 nel momento in cui fu deciso che agli specialisti psichiatri e neuropsichiatri fosse sufficiente il loro percorso di specializzazione così com’era.
Inoltre, questa forzosa assimilazione tra psicoterapia e psichiatria trova ragioni non certo nell’evidenza scientifica, né nella storia, né nell’esperienza, ma solo nell’espansione euforica della medicina e dei suoi linguaggi oggettivanti in ogni ambito della salute e dell’esistenza umana.
Nell’articolo, ancora, si fa riferimento alla cultura sociale della psichiatria, dovuta dalla 180, come causa della deriva anti-clinica degli attuali psichiatri. A noi questo non risulta, essendo placati da tempo i clamori del movimento antipsichiatrico interno alla psichiatria degli anni 60-80, e rimasti attualmente assolutamente marginali i loro esiti. Ci pare che la vocazione sociale della psichiatria non abbia affatto attecchito ed abbia prevalso piuttosto una deriva organicista, dentro la quale a nostro parere vanno ricercate le cause della disattenzione della psichiatria verso la clinica, la prevenzione e la cura.
Affinché questo parere non sia erroneamente inteso come di parte o corporativistico, occorre sottolineare con uguale forza che sul versante degli psicologi assistiamo ad altrettanto nefasti guasti di programmazione e di impostazione culturale derivanti dall’accordo sulla 56/89.
Su questo versante esiste infatti una folle pletora di scuole postuniversitarie di psicoterapia (338), di iscritti all’albo (70.000 circa), di facoltà (26) e di iscritti a psicologia (altri 70.000 circa), che non trovano alcuna giustificazione logica. Tale esorbitante quantità è intrinsecamente nemica della qualità della formazione degli psicologi in tutti i passaggi. Ovviamente anche qui esistono le eccellenze e le eccezioni alla regola, ma almeno per quanto riguarda la psicoterapia, seppure con tutti questi problemi, gli psicologi svolgono una specializzazione post universitaria ad hoc.
Per concludere, per esercitare la psicoterapia e per prendersi cura di problematiche ansiose, depressive e affettive, sia che si provenga da medicina, sia che si provenga da psicologia, occorre semplicemente una “adeguata formazione e addestramento in psicoterapia“.
Non c’è deroga concettuale, linguistica, corporativa, che possa inficiare questa lapalissiana chiarezza.
22 luglio 2009
potrei suggerire un articolo de ” le scienze” …la sfida della psichiatria…dovrebbe intitolarsi che consiglio sempre ai miei studenti…nel detto articolo …piu di 10 anni fa si evidenzia il fallimento di una certa pratica farmaco-diagnostico-psichiatrica
26 luglio 2009
Non ho molto da aggiungere a quanto scritto perchè molto esaustivo, debbo solo dire che mentre noi Psicologi ci atteniamo alle regole, cioè consultare uno Psichiatra qualora ci sia bisogno di farmaci, restando buoni buoni nel nostro recinto, gli Psichiatri parlano in questo articolo, già pubblicato da Ops come se avessere lasciato ai maghi la cura dei pazienti, invece che a delle persone preparate appositamente per fare gli Psicoterapeuti, senza contare che noi Psicoanalisti abbiamo 10 anni di preparazione, quindi ben superiore a quella di uno Psichiatra che con la sola laurea in Psichiatria si arroga il diritto di fare solo lui Psicoterapia.
Dr. Gianna Porri
7 agosto 2009
Purtroppo psichiatri e psicologi, separati in spazi di settore, non possono che produrre considerazioni corporative, tirando ognuno l’acqua al suo mulino.
Temo che l’interesse di queste discussioni sia in gran parte appunto solo corporativo, o legalistico/dogmatico, perchè basate al massimo sulle norme di legge (che come si sa non sono argomenti scientifici ma prodotti politici) e le loro interpretazioni. Quasi dispute ermeneutiche sui libri sacri… Il campo dei disturbi mentali è ancora assolutamente privo di conoscenze scientifiche valide (attenzione, valide, non ‘validate’…). Ognuno può dire solo le sue convinzioni, più o meno fondate e convincenti, ma praticamente prive di qualsiasi supporto scientifico credibile e basate solo sul ‘carisma’ dei capo-scuola e sulla autorassicurazione conventuale. Tant’è vero che si assiste nel campo psicoterapico, al pullulare di scuole e associazioni, forse ormai superiori di numero a qualsiasi altro campo, ivi comprese le religioni e le sette religiose. Per contro i medici-psichiatri in gran parte, spaventati dalla perdita di importanza e di ruolo frutto anche della politicizzazione della psichiatria e delle carriere, per tentare un recupero in extremis si sono attaccati alla visione organocentrica dei disturbi mentali propagata dalla psichiatria post DSM, guarda caso di origine e guida tuttora americana, cioè del luogo di sede delle principali compagnie farmaceutiche.
Psico-terapie, farmaco-terapie, ecc sono in gran parte solo ‘tecniche’, supportate da teorie non più fondate di quelle su cui si basano esorcismi e altre pratiche diffuse. Anche queste ‘funzionano’, a volte – e non sono regolamentate dalla legge: come la mettiamo?