Lourdes

Uscita Cinema: 11/02/2010
Regia: Jessica Hausner
Sceneggiatura: Jessica Hausner
Attori: Sylvie Testud, Léa Seydoux, Bruno Todeschini, Elina Löwensohn
Fotografia: Martin Gschlacht
Montaggio: Karina Ressler
Produzione: Coop 99
Distribuzione: Istituto Luce
Paese: Austria, Francia 2009
Genere: Drammatico
Durata: 96 Min
Formato: Colore 35mm

 

 

di Manuela Materdomini

 

Scorrendo con l’indice i titoli sulla pagina del cinema, capita di scegliere un film non perché l’abbia girato il nostro regista preferito o perché parli di quel romanzo che tanto ci era piaciuto. Capita che il titolo risuoni, inspiegabilmente, in maniera familiare o che l’immagine della locandina catturi la nostra attenzione ed eccoci, in men che non si dica, catapultati nella biglietteria del cinema a chiedere il posto migliore. Capita, poi a volte, di incappare in una sorpresa inaspettata e di borbottare fra i denti: ma questo film non è come lo immaginavo!
Quando sui cartelloni di Roma è comparsa la locandina di Lourdes, l’immagine ritratta della Madonna ha suscitato in me, immediatamente, il ricordo della festa patronale che si celebra ogni estate nella mia città. Il taglio obliquo della fotografia mi faceva pensare al dondolio della Madonna Bruna (protettrice di Matera), che si erge incerta sul carro di cartapesta, poche ore prima dell’assalto. E’ con questo spirito, intriso della sacralità religiosa e della profanità delle feste di paese, che sono andata a vedere Lourdes.
Va da sé, ahimè, che non ho trovato quello che mi aspettavo.
Al di là delle proiezioni personali che titolo e locandina possono dunque suscitare, Lourdes è un film intelligente e capace di mettere in luce i lati più torbidi di ciò che sottostà al fenomeno religioso.  Uscito nelle sale l’11 Febbraio, anniversario della prima apparizione della Madonna a Bernadette, il film inizia con un fermo immagine: l’occhio della telecamera puntato su una sala da pranzo vuota.  Dopo pochi secondi, lo spazio si anima lentamente di malati ed accompagnatori. La permanenza a Lourdes di un nuovo gruppo di pellegrini ha inizio e lo spettatore che non abbia mai visitato il santuario può farsi un’idea delle “attrazioni” del posto. Passeggiate nella grotta, bagni nelle piscine, messe affollate, sacerdoti e suore in ogni angolo della strada, negozietti di souvenirs, la foto ricordo, sempre uguale, con il santuario alle spalle.
La protagonista è una giovane donna sulla carrozzella che ama molto viaggiare: preferirebbe le gite culturali, ma da quando si è ammalata ha trovato nei pellegrinaggi l’unica possibilità di continuare a girare il mondo. Sarà lei a ricevere il miracolo, a riacquistare l’uso delle braccia e delle gambe. E a suscitare l’invidia degli altri pellegrini.
Attraverso pochi personaggi, la regista dà voce ad interrogativi che portano lo spettatore a riflettere intorno al fenomeno di Lourdes e non solo. Perché Dio decide di miracolare una persona piuttosto che un’altra? Perché si ammala una persona piuttosto che un’altra? Quali motivazioni inducono i volontari ad accompagnare i malati al santuario? Qual è il senso della vita che vanno cercando? Esiste un’unicità di ciascun individuo di fronte al prossimo e soprattutto di fronte a Dio? Siamo capaci di occuparci del corpo dei malati senza mortificarlo più di quanto non abbia fatto la malattia?
Il film scorre lento, forse troppo per i non appassionati al tema, ma senza dubbio tale lentezza rispecchia le ore interminabili dell’attesa che il miracolo si compia.

 

Author: Brian

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3 Comments

  1. Ho visto ieri il film e la lentezza, specialmente all’inizio è stata un disturbo, ma alcune osservazioni vorrei farle. Ho pensato al film “A serious man” per quel che mostrava degli atteggiamenti dei religiosi che si possono assimilare nelle risposte alle domande sul dolore e sull’accettazione della sofferenza che la vita dispensa. Ho inoltre visto l’atteggiamento degli accompagnatori oscillante fra la gestione del ruolo di leader e quello di accompagnatore/benefattore: “son qui (per caso?), di solito andavo a sciare”, o “nei momenti liberi racconto barzellette”. Per i primi e i secondi mi è sembrato che la spiritualità fosse lontana. La malattia allontana, ho pensato, e ci si può avvicinare da ruoli stereotipati o da posizioni che si tengono ai margini. Con la protagonista nessun aiutante aveva un rapporto reale, nenache l’uomo che lei ha scelto.Bel film comunque.

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  2. Dopo aver letto la recensione del film, che non ho ancora visto, desidero chiedere quali siano “i lati più torbidi di ciò che sottostà al fenomeno religioso”. Non ho mai pensato che ci fossero “lati torpidi” nè tanto meno “più torbidi” nella religione.

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  3. Gentile Costantina,
    la ringrazio per aver letto il mio pezzo. Il confronto con il lettore rappresenta per me quell’ingrediente fondamentale in assenza del quale scrivere recensioni perderebbe di valore.
    Ma veniamo a noi. Nel testo associo l’aggettivo torbido ai fenomeni religiosi e non alla religione, come invece leggevo nel suo commento. Se le capitasse di vedere il film, probabilmente il dubbio che la mia recensione ha destato in lei si chiarirebbe, almeno in parte. Mi guardo bene dal sostenere che la religione presenta degli aspetti torbidi, perché affermare qualcosa del genere significherebbe animare un dibattito intorno al quale da secoli si interrogano fior di luminari e gente comune, come me.
    Rimango convinta che il fenomeno religioso, presentando di partenza una natura tanto complessa, si faccia inevitabilmente contenitore anche di quegli aspetti meno limpidi, meno consapevoli, più oscuri e inestricabili di cui è fatto l’animo umano. Anche tra i suoi sacerdoti. Credo che su questo non sarebbe difficile convenire, anche solo se si prestasse attenzione ai quotidiani fatti di cronaca che investono e turbano la Santa Sede.
    Cordiali saluti
    Manuela Materdomini

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