Gli anni zero 2001-2009. Almanacco del decennio condensato
A cura di Carlo Antonelli
Editore: Isbn Edizioni
Anno: 2009
Prezzo: Euro 19,00
Pagine: 329.
Lo spettacolo non è un insieme di immagini,
ma un rapporto sociale tra persone, mediato da immagini.
G. Debord
Recensione di Giuseppe Preziosi
Gli anni zero è una raccolta di saggi di diversi autori ( Naomi Klein, Enrico Ghezzi, Mike Davis, Slavoj Zizek, Simon Reynolds, Eric Bates, Stefano Benzoni ecc.) che cerca di tracciare un percorso del decennio appena trascorso attraversando luoghi, momenti, argomenti, toni diversi ma tutti legati indissolubilmente tra loro come una immagine vista attraverso un caleidoscopio.
Questa recensione è scritta di pancia, e non potrebbe essere altrimenti. “Gli Anni Zero” si offre come un collage espressionista del decennio 2000- 2010 ( o meglio 2001-2009), beh..in quegli anni mi sono laureato, ho cambiato città, sono andato a vivere da solo, mi sono specializzato, ho visto i concerti e i film più belli della mia vita. Se i novanta sono stati gli anni della mia ” trasgressiva adolescenza”, gli anni zero mi hanno accompagnato a diventare un uomo e a siglare con un nome la mia identità. Come potevo non essere risucchiato da queste pagine?
Un decennio complesso quello appena trascorso e nel rincorrersi delle pagine si fa strada la sensazione di essere un nodo in una rete, riuscire a percepire davvero tutto il valore di questa metafora. Io c’ero, dappertutto, ci sono stato, in ogni descrizione e in ogni argomento attraversato nel libro. Partiamo dall’inizio, o almeno dal tentativo di formalizzarlo.
La morte di Carlo Giuliani a Genova, o l’11 settembre a New York. Io c’ero. Io ero davanti alla televisione nel luglio del 2001 quando serpeggiava la notizia di un morto tra i manifestanti; lì c’erano tanti amici e avevo paura e ancora negli occhi gli assalti della polizia e il bruciore dei lacrimogeni di pochi mesi prima a Napoli. Io c’ero a settembre davanti alla televisione mentre le torri bruciavano, al telefono con la mia ragazza a dire ” è iniziata la Terza Guerra mondiale..” con mio padre che ogni tanto si affacciava dalla cantina a dare un’occhiata ( un po’ come una partita della nazionale).
Quando poi leggo dello Scandivian Village -Retiring in Thainland, Live in Paradise for Pennies on the Dollar, cittadine nate dal nulla per anziani occidentali nei paradisi economici e sessuali dell’ Asia mi ritornano in mente i i romanzi di Michel Houellebecq e tutte le sue riflessioni sull’Occidente e la vita eterna; leggo dell’ultimo testo incompiuto di Wallace e mi ricordo di aver comprato una sua raccolta di racconti anni fa e di non averla mai letta ( l’ho sistemata sul comodino); subisco il fascino della tecnologia anzi del design Apple ma è ancora troppo costoso per me e quindi non mi sono mai preoccupato della salute di Steve Jobs; frequento forum, ho avuto un myspace, ho sentito parlare di Twitter, mi diverto a cambiare continuamente avatar su msn e in modo un po’ snob ho cancellato il mio account su face book perché mi faceva perder tempo. Ho seguito la vittoria di Obama con la coda dell’occhio , “senza farmi troppe illusioni” (come Chomsky). E tutti i link che questo testo apre, vi giuro, li avevo già nella mia cronologia di explorer: calcio globale, attentati terroristici, la cultura gay, l’arte contemporanea, il peer2peer, gli articoli di Zizek…..
” Gli Anni Zero” traccia un diagramma, sicuramente limitato, delle traiettorie di informazioni che ci attraversano in continuazione, milioni di byte e pixel che ci bombardano costantemente; non si traggono informazioni fondamentali sull’economia mondiale, sul futuro del mercato, su musica, mondo dello spettacolo, ma ci si riconosce in questo immaginario che ci innerva, questo schermo dove tutto è spettacolo; immerso così tanto dalle informazioni, incapace di prendere una distanza che non le elaboro in un pensiero. La prepotenza della Cina mi si appiccica addosso così come la faccia di plastica di Michael Jackson . Un discorso che ci contiene tutti; e questa posizione provoca un sottile effetto anestetizzante: sarei pronto a leggere sul giornale di una nuova devastazione ambientale ( dopo Katrina nel 2005 o lo Tsunami in Asia nel 2004) e non stupirmene; solo nell’ultimo anno mi vengono in mente il terremoto a Haiti, in Cile o in Abruzzo. Sarei pronto a sentire per radio che è in arrivo una pandemia: la febbre cavallina, potenzialmente una nuova pestilenza: cambierei stazione. Fermarsi su qualcuno di questi piccoli saggi certo non esaurisce questi macro argomenti ( aggiungiamoci anche il tracollo della borsa del 2008 e le criticabili soluzioni messe in moto dal governo Bush) ma non sembrano più eventi granitici, piovuti dal cielo, ineluttabili. Acquistano una tridimensionalità che li rende affrontabili, si storicizzano e diventano pensiero e parole, non più un flusso polimorfo di informazioni che mi attraversa la mente. Non credo che in questo dieci anni siano successe nel mondo più cose che in altri decenni, è la mole di informazioni a cui siamo sottoposti che è tale che, soffocati, ci rifugiamo in uno stato anestetizzato dove tutto è uguale a tutto, dove ogni cosa succede aldilà della nostra volontà, dove il mondo sta crollando ma io mi alzo lo stesso ogni mattina.