a cura di Gabriella Alleruzzo
Giovanni Bollea, un nome che non ha bisogno di presentazioni. La sua scomparsa è recente e come Osservatorio abbiamo deciso di pubblicare un dossier in omaggio a colui che è senza dubbio il fondatore della neuropsichiatria infantile in Italia.
Abbiamo deciso di muoverci secondo due linee: raccogliere una rassegna stampa degli articoli commemorativi che sono apparsi sulle maggiori testate, (vai alla Rassegna Stampa, a cura di Davide Lacangellera) e chiedere ai nostri esperti un ricordo o un commento personale che ci restituisca come Bollea è rimasto nella loro mente e nei loro cuori. Inoltre, per rendere più vivido il suo ricordo, abbiamo deciso di utilizzare l’abituale spazio video per proporre un video che ne offre un suo bel ritratto (vai al video).
Crediamo che i contributi raccolti siano molto intensi; a volte toccanti e diretti, legati a una conoscenza personale, altre volte frutto della rielaborazione del pensiero di Bollea. Si potrebbe dire che l’Osservatorio in questo caso si è assunto la funzione di custode della memoria, mentre la sua figura assume le connotazioni archetipali del Senex, il saggio che sa, che sostiene e insegna, e che è fonte di ispirazione. Colui che, grazie alla sua esperienza, quando viene ascoltato può aiutare coloro che come noi cercano di svolgere una delle tre “professioni impossibili” a districarsi dalle difficoltà.
Ciao, Giovanni.
Il ricordo di Giorgio Blandino
Non ho mai avuto la fortuna di conoscere personalmente il professor Bollea, per motivi di età, geografici e di aree di ricerca in campo psicologico. La mia unica conoscenza di lui è connessa alle sue opere scritte (non tutte) ed ad alcune interviste. Dalle quali ho potuto ammirare non solo lo studioso ma la sua profonda umanità e provare un istintivo e profondo rispetto per un maestro nelle scienze della psiche (normale e patologica) e nello studio dell’infanzia. Un maestro che univa al sapere un garbo e una attenzione relazionale ormai, drammaticamente e sconsolatamente, raro nel nostro paese. Pertanto l’unica testimonianza che posso portare, essendo la testimonianza di una non testimonianza, e quella del rammarico di non aver mai potuto incontrare e frequentare personalmente una persona di così raro valore. Voglio però auspicare che non capiti anche a Giovanni Bollea ciò che è capitato ad altri maestri nella scienza e nella cultura italiana (compresa quella psicologica) ovvero che vengono dimenticati dopo qualche mese dalla loro morte e messi nel dimenticatoio, magari per seguire il pensiero superficiale di qualche pensatore di moda al quale – soprattutto se d’oltreoceano – siamo sempre disposti a dare acritiche aperture di credito dimenticando disinvoltamente i molti valorosi e spesso misconosciuti contributi nostrani.
Il ricordo di Roberto Cafiso
Molti anni fa, iscritto in Psicologia a Roma, feci esami di neuropsichiatria infantile. Era nel mio piano di studi, come complementare. Il prof. era Giovanni Bollea, un nome che già allora incuteva rispetto tra noi studenti. Non timore, perché il prof. era una persona curiosa, cordiale che riusciva a mettersi in simmetria con gli studenti senza perdere di prestigio. Uno scienziato umile eppure autorevole di una umanità smisurata. Credevo che come complementare avrei fatto un esame veloce. Durò più di un’ora, perché Bollea mi fece capire che la Neuropsichiatria infantile era una complementare “per caso”. Il suo 30 fu uno dei voti più guadagnati e apprezzati di tutto il mio corso di studi. Questo lo ricordo ancor oggi.
Il ricordo di Santo Di Nuovo
Per me la neuropsichiatria, e Bollea come simbolo di essa, vuol dire tornare indietro al primo congresso cui partecipai come giovane neolaureato, presentando una comunicazione. Vicino casa mia: Taormina, ottobre 1974. Ci affascinò parlando sui nuovi (allora) aspetti della psicopatologia adolescenziale.
Poi lo incontrai ancora nei suoi scritti, che si cercavano sempre quando bisognava ricordare che si pensasse ai bambini più che agli adulti se si voleva davvero un mondo migliore.
Ricordo come durante la mia esperienza di giudice onorario al Tribunale dei minorenni il nome di Bollea fosse sempre il più citato nelle riunioni con i magistrati, nelle udienze, nelle camere di consiglio.
Ricordo i suoi paralleli fra alberi e bambini, entrambi si generano e si coltivano ma si possono anche distruggere in nome della (presunta) civiltà. In un mondo che – segretamente innamorato di Erode mentre si finge amico dei bambini – segue sempre più la strada del loro genocidio psicologico, un coltivatore di bambini sani come Giovanni Bollea ci mancherà.
Il ricordo di Nicola Materassi
I motivi per voler ricordare Giovanni Bollea sono numerosi. Molti riguardano il suo lavoro come neuropsichiatria di fama internazionale e le sue indiscutibili doti umane.
Un aspetto che trovo particolarmente significativo e suggestivo riguarda il suo impegno concreto nell’ambito dell’ecologia intesa come vero e proprio stile di vita.
La sua attenzione all’ambiente-natura, insieme alle molteplici qualità che hanno distinto il grande medico, mi evocano la figura di un sapiente della Grecia antica
Il ricordo di Paolo Migone
Non ho conosciuto Giovanni Bollea di persona. Ma è come se l’avessi conosciuto, perché dai suoi scritti mi ero fatto l’idea di una persona generosa, non solo appassionata del suo lavoro ma anche gentile e disponibile con chiunque. Tanti anni fa mi fu chiesto di scrivere una storia della psichiatria infantile per un trattato di psichiatria e, dato che volevo approfondire alcuni eventi storici di cui era stato testimone, immediatamente gli telefonai senza preoccuparmi del fatto che non mi conoscesse. Il padre della neuropsichiatria infantile italiana, con tono caloroso e gentile, rimase al telefono con me per una buona mezz’ora. Proprio come l’avevo immaginato.
Il ricordo di Chiara Morandi
Ronald Laing ha detto che la famiglia si può immaginare come una ragnatela, un fiore, una tomba, una prigione, un castello; Giovanni Bollea ha insegnato a tutti i bambini che la ragnatela è un labirinto con un’uscita, il fiore una pianta fiorita, la tomba è un luogo dove seppellire ma anche ricostruire la propria storia, la prigione e il castello sono due facce della stessa medaglia: la sfida di crescere.
Il ricordo di Girolamo Lo Verso
Non ho mai lavorato con bambini. Mi sono sempre chiesto se non mi angosciasse, inconsciamente, l’idea dei bimbi malati, visto che con quelli sani gioco con gioia. Per questo, ho grande ammirazione per chi lo fa e lo sa fare.
I grandi maestri sono un bene prezioso. Pensandoci, hanno in comune delle cose: spessore, tenacia, desiderio di crescita dell’altro, etica ed onestà interiore, distacco dalle miserie del denaro, del potere, del narcisismo, della manipolazione.
Che tristezza le concezioni della cura del bambino che lo vedono “oggettivamente” come qualcosa di autoconchiuso da trattare con farmaci o isolatamente. Bollea portò molto avanti il winnicottiano “non conosco l’infante” e la consapevolezza che un bambino è, in primo luogo, il frutto di un concepimento familiare e che l’essere amanti con saggio amore (e cioè rispettando la sua differenza) è la chiave della sanità psichica.
30 marzo 2011
Ho avuto il piacere e l’onore di conoscere il Prof. Bollea proprio all’inizio della mia carriera, ormai purtroppo tanti anni fa, quando, appena laureato in Medicina, presentai la mia tesi di laurea sperimentale in Neuropsichiatria Infantile ad un Congresso della nostra Sezione siculo-calabra a Catania nell’aprile 1980. In quella occasione, tornando al posto dopo la mia relazione, scoprii quasi con timore che il Prof. Bollea mi aveva ascoltato dal suo posto proprio vicino al corridoio centrale dell’aula. Con la signorilità che gli era propria e l’entusiasmo che ha trasmesso a tanti di noi, mi fermò un attimo, mi fece le sue personali congratulazioni e mi incitò a proseguire nel mio lavoro.
Non l’ho mai dimenticato, e questo ricordo mi ha aiutato tanto anche nei momenti più difficili che, come per ognuno di noi, non sono mancati negli anni a venire.
Grazie, Professore.