Leggere Lacan: Guida perversa al vivere quotidiano
di Slavoj Zizek
editore: Bollati Boringhieri
anno: 2009
prezzo: euro 15.00
pagine: 136
di Giuseppe Preziosi
Nella prefazione al suo testo Zizek ci ricorda come al passaggio del secolo (e come abbiamo visto, letto, contestato anche negli anni successivi) si sia messo in marcia un corteo funebre per celebrare (in) degnamente la morte della psicanalisi, il suo declino, lo svelamento della sua infondatezza, il suo anacronismo, la sua inutilità, lo scarso appeal sul mercato aggiungerei io.
La tesi che emerge da queste pagine è chiara: il tempo della psicanalisi è proprio questo e molto ha da dire del nostro contemporaneo; la traccia percorsa è quella del ritorno a Freud inaugurato da Lacan.
Leggere Lacan si offre come una lettura parallela di testi comuni, quotidiani che ci bombardano ogni giorno che siano film, pubblicità, dichiarazioni di guerra o esportazioni di libertà e di estratti della teoria lacaniana. L’incontro è fecondo, inatteso, prolifico come già ci ha mostrato Zizek nelle sue opere passate.
Cosa avranno da dirsi uno psicanalista francese, un filosofo sloveno, l’implacabile alieno di Alien, Dick Cheney, Shakespeare, Kafka, Mohmmed Bouvery, Colin Powell, il tenente Colombo?
Accendendo una qualsiasi tv, dopo aver scelto con cura il telecomando giusto tra i quattro e i cinque che girano per casa, ci aggiriamo tra centinaia di canali che sezionano per noi ogni aspetto della vita: l’amore, il matrimonio, il successo professionale, la morte, la politica, l’informazione, gastronomia, i viaggi, l’arte; film, reality show, documentari, programmi tv. Ci vengono offerte vite ed emozioni comodamente seduti sulla poltrona o forse mentre facciamo due o tre altre cose nello stesso momento. Non andrò mai in India ma ho visto The Millionaire, mangio un panino al volo ma saprei abbinare con gusto un vino bianco ad una certa cena di pesce. Zizek fa inizia il secondo capitolo del suo libro con una citazione di Lacan tratta da “l’etica della psicanalisi” dove dalla descrizione del Coro nella rappresentazione teatrale emerge una particolare chiave di lettura. Lo psicanalista sloveno utilizza il concetto di inter passività, un processo attraverso il quale l’oggetto mi prende, si sostituisce alla mia fruizione, gode al posto mio. Un meccanismo comune alle prefiche che piangono ai funerali, alle risate pre registrate degli spettacoli televisivi. Così come alla mia possibilità di lavorare 15 ore al giorno sentendomi culturalmente a posto perché intanto il mio pc sempre acceso sta scaricando decine di film (impegnatissimi) che un giorno prima o poi (non) vedrò. Allo stesso modo i politicanti appaino dappertutto, sono sempre sulla notizia, hanno un’opinione su qualsiasi questione, dalla sicurezza negli stadi al futuro della soppressata irpina ai tempi della globalizzazione, così come si moltiplicano i salotti di confronto, analisi e dibattito sulle grandi questioni del paese ma continuiamo a vivere e a sentire un ineluttabile senso di stagnazione e immobilità. Zizek chiama questo “falsa attività … nella quale siamo costantemente attivi per sincerarci che nulla effettivamente cambi “e dove” il primo passo davvero critico da fare è ritirarsi nella passività e rifiutarsi di partecipare”; creare un spazio dove realmente si possano creare i presupposti per un cambiamento.
Questo spostamento nell’altro delle nostre emozioni più profonde (come ad esempio il lutto) o delle nostre credenze portò Lacan coniare il concetto di “soggetto supposto sapere” (qualcuno che sa già la verità ma che deve solo trovare il percorso per farla emergere; un po’ come il metodo di indagine del tenente Colombo); in analisi ” questa strana trasposizione sulla figura dell’analista di quanto già conosco nel mio inconscio è alla base del fenomeno del transfert..posso giungere al significato inconscio dei miei sintomi solo se presuppongo che l’analista conosca già il loro significato”.
Questo un esempio di come leggere con Lacan riconsegni alla psicanalisi la sua funzione di strumento di ricerca della realtà umana che sia la parola detta nello studio di analisi o che sia lo spot, il film, le dichiarazioni politiche, i cartelloni pubblicitari, la pioggia incessante di informazioni che caratterizzano la post modernità anche se le direttrici che aveva individuato Freud ormai sembra si siano si modificate.
Nell’introduzione Mauro Carbone illustra con precisione il pervertimento subito dal Super io e dal grande Altro. Dopo la morte di Dio annunciata da Nietzsche e il declino di tutti i valori morali, etici, religiosi l’uomo si trova nell’apparente posizione in cui tutto è lecito, la sua libertà è senza limiti. Posizione ingannevole perché senza un orientamento tra il Bene e il Male si vaga in un infinito nulla dove scompare la possibilità di scelta e la responsabilità personale. In questo contesto il Super io e il grande Altro (la regola non scritta che governa la società) diventano la sede di ingiunzioni al godimento, all’eccesso, al consumo edonistico e non più alla moderazione, alla temperanza, al controllo. Dinanzi alla responsabilità della morte di Dio la sua esistenza viene rimossa “la vera formula dell’ateismo non è Dio è morto..la vera formula dell’ateismo è Dio è inconscio”.
Proprio nell’inconscio possiamo ritrovare quegli ammonimenti, quelle regole attraverso le quali operare una scelta che presentifichi granelli di soggettività nell’incessante ingiunzione superegoica al godimento. Questo il compito della psicanalisi. L’ascolto dell’inconscio che per sua stessa natura nel momento in cui svela, nasconde, che si muove carsicamente per apparire e subito scomparire, che si mostra nell’inciampo, nel lapsus, nell’imprevisto, nell’intoppo.