Chiediamo scusa ai gay e alle loro famiglie. La canzone di Povia “Luca era gay” riletta da psicologi

dI Piera Serra, Lorita Tinelli, Luigi D’Elia

Le considerazioni che come professionisti delle relazioni e del mondo psichico qui facciamo non riguardano certamente il contenuto artistico della canzone1, sul quale non vogliamo entrare. Anzi pensiamo che ogni opera d’arte possa rappresentare aspetti dell’animo umano e in tal senso pensiamo che persino l’omofobia come altre posizioni psicologicamente “difensive” possano avere cittadinanza in un contesto artistico, in determinate culture, compresa la nostra. Né immaginiamo che le osservazioni di uno psicologo possano mai intendersi come restrittive per qualunque forma espressiva, avremmo in tal caso derogato al motivo stesso che ci orienta come psicologi.

No, queste considerazioni riguardano il contenuto culturale che la canzone veicola che ci sembra prodotto di pregiudizi del tutto infondati e sul quale abbiamo qualcosa da dire. Anzi, lo sconcerto suscitato dal testo della canzone, potrebbe essere per noi psicologi l’occasione per porgere le nostre scuse a lesbiche e gay: chiedere il loro perdono per le teorie sulla psicopatogenesi familiare dell’omosessualità che alcune scuole di psicologia hanno in passato coniato e che, come comunità scientifica, abbiamo consentito per alcuni decenni venissero divulgate infestando la cultura, contribuendo al pregiudizio negativo nei confronti di gay e lesbiche, screditando le loro madri e i loro padri.

La canzone infatti rappresenta l’omosessualità come se fosse una di quelle condizioni psicopatologiche ben note agli psicoterapeuti in cui il soggetto, ritenendosi erroneamente omosessuale a causa di relazioni familiari disturbate, intrattiene rapporti sessuali con persone omosessuali:  il titolo avrebbe dovuto essere “Luca. credeva di essere gay”

Viene rispolverato il vetusto teorema della madre intrusiva e possessiva che, squalificando il modello maschile, indurrebbe il figlio ad assumere una posizione omosessuale: il personaggio dice “Ero gay” e spiega di aver scoperto che tale condizione era dovuta alle relazioni con una madre “gelosa morbosa” e con un padre assente e dedito all’alcol, screditato dalla madre stessa (“Mamma mi parlava sempre male di papà”). Riferisce che aveva rapporti sessuali con uomini, ma non li amava “Io credevo fosse amore”: dunque, ammette che credeva di essere gay senza esserlo, esclude di aver vissuto un amore gay [oppure, peggio ancora, implica che tutti i gay credono di amare senza in realtà amare]. “La mia identità era sempre più confusa”: la motivazione dei rapporti omosessuali – dice – era la compensazione della relazione insoddisfacente con il padre (“Cercavo negli uomini chi era mio padre”) nonché il senso di colpa insito nella relazione con donne (“Andavo con gli uomini per non tradire mia madre”). E, ciliegina sulla torta, si descrive vittima di un pedofilo.

La precisazione “Nessuna malattia. Nessuna guarigione” non emenda il testo: è vero, non si parla di una malattia del cervello, ma si equipara comunque l’omosessualità a una condizione di anormalità psichica e si colpevolizza la madre come patogena.

Ben comprensibili e condivisibili le proteste di associazioni quali Agedo, Arcigay e Arcilesbica, nonché di esponenti del mondo intellettuale; infatti l’essere lesbiche o gay, ben lungi dal rappresentare condizioni innaturali o post-traumatiche, sono molto più semplicemente orientamenti sessuali che non richiedono alcun ulteriore aggettivazione di genere scientifico o morale (normale/anormale, naturale/innaturale, sana/patologica, giusta/sbagliata).

Al pubblico del festival ci ha pensato Roberto Benigni a rappresentare l’omosessualità in modo sublime e commovente.

Resta a noi psicologi fare ammenda del nostro errore.

1 http://www.youtube.com/watch?v=m4ZbeFMGYyQ

Fabio Fareri

Author: Fabio Fareri

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41 Comments

  1. Speriamo che in questo clima da regime vi diano lo spazio mediatico che vi spetta per queste profonde considerazioni, grazie veramente, avevamo bisogno di un pò di conforto.
    Patrizia

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    • ma a nessuno è venuto in mente che luca possa essere bisessuale?

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  2. Nella canzone non si parla di pedofilia. Si parla di tutto, ma non di pedofilia… iniziamo col dare le informazioni corrette, almeno ogni tanto!

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    • @Maddalena,
      Si infatti.. la ciliegina sulla torta.. vittima di un pedofilo.. poi dovranno dire dove l’hanno letta o sentita..
      Si parla di tutt’ altro davvero ma non di quello!

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  3. Semplicemente…Grazie!

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  4. Il vero significato della canzone, che da mesi cerchiamo in tutti i modi di far capire, è esattamente questo. Luca credeva di essere gay… ciò che non comprendo è come mai un’analisi del testo da parte di persone che hanno tutta l’autorevolezza per rilasciare pareri, si perda in inesattezze attaverso personali interpretazioni.
    Nel testo non si parla di pedofilia. Affatto. Un “uomo grande” è arrivato con la “maturità”, e il Luca della canzone dice di essere stato infelice anche prima di credere di essere gay. Affermare d “credevo fosse amore” non implica affatto una sorta di discriminazione sessuale… anche,e soprattutto, fra gli etero questa frase è di uso anche troppo ricorrente. Dire che nella canzone si equipara l’omosessualità ad una condizione di anormalità psichica, mi sembra un’affermazione quantomeno avventata, che mai mi sarei aspettata dall’analisi da parte di “esperti del settore”. Non esiste una sola parola, una sola frase che avvalori questa tesi. La famiglia di Luca viene colpevolizzata si, ma dello stato di abbandono, di labilità psichica, di degrado ambientale, non per la sua presunta omosessualità. Gli studi di illustri psicologi pullulano di pazienti ai quali riscontrano traumi infantili causati, nella maggior parte, dalla famiglia. Chi soffre di turbe, che si rifugia dentro se stesso e rifiuta il contatto con il mondo, chi non riesce ad avere rapporti sereni con l’altro sesso, chi ne è dipendente… Luca si è aggrappato con tutte le sue forze a quella che, in quel momento, è apparsa come l’unica ancora di salvezza. Ha adattato la sua sessualità a chi gli dava un baricentro, a chi lo faceva sentire amato, a chi era l’unica certezza, a chi era il punto stabile, a chi gli dava equilibrio.
    Ora, non si comprende per quale motivo, l’aver confuso il proprio orientamento sessuale, non possa essere equiparato a qualsiasi altra turba accusata da qualunque altra persona che agli innumerevoli studi psicologici procurano lavoro.
    Che una canzone di 4 minuti non possa concedersi il lusso di essere un trattato di psicologia è palese, ma che sia esposto chiaramente il problema di Luca è altrettanto sotto gli occhi di tutti. Almeno di quei tutti non obnubilati dal trend del momento.

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    • @Cintia, Sono assolutamente d’accordo con la tua analisi ed anche io sono un’addetta ai lavori…non tutti la pensiamo allo steso modo, per fortuna.

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    • @Cintia,

      Sono una psicoterapeuta e mi trovo perfettamente d’accordo con Cintia.

      Antonella

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  5. Finalmente…in tanti, gay e non, avevamo compreso tutte le riflessioni fatte e ci siamo sforzatidi fare comprendere ai molti che hanno continuato e continuano a dire: E’ SOLO UNA CANZONE…è SOLO LA STORIA DI UNO…..e blabla……in Italia manca la voglia di confrontarsi..manca la capacità molte volte di mettersi nei panni di altri e soprattutto manca la capacità ( il che è grave) di comprendere e leggere anche il testo di una canzone…che SEMPRE e da SEMPRE vuole lasciare un messaggio…..ma quale messaggio?…Grazie…e speriamo che le vostre riflessioni abbiano voce pubblica e mediatica…perchè si compreda…e perchè POVIA comprenda!!!!

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  6. In REALTA’ L’ ITINERARIO VERSO l’omosessualità del Luca di Povia è analogo a quello vissuto da tantissimi gay, con tratti curiosamente comuni anche a quelli raccontati da Franco Grillini: altro che divulgazione psicologica da quattro soldi, sono brandelli di vita, e attenzione a chi antepone le sue ideologie alla realtà!

    Non si tratta di essere nè cattolici nè moralisti:

    CANTA POVIA:

    Luca dice: prima di raccontare il mio cambiamento sessuale volevo chiarire che se credo in Dio non mi riconosco nel pensiero dell’uomo che su questo argomento è diviso , non sono andato da psicologi psichiatri preti o scienziati sono andato nel mio passato ho scavato e ho capito tante cose di me.

    SCRIVE GRILLINI (ripensando al suo passato):

    “Il fatto è che le medie erano state per me l’età classica delle prime inquietudini erotiche, della prima scoperta della sessualità.
    Eterissimo. Non ho mai guardato un maschio, non mi sono mai innamorato di un compagno, non mi è mai neanche passato per l atesta che fosse possibile una cosa del genere.Ho avuto anzi uno svezzamento sessuale abbastanza precoce con una ragazza. Undici anni e mezzo io, sedici lei” (Franco Grillini, Ecce omo, Rizzoli 2008, pp. 30-31).

    CANTA POVIA:
    mia madre mi ha voluto troppo bene un bene diventato ossessione piena delle sue convinzioni ed io non respiravo per le sue attenzioni

    SCRIVE GRILLINI:
    “Mia madre in effetti è sempre stata una donna speciale. […] [Quando è morta ] è stato più che un dolore. Più che un dramma. E’ stata la scoperta improvvisa di essere solo al mondo, di essere indifeso, di non avere più nessuno che mi proteggesse. Neanche a livello simbolico” (Franco Grillini, Ecce omo, Rizzoli 2008, pp. 53, 252).

    CANTA POVIA
    mio padre non prendeva decisioni ed io non ci riuscivo ma i a parlare stava fuori tutto il giorno per lavoro io avevo l’impressione che non fosse troppo vero….

    SCRIVE GRILLINI:
    “Di mio padre da giovane ricordo che fumava molto. Che guardava in tivù il calcio e la boxe, a volume impossibile. Ricordo che non lavorava perchè era invalido e allora guardava la televisione alle tre di notte. Io avevo vent’anni e studiavo, e insomma non avevamo molto da dirci.Adesso è morto.Non si può dire che l’abbia mai veramente conosciuto” (Franco Grillini, Ecce omo, Rizzoli 2008, pp. 30-31).

    Solo degli psicologi ideologizzati fanno finta di ignorare il profondo imprinting dei ruoli materni e paterni nella genesi dell’orientamento sessuale: prima interiorizzazione di cosa “é” essere uomini e donne (con relative fughe, distacchi o morbosi attaccamenti) sono proprio le figure genitoriali.

    I cambiamenti di orientamento sessuale non quindi mistificazioni o favole, ma processi di trasformazione, crescita, maturazione, anche se la parola spiace a molti, che credono all’eterna essenza della omosessualità.

    E’ meglio ricordare,da “scienziati” che L’OMS , se è vero che considera l’omosessualità una variante naturale dell’orientamento sessuale, è anche vero che considera un diritto cambiare il proprio orientamento sessuale quando esso è egodistonico, ovvero non desiderato (proprio nel rispetto della autodeterminazione e della soggettività!

    L’OMS reputa indispensabile il rispetto della libertà e ell’autodeterminazione della persona in merito al proprio orientamento sessuale.

    Se è vero che ogni persona ha il diritto, se lo desidera, di mantenere un’identità gay è altrettanto vero che ogni persona ha diritto, se
    lo desidera, di sviluppare il suo potenziale eterosessuale e di ricorrere ad una terapia per essere aiutato in questo percorso.

    INFATTI:

    IL MANUALE DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’, ICD-10 riporta il disturbo F66 1 ( orientamento sessuale non desiderato ) dove è previsto che ” l’individuo può cercare un trattamento per cambiare …la propria preferenza sessuale “.

    Il Professor Robert Spitzer, grande amico dei Gay, fu uno degli psichiatri dell’APA ( allora Presidente dell’ APA ) che si prodigarono per rimuovere l’omosessualità dal manuale delle malattie mentali, DSM del 1973.

    Spitzer ha dimostrato, 30 anni dopo, che gli orientamenti omosessuali non desiderati non sono immutabili e possono essere cambiati.Il Prof. Spitzer ha scoperto che, contrariamente all’opinione prevalente degli psichiatri, le persone che sono state aiutate a percorrere un cammino di crescita oltre l’omosessualità hanno potuto sperimentare cambiamenti positivi da un orientamento omosessuale ad uno eterosessuale.Spitzer, ricordiamocelo bene, è un pro gay per antonomasia, ma non per questo abdica alla correttezza professionale

    Il suo studio durato 16 mesi su 247 persone è stato pubblicato in Archives of Sexual Behavior, Vol. 32, No. 5, Ottobre 2003, pagine 403-417. Quello studio ha talmente “disturbato” la vulgata della immuntabilità che Spitzer è stato catalogato da allora tra i “nemici”.

    Allora è irrealistico e fuori tempo massimo il tentativo di ontologizzazione del desiderio sessuale, o meglio il volere la sua cristallizzazione in “generi” di kinseyana memoria. E’ una prospettiva improponibile in un’epoca QUEER, in cui è stato palaesemnte dimostrato che la “fluidità” dell’orientamento sessuale è tale da cadere nel surreale: in uno studio volto ad esaminare quanti eterosessuali sarebbero in realtà ex-omosessuali, si arriva a proporre la terminologia “omnisessuale” al posto di omosessuale, vista la “sorprendente” frequenza (1-2%) di questa variante (Cameron et al. 2002, Psychol Rep- 91: 1087-97)
    . Perciò in sintesi:
    a fronte di un orientamento omosessuale SOGGETTIVAMENTE percepito come indesiderato: esiste la GAT (gay affermative therapy)che teorizza il disagio come omofobia sociale interiorizzata ed esiste l’approccio riparativo (che teorizza la pulsione omosessuale come tentativo riparativo del paziente di recuperare rispetto ad un distacco difensivo maturato rispetto alla vera identità). Sono ENTRAMBE “terapie” che rispondono ad un SOGGETTIVO disagio. Sono possibili diverse risposte ad una richiesta di aiuto reale. Non sono contenitori per “inscatolare” un orientamento percepito come OK dal soggetto.Curiosamente arrivano all’approccio della terapia riparativa i delusi della GAT, e questo è qualcosa su cui occorrerebbe riflettere….
    Lasciamo al paziente la possibilità di chiedere l’aiuto che ritiene, e ai terapeuti di abbracciare in “scienza e coscienza” l’approccio “scientifico” che sentono adeguato.
    cari saluti
    Equipe Chaire

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    • @Equipe Chaire,

      Che terapia c’è per gli ETEROSESSUALI che vivono un soggettivo disagio per il loro orientamento sessuale? Non esistono eterosessuali che provano disagio per il loro orientamento? Oh.. che strano. Come scienziati non vi siete chiesti come mai? Vi sembra forse normale, naturale, sano, indiscutibile. Probabilmente perché considerate l’omosessualità un orientamento potenzialmente (tendenzialmente) patologico, mentre l’eterosessualità assolutamente no. O ci sono altre ragioni? Resto in attesa di una cortese risposta. Cordiali saluti.

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      • @Rosanna,
        Complimenti per l’argomentazione, cara Rosanna, acutissima e finissima. Peccato che sia falsa. Certo, nessun eterosessuale si sognerebbe di andare da un analista a dirgli “provo disagio per la mia eterosessualità”, perché sarebbe quasi comico considerare disagevole una condizione che il mondo considera normale, laddove uno si trovi bene in quella condizione. Del resto, ahilei, sono sempre più gli omosessuali che non provano alcun disagio per la loro omosessualità, quantunque lei li consideri dei malati. Ma torniamo alla sua argomentazione: non esistono eterosessuali che provano disagio per il loro orientamento? E allora lei come li chiamerebbe quegli uomini sposati di cui sono pieni i lettini degli psicanalisti che a 40 o 50 anni si accorgono di desiderare sessualmente un collega, un compagno di università del proprio figlio, un divo o un campione sportivo? Lo lasci dire a me che sono omosessuale e sono sempre stato attratto dagli uomini virili: nella mia vita ho fatto sesso con tanti di quegli uomini sposati (e con figli!) che se avessi un euro per ciascuno di loro mi potrei comprare un appartamento. Lei come li chiamerebbe quelli? Non sono forse eterosessuali che provano disagio per la loro condizione di eterosessualità fino al punto da allontanarsene? Le auguro fervidamente che un giorno questo accada anche a lei: in questo modo, forse, potrebbe cominciare a sdottorare su un argomento di cui almeno possiede una qualche nozione.

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    • Parlare di imprinting in riferimento alle relazioni familiari e alla formazione dell’identità di genere farebbe inorridire anche Konrad Lorenz!

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  7. Sono in trepidante attesa di “Michael era negro”.
    E magari anche di “Ciro era un terrone”.
    E perché non “Giovanna era atea”?
    Intanto ieri 3 imbecilli hanno picchiato un disabile gay a Pordenone, dicendo a loro “discolpa” (???) che volevano dare una lezione ai froci.
    Complimenti davvero a Povia, sentivamo proprio il bisogno di ulteriori moralisti isterici.

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  8. Ho letto la replica di Equipe Chaire, che mette in guardia dai modi ideologici di affrontare la questione.
    Povia, per lo meno, afferma che ha voluto riferirsi a una storia singola, senza alcuna intenzione di generalizzare.
    Equipe Chaire, invece, mette a confronto la canzone con l’autobiografia di Franco Grillini per dimostrare – così pare dal tono – l’esistenza di una legge generale su come si diventa omosessuali.
    Trovo che questo tentativo, sì, sia ideologico e riduzionista, come qualunque tentativo di costringere storie individuali dentro il letto di Procuste di qualche legge deterministica.
    Nessuno vuole ideologicamente negare l’esistenza di un’influenza delle figure genitoriali: ma pensare di sapere a priori quele effetto avrà quell’influenza è ideologico.
    Mi trovo spesso a citare Gregory Bateson che, parlando d’altro, diceva: “Una certa mamma, quando il suo bambino ha mangiato gli spinaci, lo premia di solito con un gelato. Di quali ulteriori informazioni avreste bisogno per essere in grado di predire se il bambino: a. giungerà ad amare o a odiare gli spinaci, b. ad amare o a odiare il gelato, c. ad amare o a odiare la mamma?”
    Nella mia esperienza di terapeuta della famiglia ho trovato famiglie con madri ansiose e iperpresenti e padri marginali e depressi: spesso i figli maschi erano bulli, aggressivi e magari disadattati. Oppure tossicodipendenti. E ho il sospetto che altre volte non siano niente di tutto questo: solo che non li incontreremo mai nei nostri studi professionali.
    Se ci si vuole cimentare nel dubbio sport di rintracciare “cause” di qualunque tendenza o manifestazione umana (sana, insana, bella, brutta, gradita o sgradita), ci si riesce senza difficoltà.
    Dopodiché, decidere che l’avergli attribuito delle “cause” dimostri che un fenomeno è innaturale e da curare è quantomeno discutibile.

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  9. Io sono un individuo che ha una sua storia che lo ha portato ad essere ciò che oggi sono e ciò che non sarò più domani… (ovviamente entro certi limiti).
    Credo sia questa l’essenza della storia di Povia. Che poi vogliamo vederci una “patologizzazione” dell’omosessualità credo sia solo una nostra proiezione e mi verrebbe da rispondere: E’ un delitto aver sofferto nella propria vita per non ever avuto la fortuna di vivere nella famiglia del Mulino Bianco? No, credo sia la normalità della grande maggioranza delle persone al mondo (non credete?). Anormale e/o patologico (che dir si voglia) – ma soprattutto pericoloso se sono degli psicologi a dirlo – è il fatto di voler negare che ognuno di noi è il prodotto della propria storia.
    Le mie esperienze di vita sono una parte di me e, eventualmente l’origine della mia sofferenza (vogliamo chiamarla patologia?!). L’errore sta nel NEGARLE, nel far finta che non esistano visto che ci condizionano nel nostro vivere quotidiano sia che ne abbiamo CONSAPEVOLEZZA sia che non l’abbiamo.
    Allora forse il problema non è se Luca era o credeva di essere gay ma che Luca è il prodotto (anche) delle proprie esperienze di vita (tra cui anche una madre iperprotettiva e un padre assente) allo stesso modo di tutti gli eterosessuali di questo mondo… e che c’è una metà del cielo che non vuole vedere questa realtà.
    Il problema è negli occhi di chi vede che osserva ed ascolta da una prospettiva fondata su una logica lineare (diagnosi, prognosi, terapia …oppure… causa, effetto, ripristino dello stato iniziale) e non complessa per cui la stessa costellazione di “sintomi” non portano necessariamente agli stessi esiti.
    Per concludere, se dire che essere figlio delle proprie esperienze di vita significa essere affetto da una psicopatologia allora … buona patologia a tutti.

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  10. Sono d’accordo con alcuni post di questo articolo, con altri proprio no. Suggerirei a chi attacca questa canzone di considerare anche le frasi che fanno magari meno comodo ad esempio quando Povia dice non solo che l’omosessualità non è una malattia ma che quella da lui cantata è solamente UNA storia, una delle tante, implicitamente spiegando che quello che è capitato a Luca dall’inizio alla fine è appunto di Luca e di nessun altro. Certo, in 4 minuti ha messo tutta la psicoanalisi che poteva mettere, banalizzando il percorso psicosessuale che una persona potrebbe fare (sottolineo potrebbe, altrimenti anche il mio messaggio potrebbe venire male interpretato). Non strumentalizziamo però una canzone come se fosse questa a creare lo spartiacque tra chi accetta l’omosessualità come orientamento sessuale e chi ancora ad oggi la vede come malattia o idea malsana e comportamento deprecabile. Non sopravvalutiamo una canzone, nemmeno poi tanto bella a mio parere, e non sottovalutiamo le voci di chi ci vede dentro anche la pedofilia e la spinta a picchiare nella vita di tutti i giorni disabili gay, dividendoci ancora di più ed ancora più rigidamente tra chi ama e odia povia, chi ama e odia i gay, chi ama e odia.

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  11. Da tesista in psicologia clinica mi sento di rigettare IN TOTO l’articolo suddetto.
    Tengo fortemente a rciordare che non TUTTA la comunità scientifica considera l’omosessualità uno stato di normalità. ANZI.
    Davvero è necessario un minimo d’informazione per rendersi consapevoli che uscire dall’omosessualità si può.
    E che continuare a chiudere gli occhi dinanzi all’evidenza di tale disordine d’identità è contro il mandato dello psicologo.
    Resta parimenti la liberissima scelta di convivere con tale disordine proclamandolo anche “stato di normalità”: ciò non toglie comunque la possibilità di uscirne e l’aiuto terapeutico esistente per chi ne richiedesse schiettamente l’esigenza.
    Mai giudicare, ma aiutare, si.
    Chi vuole essere aiutato, naturalmente.

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    • Pur trovandola orrenda dal punto di vista musicale e letterario (per così dire), e disgustosamente furbetta da quello umano, continuo a difendere il diritto della canzone di Povia di raccontare una storia che dichiara di non volersi porre a modello di niente, e in generale il diritto di ogni canzonettaro di raccontare la storia che gli pare laddove questa non dispensa precetti, e devo dire che come gay e come persona in analisi trovo piuttosto “stonata” la disamina dell’Osservatorio Psicologia nei Media. Ciò detto, non ho invece dubbio che persone come lei, signora Daniela, meriterebbero sì tutto il coro di riprovazione che si è levato scioccamente contro la canzone di Povia (e che naturalmente l’ha miracolata trasformandola in un successo). Persone che non esitano a dichiarare apoditticamente che l’omosessualità è un disordine d’identità, che è una malattia che va guarita, e che naturalmente (alla faccia della logica!) si affrettano ad assicurare che loro “non giudicano” (e si vede!), ecco, persone come queste mi spiace molto non avere il piacere di incontrarle a tu per tu per potergli fare una solennissima pernacchia. Ma sì, cara: guariamo tutti gli omosessuali malati nel mondo e viviamo felici nel paradiso eterosessuale. Ha altri buoni consigli di eugentica da darci?

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      • @Danielaeranazi,
        Si, un altro consiglio :-)
        Di non mutarmi le parole; nel senso:
        io non giudico la persona, io posso fare al massimo una “valutazione” ( da professionista però, naturalmente, a tempo debito e nel frattempo solo citando quanto di scientifico esiste)sull’omosessualità come disordine.
        Non giudico umanamente l’essere umano.
        Quello non mi appartiene, non mi riguarda e neppure mi interessa, credimi.

        Se non si vuole denominare “disordine” una data condizione, non è un problema mio. Ma se quella condizione è vissuta come un disordine, e si desidera un ordine di orientamento sessuale diverso, ecco, allora diventa un mio “problema” e una mia responsabilità -quale clinica- l’aiutare o meno colui/colei che mi interpella per tale fine.

        Certamente che io la conderi un disordine( mio giudizio personale)l’omosessualità, e anche grave (sempre mio giudizio); ma clinicamente e deontologicamente sono chiamata ad intervenire solo se anche il mio paziente considera un disordine il suo orientamento omosessuale, ovvero se lo vive con disagio, se riconosce che “gli appartiene”.

        Vedi, se ci incontrassimo a tu per tu, come dici ( e non mi dispiacerebbe, ci mancherebbe, e dopo la tua pernacchia a me, ci prenderemmo spero un lauto caffè :-)
        e tu mi chiedessi cosa penso dell’omosessualità, se sia una PATOLOGIA O MENO, avresti la mia risposta schietta e sincerissima: una patologia, una devianza,e pure vecchia quanto il mondo. [Non temo le parole quando esprimono ciò che ritengo intensamente vero]
        Ma deontologicamente, se ci incontrassimo nel mio studio, le mie opinioni personali conterebbero meno di nulla.
        Io non devo “plasmare” il mio paziente a mia immagine e somiglianza. Guai se fosse così.
        Io devo sostenerlo lavorando sui SUOI valori.

        E’ un discorsetto lungo…
        Alla prox.

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        • @Daniela,
          A rigor di logica, come si farà a ritenerla una buona professionista, se le sue convinzioni più intime possono trovarsi a confliggere così profondamente con il suo lavoro? Qui non è questione di plasmare qualcuno a propria immagine e somiglianza, come dice lei, ma di valori etici condivisi, uno dei quali si chiama tolleranza. Non c’è deontologia che non poggi su una base etica preesistente. Se venisse da lei uno psicopatico sereno e felice di sgozzare i neonati nelle culle, non credo che lei si asterrebbe dal cercare di fargli mutare parere per motivi deontologici. O almeno spero. Lei può fare le sue valutazioni molto impegnative citando “quanto di scientifico esiste” a sostegno della sua tesi, così come io potrei citare “quanto di scientifico esiste” (ed esiste di più, ormai) CONTRO la sua tesi, ma non so se questo ci porterebbe da qualche parte, senza un momento critico e “umano”. Lei dice di non giudicare umanamente l’essere umano… ma le sue convinzioni intime (cioè, se capisco bene, la parte di lei che lei considera più umana) implicano, mi pare, un giudizio ben preciso: ciò che è patologico va guarito, o estirpato. Dunque è male. Ne devo dedurre che le sue convinzioni personali sono disumane? E se il “disordine” con cui si trovasse a che fare fosse quello di un paziente sposato che si accorga di desiderare sempre di più il proprio sesso e sempre meno le donne (situazione, questa, infinitamente più comune di quella raccontata nella canzone “Luca era gay”), lei che farebbe? Visto che lei pensa che l’omosessualità sia una patologia, e pure grave, cercherebbe di “tenere il paziente guarito”, o si adopererebbe per farlo ammalare meglio? Il problema, egregia ahimè futura analista, è che le sue personali convinzioni su ciò che ritiene “intensamente vero” (brrr, che frasario da Laura Pausini), squadernate con vero e proprio “orgoglio anti-gay”, ossia essere l’omosessualità una patologia e una devianza, sono un po’ troppo apodittiche per apparire equilibrate, soprattutto se non corredate da alcuna argomentazione ulteriore che non sia probabilmente il fatto che lei non teme di essere schietta e sincera. Suppongo perciò che lei non concepisca l’esistenza di un omosessuale sereno ed equilibrato, e che se qualcuno osasse sostenere di esserlo, lei lo giudicherebbe (in cuor suo, certo) un mentitore, o un pazzo che crede di essere savio, un malato che creda di essere sano. D’altra parte, ne deduco, se lei avesse un omosessuale in analisi che le dicesse di vivere serenamente la sua condizione, lei non cercherebbe di cambiarlo (parole sue), e quindi lascerebbe deliberatamente un malato nella condizione di malattia, o un pazzo nella condizione di follia. Strana deontologia, e incomprensibile logica. O forse sono semplicemente i risultati della “assenza di giudizio” di cui è tanto orgogliosa.

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  12. Articolo patetico, ideologico e scientificamente inconsistente.
    La canzoncina di Povia è piacevole ed intelligentemente provocatoria.
    Smettetela di parlare a nome degli psicologi per favore, soprattutto se siete laureati in lettere o pedagogia.

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  13. Il problema della canzone di Povia, come qualcuno ha già detto, è il messaggio “culturale” che veicola, che implica, in un paese come il nostro (se fosse uscita, che so, in Olanda, forse nessuno l’avrebbe neppure notata), possibilità di discriminazione e “patologizzazione” di un orientamento sessuale, già dalle nostre parti sufficientemente colpevolizzato, marginalizzato e anche oggetto di violenze e discriminazione a vari e diversi livelli.
    Il “merito” della canzone, peraltro brutta dal punto di vista musicale, è semmai di avere aperto la possibilità ad un dialogo, che sarebbe servito a discutere dell’omosessualità, proprio nel tentativo di affermarne, finalmente, la dignità di essere, di riconoscerla quale diffusa, normale, non patologica.
    Sono esterrefatta di alcuni (quasi)colleghi che aspirano a “far uscire” le persone dall’omosessualità. Mi auguro che non trovino mai pazienti, né tra gay e lesbiche, né invero di altro tipo.
    Condivido pienamente l’articolo, e con esso anch’io ritengo ben comprensibili e condivisibili le proteste delle associazioni che da anni tentano di affermare i diritti degli omosessuali, diffondendo pacificamente i loro messaggi e combattendo contro ogni firma di violenza, razzismo, discriminazione. L’essere omosessuali, non è mai sottolineato abbbastanza, ben lungi dal rappresentare una condizione innaturale o post-traumatica che tutti, in misura maggiore o minore nella vita possiamo aver vissuto, è molto semplicemente un orientamento sessuale che non richiede alcun ulteriore aggettivazione di genere scientifico o morale (normale/anormale, naturale/innaturale, sana/patologica, giusta/sbagliata).
    Era bello l’articolo, soprattutto per le scuse portate dagli psicologi per gli errori e le discriminazioni del passato. Rimane l’amarezza, lo stupore e anche la rabbia che nell’ambito della psicologia ci siano ancora persone che pensino all’omosessualità come a qualcosa da “estirpare”. Beata sicurezza e, citando ancora: buona patologia a tutti!
    P.S. Laureata in Psicologia Clinica e di COmunità e specializzata in Psicoterapia ad orientamento bioenergetico.

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    • La canzone non parla di omosessualità, ma racconta la storia di Luca, che dice:
      questa è la mia storia solo la mia storia nessuna malattia nessuna guarigione
      caro papà ti ho perdonato anche se qua non sei più tornato
      mamma ti penso spesso ti voglio bene e a volte ho ancora il tuo riflesso ma
      adesso sono padre e sono innamorato dell’unica donna che io abbia mai amato

      Praticamente Luca ricerca l’amore verso di sè e gli altri e lo ritrova, facendo il suo personalissimo percorso. Avrebbe potuto benissimo ritrovarlo in un uomo, ma non sarebbe stata la storia di Luca.

      Mi delude leggere questo articolo, da persone che dovrebbero educare alla comprensione e mi delude la comunità gay che condanna un pregiudizio verso se stessa quando non c’è.

      Mi chiedo: Voler leggere del pregiudizio è una forma di pregiudizio?

      Chiedo a tutti i colleghi psicologi:
      “Ma se quel Luca si fosse seduto alla vostra poltrona e avesse fatto quello stesso percorso di ricerca d’identità, lo avreste tenuto nascosto per non offendere i gay e le loro famiglie?”

      Voi scrivete:
      Riferisce che aveva rapporti sessuali con uomini, ma non li amava “Io credevo fosse amore”: dunque, ammette che credeva di essere gay senza esserlo, esclude di aver vissuto un amore gay [oppure, peggio ancora, implica che tutti i gay credono di amare, senza in realtà amare]

      Sapete, anni fa avevo rapporti sessuali con donne. “Io credevo fosse amore”, ma non lo era.
      Questo significa che credevo di essere eterosessuale, ma non lo sono?
      Non avete mai sentito un etero avere rapporti sessuali e dire “Io credevo fosse amore”?
      Significa che non è etero?

      Povia scrive:
      “poi arrivò la maturità ma non sapevo che cos’era la felicità un uomo grande mi fece tremare il cuore ed è li che ho scoperto di essere omosessuale”
      Voi scrivete:
      “E, ciliegina sulla torta, si descrive vittima di un pedofilo.”

      La maturità è quel momento in cui un maggiorenne prende il diploma. E comunque sia a Luca trema il cuore. Sapete cosa vuol dire? Io non ho la presuzione di sapere cosa ha provato Luca, ma mi sembra qualcosa di grandioso un cuore emozionato che trema e un’intensa vita sessuale che sboccia, fosse anche solo un passaggio della propria esistenza. Di certo non penserei ad una violenza psicologica e fisica ad un minore.

      Il vostro articolo è colmo di quel pregiudizio che condannate.

      Post a Reply
  14. Da psicologo non credo di dover chiedere scusa ai gay: la comunità scientifica si è già espressa con il DSM, inserendo in passato l’omosessualità tra i disturbi sessuali e poi togliendola: in questo mi pare che la posizione della comunità scientifica sia chiara: se qualcuno ritiene di non aver ancora sufficientemente domandato scusa, può farlo ed in questo caso posso comprendere il ‘noi’, ma non ritengo di doverne far parte.
    Mi piacerebbe in secondo luogo sapere se le associazioni degli eterosessuali sarebbero intervenute con forza se la canzone di Povia avesse recitato: “Luca era etero”.
    Per concludere domando se gli psicologi possono ancora studiare la formazione di identità sessuale e di genere: in parole semplici, perché alcune persone sono etero ed altre omosessuali? Non mi pare che al momento le conclusioni siano così definitive; d’altra parte quando si studia occorre rimanere aperti a ciò che si scopre. Non sono disposto ad accettare che la questione circa l’orientamento sessuale debba entrare in un campo nel quale tutto è definitivo ed irreformabile. Credo invece importante che non si tema di scoprire qualcosa di più anche su questo.

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  15. La canzone non parla di omosessualità, ma racconta la storia di Luca, che dice:
    questa è la mia storia solo la mia storia nessuna malattia nessuna guarigione
    caro papà ti ho perdonato anche se qua non sei più tornato
    mamma ti penso spesso ti voglio bene e a volte ho ancora il tuo riflesso ma
    adesso sono padre e sono innamorato dell’unica donna che io abbia mai amato

    Praticamente Luca ricerca l’amore verso di sè e gli altri e lo ritrova, facendo il suo personalissimo percorso. Avrebbe potuto benissimo ritrovarlo in un uomo, ma non sarebbe stata la storia di Luca.

    Mi delude leggere questo articolo, da persone che dovrebbero educare alla comprensione e mi delude la comunità gay che condanna un pregiudizio verso se stessa quando non c’è.

    Mi chiedo: Voler leggere del pregiudizio è una forma di pregiudizio?

    Chiedo a tutti i colleghi psicologi:
    “Ma se quel Luca si fosse seduto alla vostra poltrona e avesse fatto quello stesso percorso di ricerca d’identità, lo avreste tenuto nascosto per non offendere i gay e le loro famiglie?”

    Voi scrivete:
    Riferisce che aveva rapporti sessuali con uomini, ma non li amava “Io credevo fosse amore”: dunque, ammette che credeva di essere gay senza esserlo, esclude di aver vissuto un amore gay [oppure, peggio ancora, implica che tutti i gay credono di amare, senza in realtà amare]

    Sapete, anni fa avevo rapporti sessuali con donne. “Io credevo fosse amore”, ma non lo era.
    Questo significa che credevo di essere eterosessuale, ma non lo sono?
    Non avete mai sentito un etero avere rapporti sessuali e dire “Io credevo fosse amore”?
    Significa che non è etero?

    Povia scrive:
    “poi arrivò la maturità ma non sapevo che cos’era la felicità un uomo grande mi fece tremare il cuore ed è li che ho scoperto di essere omosessuale”
    Voi scrivete:
    “E, ciliegina sulla torta, si descrive vittima di un pedofilo.”

    La maturità è quel momento in cui un maggiorenne prende il diploma. E comunque sia a Luca trema il cuore. Sapete cosa vuol dire? Io non ho la presuzione di sapere cosa ha provato Luca, ma mi sembra qualcosa di grandioso un cuore emozionato che trema e un’intensa vita sessuale che sboccia, fosse anche solo un passaggio della propria esistenza. Di certo non penserei ad una violenza psicologica e fisica ad un minore.

    Il vostro articolo è colmo di quel pregiudizio che condannate.

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  16. Sono rimasta felicemente emozionata dagli ultimi interventi in risposta a quanto avevo

    scritto ieri.
    Gian Maria e Luca, ad esempio, che ringrazio caldamente per avermi dato molti spunti di

    riflessione.
    Non so…a volte mi pare di ascoltare voci -che rispetto intensamente e CONCRETAMENTE nel mio quotidiano, al di qua d’un pc-decisamente ai confini della realtà. Voci che non solo non condivido ma che non capisco, e che -vi assicuro- in tuttà trasparenza io vorrei davvero comprendere.
    Tipo: non comprendo come mai debba sembrare per forza avere un pregiudizio sugli

    omosessuali, il cercare di aiutarli ( si: “AIUTARLI”, ci si accoccoli bene per sparare a fuoco su me o su tale termine) verso un orientamente eterosessuale.
    E ,OVVIAMENTE, parlo di coloro che sentono in sè questa esigenza.

    Perchè un dottore in ambito clinico deve sembrare un “pretestuoso”( come minimo, eh..) se

    mette il suo scibile clinico a servizio di coloro che CHIEDONO di poter fare un cammino verso

    un’eterosessualità desiderata?
    Perchè diventa discriminante il servizio del clinico che si arroga “addirittura” il proposito di

    sostenere un essere umano nella sua ricerca di eterosessualità?
    Perchè un omosessuale deve per forza essere gay e felicemente gay, e non può neppure

    esprimere il suo eventuale desiderio di NON ESSERLO AFFATTO senza per questo divenire egli

    stesso oggetto di stigma della comunità e di lobby gay?

    L’omosessualità è stata depennata dal DSM IV come patologia (non totalmente, per chi non lo

    sapesse), e va bene, non staremo qui a ricordare neppure com’è avvenuto il fatto. Non staremo neppure a precisarne la prassi molto poco scientifica.
    Ma concludo, sono tesista ancora e debbo molto molto studiare, verissimo.
    Al proposito delle moltissime sedicenti discriminazioni operate dai clinici che sono

    dalla parte degli omosessuali -e non dell’omosessualità- , io credo non vi sia che una sola

    discriminazione:
    [cito]”I movimenti gay non ammettono neppure la possibilità che possano esistere forme

    diverse di omosessualità e percorsi diversi possibili per le persone omosessuali che non si

    riconoscono nell’ideologia gay, e sostengono la loro “verità” con una tale intolleranza ed

    insistenza da generare grandi sofferenze e umiliazioni nelle persone con tendenze omosessuali
    che non si riconoscono dell’ideologia gay secondo la quale ogni omosessuale “nasce così” e

    può soltanto accettare di restare così.[…]”

    Ecco dunque cosa è veramente umiliante.

    E’ umiliante che i gay trattino così ferocemente gli omosessuali che non hanno intenzione di

    continuare a vivere in tale orientamento sessuale. E’ umiliante il pregiudizio e lo stigma

    operato dalle lobby gay contro coloro che desiderano fare un cammino verso un diverso

    orientamento sessuale. Diverso dal loro.
    Anche perchè …”se così fan tutti”, se così pensano tutti , è meno difficile sparare a zero verso

    coloro che non la pensano affatto come te.
    E ciò che è “male” può più facilmente essere considerato come “bene”. -Cavolo, mica son tutti folli? La maggioranza la pensa così, no? QUANDO MAI nella storia la maggioranza ha acconsentito PIU’ O MENO CONSAPEVOLMENTE a distruggere piuttosto che a creare? Ma MAI, non è vero?

    Una storia vecchia quanto il mondo:
    se chiamo luce la tenebra e la tenebra luce, nessuno si meraviglierà più di star vivendo senza la

    luce.
    Ma magari, anche questa è una storia un attimino più profonda…
    Parliamo di ciò che “va di moda”, continuiamo ad essere docilmente acquiescienti.
    meno sforzo, più emozioni da bruciare…
    Suvvia:
    la vita è bella.

    Daniela

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    • @Daniela,
      “Un attimino più profonda”. Un attimino. Più profonda. Inutile aggiungere altro.

      Post a Reply
    • @Daniela,

      non le è mai venuto in mente che forse lei non ha chiaro cos’è l’omosessualità? a parte il fatto che se lei è una professionista sa che è + corretto utilizzare il temrmine omoaffettività.
      Nel caso lei non lo sapesse le persone possono avere 4 tipologie di attrazione che sono riscontrabili tramite il CAS.
      -attratte dai maschi
      -attratte dalle femmine
      -attratte da entrambi
      – non attratte da nessuno.

      questo come vede non ci dice nulla sul fatto che una persona sia etero o omosessuale perchè il termine etero omo o biaffettivo sono stereotipi che diamo noi. di fatto xò una persona omoaffettiva può potenzialmente avere rapporti sessuali con chiunque (cm lei sa i bimbi fin da piccoli sviluppano la capacità di giocare a incastrare le cose), ma proveranno innamoramento per donne o uomini a seconda del proprio sesso.
      ciò che si dice è se una persona in un momento della vita ha una confusione in merito al proprio orientamento sessuale può succedere, ma semplicemente il fatto di avere rapporti sessuali con persone del proprio sesso non rende omoaffettivi.
      se una persona è omoaffettiva lo è e basta e il fatto che una persona per giudizio morale spesso dettato dal credo voglia definire patologico ciò che non è qnt meno poco professionale.
      mi permetto inoltre di ricordarle che il DSM 4 non considera l’omosessaulità un disturbo ma considera un disturbo il vivere male la propria affettività omo o etero che sia.
      le faccio un esempio :
      anni 50 stati uniti d’america ok? una ragazza di colore si presenta da lei x’ non si accetta x come è, perchè desidererebbe essere bionda e con gli occhi azzurri e la pelle candida. secondo lei è patologico il colore della pelle della persona?
      secondo lei è abominevole qst colore della pelle? secondo lei la ragazza è patologica in qnt persona nera? non penserebbe forse che la continua discriminazione nella società la porti a desiderare di essere ciò che non è e che non sia snagliata la ragazza ma sia sbagliata la società? a qst ragazza consiglierebbe di farsi cambiare il colore della pelle?

      sono curiosa di sapere la riposta..

      Post a Reply
  17. Aggiungerei che molti/e da giovani sperimentano semplicemente la propria esistenza affettiva e corporale in libertà, senza guardare alle gonadi della persona di cui si innamorano. Non è mica obbligatorio aver chiaro il proprio orientamento sessuale! Poi, solo dopo essersi messi in gioco maturano un idea su che tipo di persona sono. Amare una persona perchè è Lei e non perchè maschio o femmina.E’ questa la grandiosità dell’AMORE PURO.
    Comunque Povia ha scatenato delle belle polemiche,dandoci il modo di riflettere e discuterne omosessali e non…

    Post a Reply
  18. Daniela, le domande che ti poni sono fraintese perchè sono solo lette e non comprese.
    Chiunque, presente a se stesso, libero da sovrastrutture ideologiche o di bandiera, potrebbe comprendere che non è pretestuoso chi si mette al servizio di un cammino verso un’eterosessualità desiderata, che un gay può desiderare di andare verso l’eterosessualità e viceversa, per un “bisogno”, “sentimento” di autoderminazione (e tu puoi leggerlo come ritieni opportuno purché tu permetta all’individuo di autodeterminare la propria volontà di essere gay o etero o non orientato.. al massimo puoi portare a coscienza l’origine di questa volontà e vedere se l’individuo è consapevole delle forze che hanno generato questa spinta).

    Comunque sarà sempre l’interpretazione personale di questo evolvere che darà significato al proprio percorso e al proprio orientamento sessuale. Ognuno si confronterà con se stesso e si riconoscerà gay o etero o non orientato perchè così si vede o sente. Ed ognuno si dovrà comunque confrontare con il pregiudizio verso se stesso che magari lo spinge a considerarsi superficialmente (a sensazione) o forzatamente (autoimposto) gay o etero, quando ancora un’identità vera non c’è.

    Fondamentalmente tutti abbiamo un pregiudizio verso noi stessi. Un pregiudizio su chi siamo, su cosa vogliamo, di cosa siamo capaci, verso cosa siamo orientati. La realtà è che ogni giorno sfumiamo in qualcosa di diverso. Perchè le identità ci orientano, ma non ci contengono. Sta proprio qui il vivere, nel riconoscere, accettare e “usare” queste sfuamature.
    Perchè dovremmo inscatolare l’umanità in 3 orientamenti sessuali (omo, etero, bisex)?
    E il non orientato? E il prete cattolico che si riconosce senza l’esigenza di esprimere una sessualità?

    Abbiamo bisogno di credere alle nostre identità, quando dovremmo saperle osservare e riconoscere, nella loro grandezza e nei loro confini, così da espandere l’essere, la coscienza, la visione di tutto quello che non siamo e verso cui potremmo tendere.

    Post a Reply
  19. Io, scusatemi tanto, solo dopo aver letto tutto quello che si è scatenato in questi post mi ritrovo – strano se non impossibile a dirsi – di essere quasi contenta (quasi) delle scempiaggini dette da alcuni psicologi in tv. Sperando invece che altri nostri colleghi non si ritroveranno mai di fronte alla telecamera disgustando i lettori… ops, i telespettatori.

    Post a Reply
  20. Ciò che apre un dibattito ricco e complesso è sempre il benvenuto.
    E posso concordare con molti dei presenti sull’utilità di poter discutere grazie a questo testo di Povia su una questione così delicata e complessa come quella dell’orientamento sessuale.
    Anche perché questo tema è purtroppo spesso oggetto di opposte ideologie, probabilmente generate dallo scontro tra un’ideologia omofoba che molto ha fatto crudelmente soffrire nel passato (come splendidamente ci ha ricordato Benigni) e una controideologia reattiva a quella cultura opprimente.
    Dalla mia esperienza clinica con i miei clienti si evince una realtà molto più ricca di quella che emerge dagli opposti dogmatismi di cui sopra, e mi fa piacere constare che sia emersa anche in questi scambi.
    Omosessuale, Eterosessuale, Bisex… sono tutte etichette.
    Gli esseri umani, e ciascuno di noi in fondo lo può percepire, sono n fondo semplicemente… Sessuali… :-) Né rigidamente Etero, né rigidamente Omo, né obbligatoriamente Bisex… Poi sta alla storia di ciascuno ed al suo modo di elaborarla ed affrontarla, la costruzione di una propria identità e di un proprio orientamento, che sarà quello più compatibile con le dinamiche vissute nella propria vita. E questo processo di costruzione vale per tutti indipendentemente dal risultato.
    Risultato che tende a restare più stabile man mano che l’età avanza, ma che può anche modificarsi in una qualunque direzione a fronte delle variazioni e mutazioni a cui la vita ci espone. Un abbraccio a tutti, sperando che si possa finalmente imparare a riconoscere e rispettare che le diversità che ci allontanano sono tutte, ed in tutte le direzioni, ricomprese anche in ognuno di noi.
    E a mio parere la canzone di Povia potrebbe anche essere letta in questa direzione, anche se forse pecca di incompletezza, descrivendo solo uno dei molti lati della medaglia e dando quindi potenzialmente il via a semplificazioni dannose.

    Post a Reply
  21. Allora tra una 20ina d’anni vedendo l’andazzo anche la pedofilia sarà etichettata come normale. E’ sempre e comunque una questione di etica. Anche un pedofilo è così perchè pensa sia normale (l’hanno fatto a lui e lui continua non sapendo cosa sia la normalità) non si accorge di essere malato. Poi che si farà? Non ci si scandalizza più del sadomaso, dello scambio di coppia, dell’andare coi trans ecc di fare orgie. Un sessuologo direbbe che chi fa queste cose ha superato dei tabù culturali quando invece sono e rimangono dei MAIALI.

    Post a Reply
  22. Grazie, Giuseppe, per le tue parole così pacate e accoglienti. Grazie davvero.
    Mi piacerebbe si potrebbe intrattenersi più spesso in “salotti” culturali con tale dire che nella forma espressiva ( la tua particolarmente ma anche di Giammaria e diversi altri)condivido in pieno.

    Alessandro, io condivido con te la depravazione insita nell’atto omosessuale, ma sono certa nel credere vi sia un’abissale differenza con gli atti pedofili. Non entro nel merito, adesso. Devo andare.
    Ma tenevo a rendermi presente in questo luogo, a ricordare che sto ancora seguendo la discussione e che leggo interessata assolutamente tutti i commenti.
    Era molto tempo che -dati gli impegni – non mi concedevo di esprimere la mia su qualsivoglia argomento in internet.
    Non ho più 15 anni, e il tempo per rimanere al pc fuori da doveri che mi impegnano, be’, è sempre + rado.

    Buonaserata di cuore a tutti,
    Daniela

    Post a Reply
    • @Daniela,
      potrei sapere in cosa vede depravazione nel'”atto omosessuale”?
      vorrei anche sapere cos’è l’atto omosessuale? x’ veramente mi sfugge.. so cosa sono i rapporti sessuali e non credo ci sia nulla di depravato finch’è sono tra soggetti consenzienti..
      mi domando anche come una persona che mette in ambito lavorativo le sue credenze e pregiuzi personali possa reputarsi e dirsi una professionista. sono solo felice che siate molto pochi e ben riconoscibili.

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  23. Ci sono qua sopra citazioni prese dal sito del gruppo lot, poca fantasia eh?
    A proposito andatevi a vedere chi è Lot!

    Post a Reply
  24. salve a tutti. mi dispiace vedere che professionisti o gente che dovrebbe essere tale anteponga il proprio credo cioè i propri pregiudizi a ciò che è la realtà dei fatti.
    la medicina ci ha detto e la stessa psicologia + volte che l’omosessualità è un carattere multifattoriale non diverso dall’eterosessualità, o meglio è una sessualità.
    La cellega certamente conoscerà le ricerche del dottor Fernandez dell’università di madrid in merito al CAS.
    Lei dovrebbe anche sappere che come una persona può trovare ragioni x vivere una vita da eterosessuale ed è cmq rispettabile se è omoaffettivo proverà innamoramento solo x persone del proprio sesso. poi uno può decidere di dire vivo tutta la vita con una moglie che non mi interessa e che non amo.
    ho letto considero l’omosessualità una patologia e anche grave. conosce qlk altra patologia che renda le persone felici?
    porgo a tutti distinti saluti

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