Live and Let die. Parere della Dr.ssa Chiara Morandi

Death on Facebook: il lutto perpetuo dei social network.

Piergiorgio Degli Esposti

Riflessioni

Chiara Morandi

Vita e morte, una sequenza logica nel percorso biologico dell’uomo.

Una sequenza cioè che, se vuole stare nell’ambito della “verità”, deve seguire le leggi della logica, quindi il principio di non contraddizione e il principio del terzo escluso:

1. se io dico che una persona è viva –  non posso dire che la stessa persona è morta

2. inoltre non posso dire che non è ne viva né morta

(previo affermare il falso)

Ora, sembra che nell’attuale postmodernità, dominata possiamo dirlo dalla tecnologia mediatica, la sfida più radicale sia proprio rivolta alla nozione classica di verità e alla possibilità che la legge di non contraddizione venga violata, ossia “si da il caso che “p” sia vera e sia anche vera “non p”.  Assistiamo cioè alla contraddizione per cui due proposizioni, di cui una è la negazione dell’altra, sono, o almeno sembrano, entrambe vere: “un uomo è vivo e morto”.

Questo entrare nel campo dell’assurdo, dell’inconcepibile o se vogliamo dell’infinità (al di fuori di questa esperienza umana che ha un inizio e una fine, esiste solo l’infinito inteso come non-limite), è ben conosciuto dal nostro vissuto interno emozionale perché, pur riconoscendo con la coscienza reale che una persona cara ad esempio è morta, ci troviamo a pensarla viva nel nostro ricordo e nella nostra immaginazione, basta solo cambiare registro.

Quello a cui assistiamo “nei social network, particolarmente in Facebook, cioè il costante aumento dei profili dei defunti”, come dice P.Degli Esposti, ci fa entrare, io credo, nel campo del paradosso, e comunque in una prospettiva antirealista.

I paradossi  sono violazioni oggettive della  legge di non contraddizione, spesso indipendenti dalla volontà di chi parla o pensa, e per quanto problematici sembra non siano del tutto insensati, la prospettiva antirealista ci apre le porte all’illogico.

Il Web è il regno dell’illogico.

Possiamo dire che è caratterizzato da un almeno parziale sconvolgimento dell’ordine pensante, con la scomparsa, nel nostro esempio, dei parametri sequenziali di “prima” e “dopo” che possono essere collocati in una contemporaneità di tempo.

Si passa da una dimensione diacronica, storicizzata, che tiene conto dell’evoluzione e del succedere temporale ad una dimensione sincronica, simmetrica, che tiene in minor conto i significati e le cause degli avvenimenti e bada maggiormente al loro rapporto di scambio reciproco.

Possiamo inoltre dire, in queste osservazioni penso alle intuizioni di Matte Blanco sull’inconscio, che anche il mondo del Web procede attraverso un annullamento delle differenze, una sorta di simmetrizzazione, mentre il pensiero reale (o l’attività della coscienza) procede attraverso l’identificazione di distinzioni.

Se noi dunque operiamo distinzioni e discriminazioni, più o meno leggitime, fra vivi e morti,  nel Web tutto tende a fondersi e ad unirsi.

Potremmo anche dire che anche qui si attua un passaggio dall’elemento individuale alla classe di appartenenza: se l’individuo “A” è morto nel regno degli individui reali, “A” è vivo nella classe degli individui di Facebook. Un salto logico attraverso il quale l’individuo, limitato nello spazio e nel tempo, viene riassorbito (o annullato, questa è la domanda che ci poniamo), nell’infinito della classe.

Da un punto di vista più strettamente ontologico (oltre che psicoanalitico), il principio aristotelico di non contraddizione è una necessità psicobiologica di distinguere (pensiamo alla nascita dei meccanismi di scissione e proiezione di M.Klein) ciò che l’emozione infinita (Matte Blanco) tenderebbe a sentire come “uno” e “con-fuso” e quindi come minaccia per la sopravvivenza.

Sappiamo anche che, sempre tenendo come riferimento M. Klein, sarà la posizione depressiva a consentire, utilizzando i maturati processi di “finitizzazione” dell’esperienza, l’avvio dell’elaborazione del lutto che funzionerà da stimolo per i processi di integrazione del pensiero.

Ma, il desiderio di affermazione e di “esistenza” nel mondo odierno sembra altrettanto incompatibile con ogni forma di “finitezza” e di limite.

Se è vero che la nostra specie animale, come dice Habermas, non esiste se non perché può raccontarsi: “ognuno di noi è ciò che è solamente perché narra una storia su se stesso,…. non importa che sia vera o falsa, l’importanza è che soddisfi la necessità di raccontarsi”,  e se è vero che l’aumento di sintomatologie come attacco di panico, anoressia ecc. degli ultimi anni evidenziano il carattere catastrofico dell’esperienza corporea di un corpo finito (Resnik definisce “depressione narcisistica” il lutto e il rimpianto di un corpo idealizzato che garantisce perfezionisticamente il benessere e la sicurezza) è probabile che la “forma” virtuale proprio perché comunque esiste come percezione della presenza (anche di un morto), soddisfi il bisogno di calmare quell’ inquietudine e quell’angoscia relativa al non-essere che ci minaccia.

D’altra parte anche nell’arte (ho in mente alcune opere di Escher) scene realistiche, rispettose delle regole geometriche contengono particolari assolutamente illogici, le componenti realistiche di una scena vengono assemblate in modo irreale.

La realtà presentata simultaneamente, a proposito  di logica o di violazione di logica, assume possiamo dire gli aspetti di una struttura bi-logica come la intende M. Blanco.

Le immagini di Magritte, allo stesso modo, hanno sfidato le regole della ragione.

Ma se questo tipo di arte, che non appaga la nostra coscienza razionale, rende inquiete e desiderose di spiegazioni la nostra sensibilità e la nostra emozione, sarà allo stesso modo capace la nuova tecnologia virtuale di stimolare la nostra ricerca?

Riferimenti Bibliografici

D’Agostini F. “Introduzione alla verità”, Bollati Boringhieri, Torino 2011

Ginzburg A., Lombardi R. (a cura di) “L’emozione come esperienza infinita” Franco Angeli, Milano 2007

Habermas J. “Etica del discorso”” Laterza, Bari 1983

Matte Blanco I. “L’inconscio come insiemi infiniti” Einaudi, Torino 1981

Morandi C. “Psicologia e internet” www.isuri.org

Chiara Santi

Author: Chiara Santi

Share This Post On
You are not authorized to see this part
Please, insert a valid App IDotherwise your plugin won't work.

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *