Essential Killing
Regia: Jerzy Skolimowski
Attori: Vincent Gallo, Emmanuelle Seigner
Sceneggiatura: Jerzy Skolimowski
Paese: Polonia, Norvegia, Ungheria, Irlanda
Anno di uscita : 2010
Genere: drammatico
Durata: 83 minuti
Di Giuseppe Preziosi
Un percorso a vortice. Parte da chiacchiere di opulenta arroganza occidentale a spasso per i deserti dell’Afghanistan; evocano il nemico e il nemico arriva nei panni di un unico colpo che esplode in pezzi i corpi di due impresari e un militare americani. Il vortice continua con tutto ciò che i media mischiati alla fiction ci hanno insegnato della Guerra al Terrore; il colpevole braccato e catturato entra nel tunnel delle chirurgiche strategie di detenzione e tortura, della desoggettivizzazione del prigioniero, dell’ incomunicabilità. E poi l’inciampo, la caduta, il prigioniero riesce a fuggire dalle maglie della massima sicurezza. Vincent Gallo muto, sordo si aggrappa nella caduta nel vortice non più alla lotta del nemico contro nemico ma a quella per la vita stessa; proteggersi dal freddo e cacciare; cercare cosa mangiare e dove poter bere nel quadro di una natura feroce di un’enorme foresta ghiacciata. Ciò che è e ciò è stato restano impigliati in lui in flashback di ricordi familiari, affettivi, culturali e nella capacità di seminare i suoi inseguitori.ma nel percorso del vortice si trova a dover fronteggiare l’impietoso volto di una natura sorda e muta dinanzi alle sue richieste; alla sua fame offre formicai e cortecce, al suo freddo oppone distese di neve e alberi spogli. Sopravvivere è scappare, uccidere, nutrirsi anche provare ad andare oltre le normali facoltà percettive, delirare.
L’attaccamento feroce alla vita arriva a mordere il seno abbondante di una madre che allatta ponendosi sullo stesso piano di un infante. S’ostina la vita a vivere, a perpetuarsi, a proseguire, nel bianco assoluto di un paesaggio ostile, asettico e tagliente. S’ostina la vita a vivere anche quando le vite normali degli altri sembrano comunque faticose, violente, squallide, inutili, destinate a solitudini senza fine. Anche l’incontro pietoso e fortuito di due infelicità accomunate dall’ incomunicabilità non genera niente altro che un attimo di sollievo al continuo procedere di vite senza senso, senza un fine se non esistere.
Tutto il film è incarnato nel corpo e soprattutto nel volto di Vincent Gallo; un randagio senza voce che insiste a vivere, attraversato nello sguardo dal gelo del terrore, l’affanno ad ogni passo, grugniti e lamenti animaleschi. Un fascio di nervi tesi concentrato solo a sopravvivere sapendo già di non aver via di fuga. Come un cavaliere dell’apocalisse attraversa lo schermo verso la sua ultima cavalcata, a sporcare di sangue l’ottuso bianco di una ostinazione idiota alla vita.