L’assessore domanda, OPM risponde: scuola, bambini e netbook.
Lunedì 28 giugno 2010
Istruzione e ricerca
L’assessore all’istruzione di Regione Toscana apre una consultazione sul web
Un netbook ai bambini delle elementari: è giusto?
Il saluto a “ToscanaLab 2010”: due giorni in Gipsoteca sul web 2.0
Stella Targetti, assessore all’Istruzione e vicepresidente di Regione Toscana, apre una consultazione on-line sul rapporto web-infanzia. La decisione è scaturita dopo un intervento di saluto portato dall’assessore a “ToscanaLab 2010”, una due giorni ospitata, a Firenze, nella Gipsoteca dell’Istituto d’Arte di Porta Romana sulle evoluzioni della galassia internet.
Targetti ha raccontato di aver recentemente ricevuto, da una insegnante di scuola elementare toscana, una richiesta per una particolare sperimentazione didattica: fornire un computer portatile, come i piccoli ed economici netbook, a ciascun bambino di una classe primaria, sull’esempio di un progetto analogo in altra Regione che valuta ormai superata l’esperienza, nelle scuole, dei laboratori di informatica.
«Confesso – ha ammesso Stella Targetti – di aver provato un certo disagio considerando ancora troppo piccoli questi bambini per dotarli di un computer. Ma confesso anche di aver subito iniziato una riflessione pensando che forse una persona ancora più giovane di me potrebbe, sullo stesso argomento, avere una percezione culturale già diversa».
L’assessore ha poi precisato di aprire una consultazione on-line sui diversi profili di una questione comunque complessa, in una fase oltretutto molto difficile per le finanze di tutte le scuole. «Mi piacerebbe ricevere opinioni motivate da genitori e insegnanti, pedagogisti e internauti e anche, perché no, dagli stessi bambini». L’indirizzo di posta elettronica a cui inviare queste opinioni su luci e ombre circa l’uso del web per i bambini delle Elementari è: stella.targetti@regione.toscana.it
Parlando a un pubblico di giovani internauti nel contesto della Gipsoteca presso l’Istituto d’Arte di Porta Romana, in mezzo ai calchi in gesso di opere d’arte fra le più famose, Stella Targetti ha anche auspicato che da questa due giorni fiorentina – intitolata “Internet migliora la vita” – possa partire «un cammino concreto verso il superamento, anche in Toscana, del digital divide e per connettere ancora meglio i luoghi delle istituzioni e della politica con il diritto dei cittadini a essere soggetti attivi nella democrazia».
Pubblicato su
http://www.regione.toscana.it/regione/export/RT/sito-RT/Contenuti/s…
DR.SSA SARA GINANNESCHI, OPM
L’Osservatorio vuole rispondere all’Assessore Targetti in maniera costruttiva e completa offrendo quindi il punto di vista di vari professionisti che si occupano di dipendenza, di apprendimento ed anche delle politiche sociali in Italia ed in particolare in Toscana al fine di aiutarla nella sua scelta.
In tal senso vogliamo innanzitutto illustrare quali sono i requisiti fondamentali per l’apprendimento della lettura e della scrittura nei bambini di prima elementare per riflettere quindi insieme sull’influenza che potrebbe avere l’introduzione, in questa delicata fase, del computer.
Le teorie neo-piagetiane
Quando si parla di letto-scrittura, le teorie più accreditate, anche se ormai un po’ “datate” sono certamente quelle che si rifanno agli studi di Piaget e che si basano sui concetti di assimilazione ed accomodamento; i bambini infatti non sarebbero una tabula rasa in prima elementare, ma fin da circa i tre anni di età iniziano a distinguere quelli che sono simboli scritti, da quelli che invece rappresentano semplicemente dei disegni; il testo scritto però non ha valore “sonoro” e questa caratteristica sarà acquisita soltanto con l’apprendimento. Un bambino di 4 anni che prova a scrivere treno, farà un segno grafico lungo..appunto quanto lungo è il treno e non corto come la parola scritta! Oltre quindi ad introdurre nel proprio bagaglio nuove nozioni, è necessario quindi “accomodarle” tra quelle già acquisite, ristrutturandone alcune e dando continuità invece ad altre. L’età in cui si giunge alle diverse fasi è variabile all’interno di un range comunque abbastanza specifico, ma gli stadi sono sempre successivi e le varie tappe obbligate.
L’apprendimento della lettura
L’evoluzione delle modalità di lettura avviene attraverso le fasi di:
- differenziazione tra segni, disegni e numeri;
- attribuzione del criterio di leggibilità;
- anticipazione guidata concettualmente (ricerca di indizi che confermino l’ipotesi- soprattutto la prima lettera);
- maggiore analisi dei tratti grafici;
- decodifica sequenziale lettera per lettera;
- uso di conoscenze ortografiche;
- attenzione crescente agli aspetti semantici del testo;
- sviluppo di strategie di controllo e autoregolazione cognitiva.
Diverse branche di studio hanno cercato di esemplificare queste fasi al fine di offrire il miglior metodo d’insegnamento possibile per facilitare l’apprendimento della letto-scrittura o la correzione di eventuali difficoltà ad esse associate, come la dislessia, la disgrafia e la discalculia.
Gli studi
Purtroppo non esistono molti studi certificati dell’introduzione del computer nell’apprendimento della letto-scrittura nelle prime classi elementari ed i pochi che siamo riusciti a trovare sono certamente progetti pilota ancora in fase esplorativa che si sono peraltro scontrati con la realtà didattica delle scuole italiane, con poche aule informatiche e la difficoltà economica di acquistare un computer per tutti.
Cerchiamo quindi insieme ad i nostri esperti di capire come i netbook potrebbero inserirsi nel panorama didattico, se questa scelta è funzionale allo scopo e/o quali sono le insidie che potrebbero nascondere.
ANNA MARIA CAMPO, Dirigente Scolastico
Come affermato nelle Indicazioni per il Curricolo vigenti la tecnologia si configura come strumento culturale transdisciplinare, introducendo nuove dimensioni e nuove possibilità nella realizzazione, nella comunicazione e nel controllo di ogni tipo di lavoro umano, compreso l’insegnamento/apprendimento di tutte le discipline; il supporto informatico, infatti, facilita diverse rappresentazioni della conoscenza e l’accesso ad ambienti virtuali.
Ne consegue l’opportunità di offrire agli alunni, fin dai primi anni, opportunità di progettazione, costruzione e utilizzazione di oggetti e procedimenti operativi sempre più efficaci e funzionali partendo da materiali e strumenti di lavoro, di facile reperibilità nell’ambito della vita quotidiana, per avviarli alla manualità, al passaggio tra pratica e teoria, all’applicazione di competenze acquisite anche in contesti diversi dall’aula.
Per i motivi suddetti si ritiene che un uso intelligente del netbook nella scuola primaria potrebbe essere stimolante per i bambini e per l’insegnante stessa, anche perché il computer potrebbe, sulla base di un razionale progettazione, essere strumento di coniugazione di due teorie pedagogiche fondamentali sottese all”apprendimento della letto scrittura: la teoria maturativa e quella costruzionista.
Come è noto secondo la teoria maturativa solo il possesso dei prerequisiti consente il raggiungimento di determinati obiettivi che l’insegnante si prefigge; secondo la concezione costruzionista, invece, l’insegnante non deve partire dagli obiettivi e, quindi dall’indagine dei prerequisiti all’obiettivo stesso, ma dal sapere spontaneo dell’alunno per stimolarlo verso successive acquisizioni.
Nell’apprendimento della letto scrittura sarebbe, dunque, importante individuare, ad esempio, innanzitutto il livello di concettualizzazione della scrittura posseduto dall’alunno.
È appena il caso di dire che l’uso del computer deve essere integrato con l’uso di altri strumenti che stimolano in maniera differente la motricità e lo sviluppo cognitivo ed affettivo del bambino.
Mi viene in mente, in proposito, l’affermazione di Mauro Corona che, durante un intervista rilasciata al programma “Alle falde del Kilimangiaro”, ha affermato a proposito dell’uomo contemporaneo e dell’uso delle tecnologie che “Stiamo perdendo le mani”
Al I circolo Didattico di Trapani che accoglie al proprio interno sezioni di scuola dell’infanzia montessoriana, così come esemplificato nell’oggetto didattico qui linkato, il materiale Montessori, noto in tutto il mondo per le potenzialità di stimolazione sensoriale, motoria, ed intellettiva in genere del bambino, viene integrato con l’uso del il mezzo informatico.
È appena il caso di dire che i software citati possono essere sostituiti da software più moderni molti dei quali scaricabili gratuitamente da internet. Si consigli inoltre la consultazione del sito http://3eees.wikispaces.com dove è possibile visionare moltissimi materiali didattici realizzati nell’ambito di un progetto Comenius, grazie all’uso della multimedialità.
DR. ALESSANDRO COUYOUMDJIAN, Ricercatore presso il Dipartimento di Psicologia della Sapienza Università di Roma
Un netbook ai bambini delle elementari: è giusto?
Assolutamente si, ma per garantirne un uso sicuro
Al giorno d’oggi non è raro vedere un bambino di cinque anni che usa il computer per giocare o disegnare. Come non è difficile vedere un bambino di dieci che mantiene rapporti di amicizia tramite e-mail, chat o utilizzando facebook, il social network che conta circa 500 milioni di iscritti di cui 17 italiani. Per inciso è un “gioco da bambini” iscriversi a facebook anche se non si hanno 13 anni, età minima richiesta dal sito.
L’impressione, corroborata dalle statistiche più recenti (Straker, Pollock & Maslen, 2009), che l’uso del computer e di internet sono comuni tra i bambini delle elementari, suggerisce innanzitutto che questo tipo di attività nel bene o nel male non possono essere ignorate da genitori, educatori e ricercatori. Porta, inoltre, a considerare la necessità di insegnare ad usare in modo consapevole e giudizioso questi strumenti, così da salvaguardare la salute psicofisica del bambino. Da un punto di vista psicologico, infatti, computer e internet implicano diversi rischi. Questi ultimi sono innanzitutto connessi all’esposizione a contenuti potenzialmente traumatici, come immagini e video di uccisioni e torture, o materiale pornografico; inoltre, l’interazione con altri utenti, che hanno la possibilità di mantenere l’anonimato o di assumere identità false, può facilitare gli abusi sessuali, le frodi finanziarie e gli atti di bullismo. Infine, l’uso di queste tecnologie può portare a sindromi da dipendenza e quindi crisi di astinenza. Rispetto a quest’ultimo rischio è però da evidenziare che qualsiasi problema di dipendenza non è tanto causato dalla possibilità o meno di mettere in atto certi comportamenti (assumere sostanze psicoattive, giocare d’azzardo, giocare ad un videogioco, ecc.), ma piuttosto da un insieme di fattori di natura psicologica (per approfondimenti si vedano: Couyoumdjian, Baiocco e Del Miglio, 2006; West, 2006). Ciò rende scarsamente efficaci tutti quegli interventi basati esclusivamente sul divieto o l’impossibilità di mettere in atto i comportamenti problematici. Basti pensare che un individuo con una sindrome da dipendenza tende a mostrare più condotte di dipendenza contemporaneamente (poli-dipendenza) o facilmente passa da una condotta problematica ad un’altra (fenomeni di cross-dipendenza). Quindi, nel caso in cui ad un ragazzo dipendente si impedisca solamente di utilizzare il computer probabilmente l’effetto osservato non sarà la remissione della sintomatologia, ma il passaggio a o il rafforzamento di altri comportamenti compulsivi. Una considerazione simile si può fare riguardo alla prevenzione: sono poco utili tutti quei programmi che hanno lo scopo solo di diminuire il comportamento problematico, per esempio evidenziandone le conseguenze negative a lungo termine o sanzionandolo.
Questa analisi sulla diffusione dell’uso dei computer e dei rischi che ne possono derivare porta a evidenziare come sia importante non lasciare che i bambini si avvicinino e usino i computer senza alcuna supervisione e insegnamento. In altre parole, non si può considerare il computer alla stregua di un’attività puramente ludica e del tutto sicura. Se ciò può costituire la base per un generico suggerimento da dare a genitori e tutori, è anche vero che spesso questi ultimi non hanno tutte le competenze necessarie per affrontare al meglio queste problematiche. È auspicabile, quindi, che siano le scuole a insegnare ai bambini ad usare computer e internet sulla base di linee guida condivise a livello nazionale, sviluppate da esperti dei diversi settori coinvolti (pedagogisti, psicologici, informatici, insegnanti, ecc.). Il coinvolgimento della scuola ha senso anche considerando che le tecnologie informatiche da una parte costituiscono oramai degli strumenti fondamentali per la conoscenza, la comunicazione e il lavoro, e dall’altra possono contribuire allo sviluppo cognitivo e sociale del bambino.
DR. FRANCESCO MILANESE, Filosofo
La proposta di fornire a tutti i bambini delle scuole elementari un netbook pone molti e diversi quesiti che vanno affrontati, ciascuno per il proprio ambito, sia sotto il profilo pedagogico, che sotto il profilo giuridico.
Una prima considerazione, tutta legata all’aspetto pedagogico, riguarda il senso profondo dell’introduzione nella scuola di un’informatizzazione della didattica. Non sto parlando della didattica dell’informatica. I prodotti ( sia gli apparecchi che le applicazioni) che oggi sono sul mercato sono congegnati per essere utilizzati da analfabeti dell’elettronica. Ciò che intendo quando parlo dell’informatizzazione della didattica è altra cosa rispetto all’insegnamento dell’uso di strumenti informatici. Nella scuola, pur sapendo che ci sono state tante innovazioni e tante sperimentazioni, il dato strutturale profondo, oserei dire la grammatica essenziale della didattica scolastica, è risalente alla impostazione gentiliana della scuola stessa. Questa impostazione si nutriva del pensiero idealistico e concepiva il mondo come strutturato per gerarchie valoriali, che si tramutavano in gerarchie sociali, a cui corrispondevano gerarchie di saperi, che venivano appresi in modo gerarchizzato in quel sistema scolastico che aveva proprio l’obiettivo di riprodurre le medesime classificazioni. Le scuole erano pensate come una gerarchia dei saperi, chi faceva il liceo classico poteva fare tutto perché aveva la mente aperta a qualsiasi disciplina, e da quel vertice assoluto discendevano le altre scuole che proponevano saperi di minore completezza a seconda di una gerarchia che relegava i saperi pratici alle scuole professionali.
In questo tipo di scuola i saperi venivano appresi secondo uno schema progressivo, con cicli ripetuti che rappresentavano il diverso livello di profondità e completezza appropriato per il grado di istruzione frequentato.
In questo sistema di piramidi sovrapposte, chi era l’eccellente uomo di cultura? L’erudito colui che, avendo studiato molto, era un catalogo vivente dei saperi.
Nella società contemporanea globalizzata, questo non ci serve più! L’elemento fondamentale della cultura, determinante per il successo, non è la quantità, né tanto meno l’autoreferenzialità dei saperi, ma la capacità di connetterli. Non abbiamo bisogno di eruditi, ma di persone capaci stare in connessione con altri e di produrre un valore aggiunto proprio nella capacità originale di determinare le connessioni tra saperi. La ricerca, la creatività, l’innovazione si giocano sulla capacità di di stare in connessione e di mettere in connessione saperi culture persone notizie…. La connessione diventa forse la chiave di reinterpretazione della stessa cittadinanza, basti pensare a come i blogghers stanno modificando il modo di fare informazione e controinformazioe non solo nei regimi dittatoriali. Oggi dunque assistiamo ad uno scollamento, che inizia molto presto nell’evoluzione di un bambino, tra gli strumenti che egli è in grado di utilizzare autonomamente per entrare in contatto con saperi globali ed il paradigma didattico scolastico ancora impostato sull’apprendimento per stratificazioni successive di saperi dati.
Oggi un bambino digitando un tema qualsiasi ha la possibilità di effettuare ricerche approfondite in tempi ridottissimi generando una notevole quantità di informazioni e percorsi di ulteriore ricerca correlati al tema. Il tutto in modo divertente e suggestivo. Questa capacità che i bambini acquisiscono molto presto si sposa con l’enorme quantità di informazioni video che essi hanno già accumulato grazie alla televisione che consente, nel suo migliore uso, di acquisire notizie in tempo reale su ogni angolo del pianeta, su ogni tipo di relazione umana, di linguaggio, di storia. Si tratta di una massa di informazioni cui nessuna generazione è stata in grado di avere accesso prima se non attraverso lo studio degli atlanti, degli abbecedari e dei manuali scolastici. Questi strumenti erano molto spesso l’unico libro di certe famiglie.
La didattica oggi dunque dovrebbe essere capace di seguire un nuovo processo e di informatizzarsi o, per meglio dire, dovrebbe adottare un modello non fondato sull’apprendimento e la ripetizione dei saperi strutturati, ma sulle connessioni dei saperi stessi, sui processi di trasmissione e connessione delle informazioni. A dire il vero Maria Montessori già più di cento anni fa fondando la sua casa dei bambini, aveva intuito che il vero sapere non sta nelle nozioni ma nella capacità di connetterle; non a caso lei era prima che una pedagogista un medico, impegnata proprio nello studio del cervello, meravigliosa macchina cibernetica. Non è un caso che la Montessori non sia riuscita a lavorare in Italia dove è stata anche dimenticata abbastanza in fretta.
Informatizzare la didattica vuol dire dunque una didattica della connessione, della relazione tra nozioni, che concepisce il sapere non come una piramide verticale immota da salire per gradi, ma come un tutto immediatamente disponibile, in una dimensione orizzontale e con una scala potenzialmente infinita di connessioni. Qui il maestro non è colui che valuta chi è adatto a salire il gradino successivo, sulla base delle nozioni acquisite e della sua capacità di ripeterle, non si colloca necessariamente come portatore dell’intero sapere, ma è un esperto della cibernetica ossia della capacità di leggere i flussi delle informazioni e le retroazioni organizzandole in un sapere. Il maestro si colloca come organizzatore del percorso, colui che da strumenti per discernere sulle connessioni corrette e quelle scorrette, colui che offre un senso alla attività di apprendere la quale diventa per il bambino sempre più una ricerca e sempre meno una ripetizione. In tal contesto il libro di testo è un oggetto non solo superato ma del tutto inutile. Esso rappresenta un sapere strutturato che non può essere conosciuto se non passando da un capitolo all’altro secondo lo schema delle stratificazioni successive dell’apprendimento. Il libro di testo, soprattutto alle elementari, dovrebbe diventare, con una didattica informatizzata, il libro del mio studio. Uno strumento informatico a disposizione dei bambini che consenta al bambino di lavorare su ipertesti costruendo costantemente il suo percorso di ricerca nei saperi disponibili, attraverso il monitoraggio costante di un adulto maestro, potrebbe diventare a fine percorso un libro, che è la sintesi del lavoro fatto che diviene personale, originale, ricco, e significativo Il libro cioè completa il mio anno scolastico non lo precede, ne è l’esito. In tal modo il libro non perde la sua funzione di depositum dei saperi, ed acquisisce in più la funzione di testimone del mio percorso: diventa davvero il mio libro!. Questo libro si potrebbe conservare davvero perché servirebbe alla memoria di ciascuno come una nostalgia. Già oggi il libro è residuale rispetto alla quantità di lavoro didattico che alle elementari si fa attraverso le schede che riempiono cartolari e quaderni di zaino sempre più pesanti.
In conclusione se fornire un netbook ad ogni alunno significasse consentirgli di vivere una didattica informatizzata con l’uso massiccio dell’ipertestualità, che abolisse i libri di testo e che lo aiutasse a coniugare l’apprendimento alla ricerca, la nozione alla connessione, allora forse potrebbe valer la pena. Se si tratta invece di dare ai ragazzi un oggetto il cui uso si limita ad una alfabetizzazione informatica delle giovani generazioni, limitata a qualche ora la settimana, ma non praticata nel resto della vita scolastica, allora questa proposta ha il solo significato di favorire con i soldi pubblici il settore della vendita di prodotti elettronici. E’ una legittima scelta di politica economica e sostegno del mercato, non ha alcun significato nella vita della scuola.
Veniamo ora ad analizzare le criticità maggiori.
La proposta di fatto mette in mano a dei bambini uno strumento di connessione con il mondo il che ha già di per se alcuni elementi di pericolosità. Elementi che sono propri del mondo, ed elementi che sono propri dello strumento. Nel mondo, ciascuno di noi ne ha fatto esperienza,ci può essere l’incontro con il male e il bene e questo potrebbe essere positivo per la crescita della persona se esiste un adulto capace di offrire elementi di discrimine sul bene e il male che i bambini incontrano. La differenza che si nota oggi è che lo strumento elettronico ed informatico ha potenziato all’infinito la concentrazione di male e bene con cui un bambino può impattare attraverso il suo computer. Questo comporta la la necessità che la guida sia costante, prudente ed autorevole. Una guida scolastica potrebbe esserlo solo recuperando un forte patto con i genitori, cosa che oggi è tra le più difficili sfide che al scuola sta vivendo. Non mi addentro nella questione però, perchè vorrei invece analizzare alcuni elementi di pericolosità che sono propri dello strumento e che a mio modesto parere non sono a sufficienza analizzati.
Il netbook non differisce se non in potenza dallo smartphone che già molti ragazzi possiedono, e non differisce neppure dagli altri sistemi di connessione mobile o fissa con cui i bambini o i ragazzi sono già da piccoli abituati a dialogare. Cioè sono sistemi di connessione alla rete internet che consentono di avere contemporaneamente accesso ad una casella di posta elettronica, che significa un indirizzo privato, a moltissimi socialnetwork che significa avere un profilo di immagine privato e reti di contatto riservate e personali. Il diritto purtroppo non ha definito nulla intorno a queste dimensioni della vita di relazione ed utilizza perciò per decidere su questioni che riguardano questi aspetti, attraverso il processo analogico applicando norme che riguardano la corrispondenza privata, la tutela dell’immagine e della privacy, nonché la libertà di espressione.
Applicando il principio di riservatezza che regola sovrano sulla corrispondenza privata i giudici hanno già condannato genitori che avevano controllato i messaggini sul cellulare del figlio, o la posta elettronica. Di fatto il principio è corretto, ma è mal applicato, perchè la corrispondenza privata di un bambino di 8 o 9 anni che venga recapitata tramite le poste implica relazioni che al genitore sono note, ad esempio un parente, ovvero la risposta ad una lettera che il bimo stesso ha scritto. Inoltre sulla busta c’è scritto il mittente e dunque il genitore può sapere senza violare la privacy o la segretezza della corrispondenza, chi sta scrivendo al figlio. Questo avviene nella normalità ed è riconosciuto al genitore come principio di prudenza. Corrispondente al suo compito di tutelare i suoi figli. Questa normalità, rispetto del contenuto ma monitoraggio della rete di relazioni, viene di fatto impedita dal concetto stesso di casella di posta elettronica privata che implica una opacità completa a chi non sia in possesso delle chiavi di accesso, ovvero alla messaggistica delle chat ovvero agli sms del cellulare del figlio.
Esporre dei bambini così piccoli alla gestione di un diritto così impegnativo come può essere la gestione di una rete di relazioni sociali credo sia una anticipazione di comportamenti in età del tutto inadeguate. Alle scuole elementari tutti hanno avuto amori di penna, e moltissimi hanno usato gli amici per scrivere ai propri amori lettere segretissime, fa parte della crescita. Questione del tutto diversa dalla possibilità di relazioni anche amorose, anche coinvolgenti che oggi la rete permette. Gran parte di queste infatti avvengono, soprattutto nelle chat e nei socialnetwork, con persone il cui incontro è del tutto casuale , la cui identità potrebbe essere incerta. Non entro nel merito dell’aspetto perverso dell’addescatore o dl pedofilo, questione tutt’altro che banale, ma tendenzialmente limitata, voglio invece ragionare sulla enorme spinta che da una esposizione così massiccia al mondo adulto può venire a dei ragazzi verso l’anticipazione di comportamenti e relazioni che riguardano tutto l’aspetto della socialità, dalla moda alle feste, dalle relazioni sessuali, dall’uso di sostanze al fumo all’alcol,… comprendendo in ciò non solo l’istigazione ad anticipare l’approccio a questi mondi, ma anche a vivere tutta una serie di relazioni caratterizzate da cinismo estremo, da uso dell’altro, da valori che sicuramente non potrebbero far parte di una socializzazione regolata da tappe di sviluppo proporzionate alle capacità etiche e morali di discernimento dei ragazzi e delle ragazze.
Un altro elemento molto delicato è il fatto che il cosiddetto mondo virtuale è straordinariamente dotato di memoria: ciò che si è immesso nella rete permane perché replicato all’infinito dai diversi percorsi che una informazione ha potuto fare nelle infinite potenzialità di ricerca e di interazione che ha avuto.
Se c’è un aspetto in cui i ragazzi e le ragazze dovrebbero essere aiutati a riflettere esso riguarda il dato di permanenza del loro profilo sulla rete. La possibilità che tracce della loro immagine riemergano in tempi della loro vita diversi, quando alcune cose dette o fatte possono non più essere condivise. La libertà di espressione del pensiero che tanto viene invocata come essenza della rete, viene paradossalmente negata proprio dalla rete stessa in quanto essa cristallizza le persone in un momento. Di gente che cambia idea ce n’è molta oggi, e molti lo fanno anche per poterci guadagnare, ciò che invece potrebbe essere rischioso è il fatto che cose fatte o dette a quindici anni in rete possano inquinare le possibilità di sviluppo della stessa persona o di ottenere un posto di lavoro o un qualche incarico quando questi ne abbia 30 di anni. Non necessariamente si tratta di una discriminazione, la questione è più sottile, perchè paradossalmente mentre venti anni fa in un colloquio di lavoro non si doveva render conto delle proprie opinioni di quando si aveva 15 anni, che si potevano aver mutato senza sentirsi in colpa, ma come semplice esito di un percorso di maturazione, domani i nostri ragazzi si potremmo trovare nella spiacevole situazione di doveri rinnegare un pezzo del proprio passato, testimoniare di cambiamenti, attestare la propria diversa opinione o comportamento. Una questione che non ha solo a che vedere con il diritto all’espressione, ma che potrebbe avere a che fare con l’accettazione di se stessi. Si tratta di questioni sulle quali non possiamo aspettare di riflettere perché sono già in atto sotto i nostri occhi.
Il diritto in qualche modo è del tutto inadeguato a proteggere i deboli, mentre lo strumento è straordinariamente potente e affascinante. La contraddizione necessita di una risposta. Si può fare come con il nodo gordiano e chi ha il potere decide. Oppure si può ricominciare a tessere una alleanza tra chi a vario titolo ha delle responsabilità educative e cercare di affidare un ruolo di guida esploratore a chi più di altri potrebbe avere i numeri per farcela: cioè i maestri e i genitori. Ascoltando le loro esigenze forse anche le imprese capirebbero meglio che fare, e i giuristi potrebbero concorrer all’innovazione necessaria, per dare ai nostri ragazzi uno strumento capace di prepararli a vivere più sicuri in un mondo complicato.