Elogio del fallimento. Conversazioni su anoressie e disagio della giovinezza

Autore: Massimo Recalcati
Edizione: Erickson
Pagine: 219
Prezzo: 19.00 euro
Anno: 2011

Recensione di Anna Barracco

“La psicoanalisi raccoglie i resti, i residui, lo scarto, le vite di scarto; lavora sulle cause e sulle vite perdute. Per fare lo psicoanalista bisogna amare le cause perse … bisogna avere conosciuto il fallimento. La psicoanalisi è quell’esperienza che sa trasformare il fallimento in una possibilità di trasformazione”

Elogio del fallimento non è propriamente un libro. E’ una raccolta di conversazioni, la trascrizione di dialoghi per lo più fra l’autore e intervistatori televisivi, o radiofonici.
Si tratta di conversazioni che riprendono la produzione del brillante psicanalista lacaniano degli ultimi due o tre anni: “L’uomo senza inconscio”, “Cosa resta del padre”, passando anche attraverso la vastissima esperienza clinica che si è incentrata fortemente attorno al tema dell’anoressia- bulimia.
Un filo rosso attraversa questi dialoghi, ed è la questione dell’etica psicoanalitica, intesa come possibilità-necessità di assumere il proprio desiderio inconscio.
Il discorso di Recalcati, negli ultimi anni, si fa sempre più chiaro e riconoscibile, e per questo si distingue dalla”scolastica” lacaniana, prendendo le distanze dalla complessa teoria del godimento e del resto, e riorganizzando questi concetti attorno al centro di gravità della questione etica.
La psicoanalisi è innanzitutto un’esperienza trasformativa, e implica una presa di posizione risoluta rispetto al proprio desiderio inconscio.
In questo senso, per Recalcati, parafrasare il famoso testo di Erasmo da Rotterdham assume il valore e il significato di un manifesto filosofico.
Elogio della follia, elogio della psicoanalisi (piccolo testo scritto da Recalcati nel 2007, per i tipi di Mondadori) e oggi, elogio del fallimento.
Quale passaggio metonimico fra follia, psicoanalisi e fallimento?
Recalcati, ce lo dice con estrema chiarezza, in questi dialoghi, che attraversano con coraggio la sua stessa biografia, i nodi più significativi delle sue crisi personali, ma anche i punti di ancoraggio della sua ventennale ricerca sull’anoressia.
“L’anoressica, ma forse tutti noi,   mangiamo come parliamo”. Fra la parola e l’oggetto cibo esiste una sorta di contiguità che ne permette la sostituzione, o anche la soppressione.
La fame di parole si trasforma a volte in inappetenza ascetica, e in ogni caso il convivio, per l’essere umano, mette insieme da sempre la condivisione del cibo e lo scambio di parola.
L’anoressia, o il suo fallimento che si realizza nel fallimento bulimico, sono le due modalità con cui si potrebbe riscrivere tutta la patologia contemporanea, che è patologia della relazione con l’Altro.
Il versante anoressico, di evitamento, è un ancoraggio ad un ideale inscalfibile e mortifero, mentre la dimensione bulimica (che fa da sfondo anche alle molteplici dipendenze di cui è affollato il nostro presente) segna il fallimento, la rinuncia all’ideale e il cedimento alla pura pulsione e alla schiavitù che questo cedimento comporta. Oggi la vita psichica, in assenza del “terzo” (simbolico, o padre, che dir si voglia) sembra condannata a manifestarsi in questo tragico “pendolo”.
L’inconscio invece, in quanto tale, rappresenta questa istanza che- con il fallimento del discorso e la rottura della superficie compatta del discorso cosciente – segnala una presenza altra. Inconscio e fallimento (lapsus, atti mancati), possono essere in un certo senso sinonimi.
L’adolescenza è strutturalmente, nella vita dell’individuo, il momento in cui l’ideale edipico, l’ideale familiare, viene messo alla prova della soggettività, è il momento in cui il soggetto deve trovare una sua via al desiderio. Per il bambino, il desiderio si  realizza all’interno del fantasma dei genitori, e il bambino si soddisfa nel rispondere alle aspettative dell’adulto. Con l’adolescenza, qualcosa di questo equilibrio si rompe, e in questo senso l’adolescenza è un’esperienza strutturale e fondante, di fallimento.
Il fantasma infantile fallisce, e affinché il soggetto possa trovare  un’organizzazione pulsionale differente, occorre una risposta attiva da parte di un Altro in posizione paterna, una risposta che è dono d’amore, che è parola viva, e a cui il soggetto possa dire il suo sì.
La questione paterna, la risposta dell’Altro in posizione paterna, si articola dunque con la dimensione etica e radicalmente soggettiva. La visione di Recalcati implica dunque un dialogo attivo, una scelta reciproca, una felice coincidenza, un buon incontro cui però entrambi i soggetti devono poter fare posto.
Per illustrare questa articolazione, e la dimensione creativa di questa risposta del soggetto, Recalcati fa diversi esempi di “felice fallimento”, tratti dalla letteratura, dal cinema, dalla sua stessa vita personale, come per esempio .”Million dollar baby e Gran Torino” di Clint Eastwood. Si tratta di due storie in cui una “causa persa” un soggetto preadolescente o adolescente, si trova a confrontarsi con il suo essere ai margini, con un desiderio che per ill mondo adulto confina con l’illusione. Queste “cause perse”, incontrano un “Altro”, un adulto, in grado di ancorare quel desiderio e di farlo germogliare.
All’interno di una relazione, i due giovani trovano la forza e la capacità di dire di sì al loro desiderio e insieme a loro, i loro “padri” simbolici, a loro volta, riorganizzeranno il loro posto nel mondo.
In questo testo, più ancora che negli ultimi scritti, Recalcati attraversa e offre al lettore le proprie esperienze di vita, i propri fallimenti e i propri incontri, mostrandoci in un laboratorio vivo ed emozionante in cosa consista la rilettura, la rielaborazione continua della propria biografia secondo il metodo freudiano.
La ricerca di Recalcati si situa in modo definitivo e deciso nell’ambito etico e filosofico, ed ha un retrogusto quasi spirituale, per via di una  coraggiosa rivalutazione dell’eredità contenuta nel messaggio ebraico-cristiano. Il cristianesimo non è che appello ad assumere il proprio desiderio, a giocare i propri talenti senza risparmiarsi. E’ un messaggio di riconciliazione con l’eredità paterna e anche di gioia.
In questo senso, il pensiero di Recalcatisi situa fuori dalla scolastica lacaniana, fatta di formalismo o di ateismo cinico, e ci porta nel cuore di una visione coraggiosa della psicoanalisi come esperienza di trasformazione che parte dalla propria esperienza più profonda, che sempre ci sfugge, per tornare, attraverso l’esperienza della relazione  d’amore come riconoscimento e nominazione, alla dimensione collettiva e sociale.

Gabriella Alleruzzo

Author: Gabriella Alleruzzo

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