I ragazzi stanno bene
I ragazzi stanno bene
REGIA: Lisa Cholodenko SCENEGGIATURA: Lisa Cholodenko, Stuart Blumberg ATTORI: Julianne Moore, Annette Bening, Mark Ruffalo, Mia Wasikowska, Josh Hutcherson, Kunal Sharma, Eddie Hassell, Zosia Mamet, Yaya DaCosta, Joaquin Garrido, Rebecca Lawrence, Lisa Eisner, Eric Eisner FOTOGRAFIA: Igor Jadue-Lillo MONTAGGIO: Jeffrey M. Werner PRODUZIONE: Plum Pictures DISTRIBUZIONE: Lucky Red PAESE: Francia, USA 2010 GENERE: Commedia DURATA: 104 Min FORMATO: Colore D-Cinema/ 35 mm, 1:1.85
di Manuela Materdomini
Il cinema è specchio del tempo. Ne converranno gli amatori così come i più sofisticati esperti in materia: è lapalissiano. I ragazzi stanno bene (titolo originale The kids are all right) ne è l’ennesima dimostrazione, ahinoi poveri italiani. All’uscita della sala, inebriata dall’atmosfera di cui è tinta questa storia che ha il sapore magico delle commedie shakespeariane, non posso fare a meno di domandarmi: ma quando lo faranno in Italia un film così?
Nic (Annette Bening) e Jules (Julianne Moore) sono sposate. Una è un medico brillante, l’altra è una neo architetta di giardini in cerca di clienti. Tutto scorre come in una “perfetta famiglia lesbica” (citazione del film) fino al giorno in cui la loro figlia Joni (Mia Wasikowska) compie diciotto anni e, spinta dal fratello (Josh Hutcherson), accetta di telefonare alla banca del seme per chiedere di conoscere il donatore. Capita allora che Paul (Mark Ruffalo), un affascinante scapolo sulla quarantina che sprigiona sensualità da tutti i pori, irrompe nelle loro vite, entusiasta di conoscere le persone nate dal suo seme e con un giardino a carico da ristrutturare. Conquista i ragazzi e si propone a Jules come suo primo cliente. Le trame delle storie dei personaggi si intrecciano e danno vita ad un disegno nuovo che però è fatto della materia dei sogni. Accattivante il dialogo tra Jules e Paul tra i cespugli selvatici e i fili d’erba cresciuti incolti: “Non cerchiamo di addomesticare questo posto, lasciamo che sia lussureggiante…fecondo…” – “Adoro quella parola, è che la gente non la usa spesso. Più ce n’è meglio è…mi piace…forte…facciamolo”. E’ questo un esempio di quanto sapientemente gli sceneggiatori abbiano saputo trovare escamotage stilistici e narrativi per raccontare qualcosa che sta per qualcos’altro. Parlando del giardino Jules e Paul parlano in realtà di qualcosa che sta accadendo nello loro vite. I due sono attratti terribilmente l’uno dall’altra e, come se non bastasse, Jules si sente trascurata da sua moglie e rivede sul viso di Paul le espressioni dei suoi figli. Lui la incoraggia nel suo nuovo lavoro, contagia la vita dei ragazzi con le sue abitudini ed entrando in contatto con questa famiglia scopre di desiderarne una tutta sua, prima che sia troppo tardi. Come un’onda, le novità rischiano di travolgere ciò che è stato costruito prima, ridisegnando lo scenario di un’altra vita possibile. D’un tratto, però, l’incantesimo si rompe. Il tradimento viene scoperto, Paul perde la sua aura di fascino e si rivela un essere umano con le proprie debolezze, di cui la più grande dev’essere stata quella di illudersi per un momento di potersi prendere Jules ed i figli e di avere una famiglia tutta sua. La coppia si ritrova a fare i conti con una crisi profonda che rimescolerà in parte le carte in tavola e che lascerà qualche livido, ma che aprirà lo spazio per una riflessione sull’essere coppia e genitori dopo vent’anni di vita insieme.
Quando lo faranno dunque in Italia un film così? Scorro nella mente titoli italiani che parlano di omosessualità: vado indietro di trentaquattro anni e trovo Una giornata particolare (E. Scola, 1977): sofisticato, poetico, ma cerco una pellicola più recente. Mi imbatto allora nei film di Ozpetek e anche in Il più bel giorno della mia vita (C. Comencini, 2002), in Diverso da chi? (U. Carteni, 2008), in Viola di mare (D. Maiorca, 2009) e di nuovo mi chiedo: sarebbe stato prodotto in Italia, paese notoriamente arretrato in fatto di diritti di coppia ed inseminazione artificiale, un film su una coppia gay sposata con figli? Il solo pensarlo mi sembra un’eresia. E, ammettiamo che il potenziale ideatore di una storia del genere trovasse i soldi da solo per realizzare il suo film, riuscirebbe poi ad inserirlo nei circuiti cinematografici? Mi dico che forse sì, ci riuscirebbe, a condizione di presentarlo come un film di fantascienza.