Corpo Celeste

REGIA: Alice Rohrwacher
SCENEGGIATURA: Alice Rohrwacher

ATTORI: Yile Vianello, Salvatore Cantalupo, Pasqualina Scuncia, Anita Caprioli, Renato Carpentieri, Monia Alfieri, Licia Amodeo, Maria Luisa De Crescenzo, Gianni Federico

FOTOGRAFIA: Hélène Louvart
PRODUZIONE: Amka Films Productions, Jba Production, Tempesta; in collaborazione con Rai Cinema, ARTE France, RTSI Televisione Svizzera, SRG SSR idée suisse
DISTRIBUZIONE: Cinecittà Luce
PAESE: Svizzera, Francia, Italia 2011
GENERE: Drammatico
DURATA: 100 Min
FORMATO: Colore

di Manuela Materdomini

È partita con il piede giusto Alice Rohrwacher che, con Corpo Celeste (omonimo del libro del 1997 di Anna Maria Ortese), ha ricevuto diversi riconoscimenti nell’ambito di Festival cinematografici nazionali ed internazionali, aggiudicandosi, tra gli altri, il Nastro d’Argento 2011 come miglior regista esordiente e la partecipazione ufficiale alla 64° edizione del Festival di Cannes nella sezione Quinzaine des Réalisateurs.

Per il suo film ha scelto come ambientazione Reggio Calabria e ne ha ritratto le periferie, le discariche, il cemento, conferendole quell’aura punk che avvolge le esplorazioni della protagonista. Per le strade della città, nella sagrestia e di fronte all’altare Marta, una biondina di tredici anni, si porta con degli scarponi visibilmente più grandi della sua misura che ne caratterizzano l’andatura. Scruta dall’alto dei tetti sporchi d’acqua stagnante ciò che esiste al di là del proprio naso, nei balconi dei vicini, nelle strettoie tra i palazzi dove vecchie donne sedute in cerchio sgranano il rosario. Si è trasferita da poco con la madre e la sorella nel capoluogo calabrese ed è stata accolta da un folcloristico sciame di parenti e conoscenti: gli zii che non mangiano i pesci del Mediterraneo, perché potrebbero essersi cibati dei cadaveri dei migranti morti annegati e Santa, la catechista sui generis, che la coinvolge nel corso di preparazione alla Cresima.

Il tema narrativo principale, quello della trasformazione del corpo nel periodo della pubertà, viene sviluppato all’interno di diversi scenari che raccontano tutti di una cultura che è insieme arrestata ad un tempo atavico ed investita di ipermodernità. Le mode e gli stereotipi televisivi dilagano imperanti senza risparmiare nemmeno la Chiesa che diventa, nel film, la caricatura grottesca di se stessa e si rivela anche un’agenzia sociale radicata e potentissima. Marta è chiamata a fare i conti con un duplice mistero: le trasformazioni in atto nel proprio corpo e la fede. Il contatto e il confronto con l’immagine che la catechista ed il parroco propongono del figlio di Dio, dal corpo celeste, angelicato, inodore, sembrano accentuare il contrasto rispetto al proprio corpo fatto di carne e Marta, come un filosofo, pone questioni sulla fede, sulla natura di Cristo, facendo vacillare con le sue domande l’idea pre-costituita di chiesa.

Traspare la cura nella caratterizzazione di alcuni dei personaggi che orbitano intorno alla protagonista, descritti in maniera assolutamente verosimile e talvolta messi a nudo con uno sguardo un po’ spietato che svela la loro grettezza d’animo. Lo stile di regia, a tratti documentaristico, brilla per la scelta di alcune immagini molto suggestive e fortemente evocative del nostro drammatico presente storico.

Chiara Santi

Author: Chiara Santi

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