Please, insert a valid App IDotherwise your plugin won't work.
2 Comments
céline menghi
29 settembre 2010
Ho appena letto, nell'”Osservatorio…” una serie di banalità e imprecisioni su che cosa sia una psicoterapia, sulla morte di Freud, ma l’intervista a Moni Ovadia è un balsamo per una analista che crede nell’inconscio, e nel dispositivo analitico, come esperienza verso la singolarità,verso l’assunzione del proprio destino,verso la messa in moto del desiderio. Le parole di Ovadia sull’ascolto sono preziose oggi. Tutti ascoltano, ma come ascoltano? Ascoltano male, ascoltano attraverso il paravento dei propri fantasmi e dei pregiudizi personali. Non si può fare gastronomia dell’inconscio, dice Ovadia. No, non si può. L’inconscio è un testo pieno di buchi, di bianchi, che si ascolta, si ascolta leggendolo, come un testo,diceva Jacques Lacan, come il testo di una poesia. Non si riempie immediatamente di senso una poesia colmandone i bianchi e i buchi con il proprio condimento, ma ci si lascia condurre da questi stessi bianchi e buchi perché aprano ad altro. Così è nell’esperienza di un’analisi, il cui fine è quello di aprire alla singolarità, al’unicità dell’essere parlante che è, dice Ovadia, uno “spostato consapevole”. Questa espressione evoca l’esilio in cui l’essere umano si trova dal momento stesso in cui entra nel linguaggio e incontra una perdita fondamentale, una perdita che lo separa per sempre dall’illusione dell’unità, del tutto e fa di lui uno straniero a se stesso, un emigrante per struttura. Stimolata da questa intervista, mi tornano alla mente le straordinarie pagine di Andrea Zanzotto,di una lucidità lancinante, sul rapporto tra la psicoanalisi e la poesia, tra la psicoanalisi e la lingua (A. Zanzotto, “Prospezioni e consuntivi”).
Grazie
ho ascoltato con attenzione il video sulla riflessione di Moni Ovadia. grazie, è più che interessante. e’ una meditazione su se stessi e un invito a privilegiare la conoscenza di sè come la ricchezza più grande. il futuro. condivido le considerazioni sul metodo analitico e chiudo il mio commento, per non cadere nella tentazione di ripetere il già detto da lui in modo sintetico e incisivo.
L’Osservatorio Psicologia nei Media nasce dall'esigenza di presidiare l'informazione e la comunicazione mediatica in ambito psicologico, monitorando la qualità e la correttezza della stessa in ordine a tutti i media coinvolti: Televisione, Radio, Stampa, Internet, Editoria, Cinema, Pubblicità.
29 settembre 2010
Ho appena letto, nell'”Osservatorio…” una serie di banalità e imprecisioni su che cosa sia una psicoterapia, sulla morte di Freud, ma l’intervista a Moni Ovadia è un balsamo per una analista che crede nell’inconscio, e nel dispositivo analitico, come esperienza verso la singolarità,verso l’assunzione del proprio destino,verso la messa in moto del desiderio. Le parole di Ovadia sull’ascolto sono preziose oggi. Tutti ascoltano, ma come ascoltano? Ascoltano male, ascoltano attraverso il paravento dei propri fantasmi e dei pregiudizi personali. Non si può fare gastronomia dell’inconscio, dice Ovadia. No, non si può. L’inconscio è un testo pieno di buchi, di bianchi, che si ascolta, si ascolta leggendolo, come un testo,diceva Jacques Lacan, come il testo di una poesia. Non si riempie immediatamente di senso una poesia colmandone i bianchi e i buchi con il proprio condimento, ma ci si lascia condurre da questi stessi bianchi e buchi perché aprano ad altro. Così è nell’esperienza di un’analisi, il cui fine è quello di aprire alla singolarità, al’unicità dell’essere parlante che è, dice Ovadia, uno “spostato consapevole”. Questa espressione evoca l’esilio in cui l’essere umano si trova dal momento stesso in cui entra nel linguaggio e incontra una perdita fondamentale, una perdita che lo separa per sempre dall’illusione dell’unità, del tutto e fa di lui uno straniero a se stesso, un emigrante per struttura. Stimolata da questa intervista, mi tornano alla mente le straordinarie pagine di Andrea Zanzotto,di una lucidità lancinante, sul rapporto tra la psicoanalisi e la poesia, tra la psicoanalisi e la lingua (A. Zanzotto, “Prospezioni e consuntivi”).
Grazie
29 settembre 2010
ho ascoltato con attenzione il video sulla riflessione di Moni Ovadia. grazie, è più che interessante. e’ una meditazione su se stessi e un invito a privilegiare la conoscenza di sè come la ricchezza più grande. il futuro. condivido le considerazioni sul metodo analitico e chiudo il mio commento, per non cadere nella tentazione di ripetere il già detto da lui in modo sintetico e incisivo.