Francesco Bruno su Pontifex: l’omosessualità è patologica

SEGNALAZIONE

Gentile redazione dell’OPM, mi sono imbattuto in questo sito e nelle improbabili esternazioni del criminologo Bruno sull’omosessualità. Vi sembra mai possibile che un medico parli in questo modo? Grazie per il vostro prezioso lavoro.

Lettera firmata

TESTO DELL’INTERVISTA A FRANCESCO BRUNO DI PONTIFEX.ROMA.IT

Ha ragione il cardinale Barragan: l’omosessualità é una patologia e gay si diventa, non si nasce. Si tratta di un disturbo che distacca l’uomo dalla norma. La sessualità serve principalmente alla riproduzione

Una intervista del Cardinale messicano Barragan al nostro sito (qui), come del resto era inevitabile, ha destato qualche polemica. Era nel conto e, dunque, pace. Abbiamo voluto sentire, in proposito, la opinione di uno psichiatra di chiara fama, il noto professor Francesco Bruno, volto spesso presente in Tv. Professor Bruno, l’omossessualità, può considerarsi normalità o patologia?: ” il discorso é lungo. Un tempo era senza dubbio vista da tutti come patologia. Poi ,recentemente, prima società americana di psichiatria e dopo la organizzazione mondiale della sanità, la hanno cancellata”. Dunque non é una malattia: ” bisogna vedere in che modo siamo arrivati a questo risultato e le dico che non é una bella cosa. Come del resto si sa, le lobbies omosessuali e non solo quelle, sono potenti e per ottenere quel risultato si sono mobilitate persino con una campagna porta a porta. Ometto altri particolari per evitarmi …

… ed evitarle querele, ma ci siamo intesi”. La sua idea al riguardo?: ” io ero e resto della convinzione che la omosessualità sia una patologia, una anormalità della sessualità e quindi un disturbo”. Disturbo in che senso?: “per disturbo si intende un distacco dalla realtà e non ci piove sul fatto che la sessualità abbia come primo e principale scopo la riproduzione della specie. Ora non é possibile questo evento nell’atto sessuale tra persone del medesimo sesso. Nessuno, tanto meno io, vuole fare delle discriminazioni, ma é così”. Dunque se l’atto sessuale é volto alla procreazione, siamo nella anormalità: ” certamente, ecco il motivo per il quale parlo di patologia. In un certo senso, da un punto di vista definitorio, quello che dice l’organizzazione mondiale della sanità, non é totalmente fuori strada, ma allora il concetto di libera scelta andrebbe a farsi benedire”. Chi decide in sostanza se siamo nel caso concreto nella patologia o nella normalità?: ” il medico, lasciando da parte le decisioni della organizzazione mondiale. Lo stabilisce solo il medico nella sua libera scelta, in scienza e coscienza. Basta con le burocrazie imposte e che tagliano le gambe a quanto il medico può vedere nella sua libertà. Se per assurdo a me dovessero dire che é legittimo fare la iniezione letale ad un moribondo, mi negherei a farla, per il principio della sacralità della vita e per il dovere che ha il medico di curare, evitando ogni accanimento”. Professore, omosessuali si nasce o si diventa?: ” si diventa, spesso per ambienti nei quali si vive, per propria scelta o per tendenza. In parte ci potrebbero essere persone geneticamente predisposte alla omosessualità, ma non é detto, come altre patologie se quel virus, non mi riferisco alla omosessualità per virus, esploda oppure no. Ma omosessuali si diventa, ed il più delle volte, per libera e precisa volontà. In una società che ha perduto ogni valore etico”

PARERE DELLA DR.SSA PAOLA BIONDI

Leggo con sconcerto sul sito Pontifex, di chiara matrice cattolica, un articolo che presenta le idee dello psichiatra Francesco Bruno in merito all’omosessualità.

Vediamole nel dettaglio e cerchiamo di fare chiarezza su quanto affermato.

1) Alla domanda se l’omosessualità può considerarsi normalità o patologia risponde affermando che un tempo era considerata patologia ma che sia la psichiatria che l’OMS l’hanno “cancellata”. Aggiunge però che a questa decisione si è arrivati solo perché le lobbies omosessuali americane hanno fatto una campagna porta a porta.

Ho sempre pensato che la scienza e gli scienziati, gli esperti, gli studiosi non si facessero condizionare così facilmente dall’uomo comune.

E’ vero che gli attivisti gay sono intervenuti durante un meeting APA negli anni ’70 e ’71, ma è anche vero che dal ’72 in poi sono stati gli stessi psichiatri gay ad affrontare scientificamente il problema. Ricordiamo che in quegli anni gli psichiatri omosessuali non potevano dichiarare il loro orientamento sessuale altrimenti nessun istituto psicoanalitico avrebbe loro permesso di formarsi e lavorare (Un esempio ne è il Dr. H. Anonymous).

Negli anni ’72 e ’73 come è consuetudine dell’APA sono state istituite commissioni scientifiche che passassero in rassegna gli studi di sessuologia ritenuti più scientifici e questo portò il Board of Trustees dell’APA a rimuovere l’omosessualità dal DSM-II e a sostituirla con Disturbo dell’Orientamento Sessuale.

Nel 1974 una petizione degli psicoanalisti chiese la revoca della decisione del Board attraverso un referendum tra i soci (quindi la possibilità di modificare quanto scelto prima è stata data a tutti in modo assolutamente democratico).

Il 58% dei 10.000 soci APA votò a favore della decisione del Board.

Nel 1974 quindi la Position State (posizione ufficiale) dell’APA fu:

Dal momento che, l’omosessualità non implica di per sé impedimenti nel giudizio, stabilità, affidabilità, o in generale nelle capacità sociali o professionali, l’APA deplora ogni forma di discriminazione contro l’omosessualità, pubblica e privata, in ogni contesto, sul lavoro, in casa, negli uffici pubblici, e dichiara che in nessun caso gli omosessuali vanno considerati in modo diverso dagli altri per quanto riguarda giudizio, capacità e affidabilità…” Ancora l’APA  sostiene e raccomanda l’abrogazione di tutte le leggi discriminatorie nei riguardi di atti omosessuali compiuti tra adulti consenzienti.

Nel 1980 viene distinta nel DSM-III l’Omosessualità Egodistonica (persistente e marcato disagio riguardo l’orientamento sessuale) e nel 1987 con il DSM-III-R viene cancellata totalmente.

Ad oggi, in attesa del DSM-V, l’unica voce presente è il Disturbo Sessuale NAS.

La normalizzazione culturale dell’omosessualità come conseguenza della decisione APA apre ad alcune domande:

a) Se l’omosessualità non è una malattia, e
b) Se non si accettano alla lettera le proibizioni bibliche contro l’omosessualità, e
c) Se la democrazia contemporanea e laica separa Chiesa e Stato, e
d) Se le persone omosessuali sono cittadini/e adeguati/e e produttivi/e,

Allora, cosa c’è di sbagliato nell’essere omosessuali?

Fonte: [J. Drescher, Convegno Internazionale Omosessualità e Psicoterapie, 7 nov 2009]

Torniamo al dott. Bruno che insiste affermando:

2) “Io ero e resto della convinzione che l’omosessualità sia una patologia, una anormalità della sessualità e quindi un disturbo. Per disturbo si intende un distacco dalla realtà e non ci piove sul fatto che la sessualità abbia come primo e principale scopo la riproduzione della specie. Ora non è possibile questo evento nell’atto sessuale tra persone del medesimo sesso.”

Prendiamo per buono quanto afferma il dott. Bruno. Proviamo a considerare sessualità normale, adeguata, giusta, esente da disturbi solo i rapporti destinati alla procreazione. Dovremmo per obiettività considerare identici ai rapporti omosessuali anche:

  • tutti i rapporti sessuali tra maschio e femmina che non hanno portato alla fecondazione di un ovulo;
  • tutti i rapporti sessuali tra maschio e femmina che sono costituzionalmente sterili quindi impossibilitati a procreare;
  • tutti i rapporti sessuali tra maschio e femmina se per via di una malattia uno dei due (o entrambi) ha perso gli organi riproduttivi;
  • tutti i rapporti sessuali tra maschi e femmina in presenza di malattie neoplastiche che necessitano di cure radio e/o chemioterapiche (in genere viene consigliato di avere rapporti protetti perché le gravidanze potrebbero produrre feti con gravi patologie e anomalie);
  • tutti i rapporti sessuali anali/orali tra maschio e femmina;
  • tutti i rapporti sessuali tra maschio e femmina protetti (e credo siano la maggioranza!);
  • tutti i rapporti sessuali tra maschio e femmina in menopausa/andropausa.

Come sappiamo tutti la sessualità non è esclusiva della procreazione, ma contiene altre componenti come il piacere, l’intimità, l’affettività ed è una componente fisiologica e indispensabile per la vita di ciascuno e rientra tra i bisogni primari individuati da Maslow nel lontano 1954.

Ancora il dott. Bruno alla domanda “Chi decide in sostanza se siamo nel caso concreto della patologia o nella normalità?” afferma

3) “il medico, lasciando da parte le decisioni della organizzazione mondiale. Lo stabilisce solo il medico nella sua libera scelta, in scienza e coscienza. Basta con le burocrazie imposte e che tagliano le gambe a quanto il medico può vedere nella sua libertà. Se per assurdo a me dovessero dire che é legittimo fare la iniezione letale ad un moribondo, mi negherei a farla, per il principio della sacralità della vita e per il dovere che ha il medico di curare, evitando ogni accanimento“.

Analizziamo questa affermazione dalla parte opposta. Lui afferma che ogni medico (e non si parla di psicologi!) deve agire liberamente, in scienza e coscienza. Ma se agisse in scienza dovrebbe tener conto di quanto l’OMS, l’APA e altri organismi scientifici afferma. Quindi se rifiuta di seguire le indicazioni scientifiche resta la scelta in coscienza. Fermo restando questo assunto dovrebbe essere altrettanto possibile che un medico che, in coscienza sente di poter aiutare una persona in stato vegetativo permanente a morire, possa farlo senza incappare in procedimenti legali a suo carico. O no?

Sulla tanto controversa questione se omosessuali si nasce o si diventa afferma:
4) “si diventa, spesso per ambienti nei quali si vive, per propria scelta o per tendenza. In parte ci potrebbero essere persone geneticamente predisposte alla omosessualità, ma non é detto, come altre patologie se quel virus, non mi riferisco alla omosessualità per virus, esploda oppure no. Ma omosessuali si diventa, ed il più delle volte, per libera e precisa volontà. In una società che ha perduto ogni valore etico“.

Il dott. Qazi Rahman, professione di Biologia Cognitiva presso la Queen Mary University di Londra è di parere contrario. Afferma che quasi tutti gli scienziati sono concordi nel dire che l’omosessualità possiede semplicemente cause naturali e che l’orientamento sessuale non è una scelta. La scelta si riduce a eterosessualità o omosessualità, anche se esiste una piccola variazione che permette di non escludere il comportamento bisessuale. Le cause per un diverso orientamento sessuale fanno capo a due aree: la variazione dei geni e da “fattori non condivisi” come ad es. gli ormoni. Entrambi sono fattori biologici.
Il Karolinska Institute ha dimostrato che uomini eterosessuali e donne lesbiche mostrano un’asimmetria nella parte destra degli emisferi cerebrali, al contrari di donne eterosessuali e uomini gay (più simmetrici). Questa differenza sarebbe localizzata nell’amigdala, la parte del nostro cervello responsabile per l’orientamento in risposte agli stimoli emozionali.

Siamo molto lontani dal trovare il “gene gay” il cui primi studi risalgono a Dean Hamer nel 1993. La cui scoperta taciterebbe le coscienze moraliste e religiose, ma forse non eliminerebbe discriminazioni e omofobia nella società.

Io penso che l’unica scelta che una persona omosessuale può fare è di vivere serenamente la sua identità o di nascondersi per tutta la vita, scegliendo spesso una vita eterosessuale che non gli appartiene per accontentare le richieste sociali alle cui pressioni è sottoposto quotidianamente.

Dr.ssa Paola Biondi

COMMENTO REDAZIONALE

Chissà cosa avrò … sì ce lo chiediamo anche noi. A proposito di Ipocondria

Sottoscriviamo il parere della Dr.ssa Paola Biondi e aggiungiamo alcune nostre considerazioni.

Nelle affermazioni del Dr. Bruno è molto difficile riconoscere dove si situi il parere medico e scientifico e dove si situino invece le posizioni religiose, e la sensazione che i due piani si confondano con l’esito di schiacciare il piano scientifico sotto la credenza religiosa e dottrinale è davvero forte. L’effetto che tale schiacciamento procura è quello di una manipolazione della comunicazione dove il giudizio del medico-psichiatra e giudizio del moralista-religioso sembrano convergere in un’unica bizzarra saldatura.

Ciò si evince laddove il Dr. Bruno fa riferimento a concetti quali “natura umana”, “normalità”, “distacco dalla realtà”, utilizzati per argomentare circa l’anormalità dell’omosessuale.

In effetti apparirebbe che il Dr. Bruno utilizzi nel suo argomentare il riferimento ad una antropologia trascendente, che a sua volta fa riferimento a supposte invarianti della natura umana (per approfondire), assunte per fede, laddove si riferisce all’orientamento sessuale, alla natura e al senso ultimo della sessualità nella nostra specie (che esisterebbe solo al fine della procreazione).
Questa posizione entra fatalmente in conflitto con il metodo e il procedere scientifico in quanto presupposti indimostrabili (e in questo caso pregiudicanti l’analisi scientifica dello specifico oggetto) non possono fondare una prassi scientificamente attendibile.

Ma al di là delle legittime e personali idiosincrasie del Dr. Bruno in merito all’omosessualità e finanche al di là delle sue personali e legittime intolleranze religiosamente fondate, e archiviate come irricevibili le sue posizioni scientifiche (almeno in questo specifico caso), il passaggio dell’intervista che ci appare ancora più grave è quello dove gli viene chiesto “Chi decide in sostanza se siamo nel caso concreto nella patologia o nella normalità?” e Bruno risponde: “il medico, lasciando da parte le decisioni della organizzazione mondiale [OMS, ndr]. Lo stabilisce solo il medico nella sua libera scelta, in scienza e coscienza”.

Qui assistiamo alla stravaganza per la quale, ad intendere bene le parole del Dr. Bruno, sembrerebbe l’arbitrio del singolo medico e della sua posizione religiosa e non la sua formazione scientifica a fondare la sua prassi professionale e a certificare come patologico o meno l’omosessualità.
Da quanto emerge, ogni singolo medico deciderebbe la natura patologica dell’omosessualità non attingendo alla sua conoscenza scientifica e a quella della comunità scientifica internazionale (che anzi, a sentir Bruno, va accantonata), ma in base alle sue posizioni religiose o politiche che ne informerebbero le prassi. Una fusione questa che creerebbe il precedente di una figura mista religioso-medica la cui attendibilità lascia molti dubbi e inquietudini.

Il medico si troverebbe dunque a decidere della patologia del suo paziente secondo presupposti personali e ideologici. Lasciamo immaginare le conseguenze di tale arbitrarietà in tutte le sue possibili varianti: una legittimazione di fatto del possibile pregiudizio personale avallato dal potere di esercitare la professione medica, quasi come se la laurea e l’abilitazione alla professione medica corrispondesse ipso facto ad una sorta di licenza etica di certificazione, validazione/invalidazione dell’essere umano e delle sue coordinate. Una saldatura tra professione medica e posizione religiosa che ci appare in questo caso francamente pericolosa.

Sarà anche per questo che l’Arcigay, venuta a conoscenza di queste affermazioni, ha proceduto ad un esposto presso l’Ordine dei Medici (vedi qui) in quanto, forse come a noi, è sembrato evincersi qui la possibilità che l’utenza medica incappi nel pregiudizio religioso del medico.

Chiara Santi

Author: Chiara Santi

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25 Comments

  1. Grazie per i Vostri ottimi commenti!
    I signori clerici e Bruno non sanno lontanamente cosa sia veramente la sessualità. Ecco qui sotto un mio breve saggio:

    La Filosofia della Pansessualita’
    di Peter Boom

    La Teoria della Pansessualità (comprendente tutte le tendenze sessuali dell’uomo, siano esse occasionali o permanenti) è basata sull’osservazione dei fenomeni naturali ed è un argomento di ricerca riconosciuto dalla sessuologia mondiale.
    La Teoria si propone di far superare i correnti “pregiudizi” spesso causa di disordine, emarginazione ed esclusione nella società contemporanea.
    Chiunque può esser nato con specifiche tendenze sessuali o può svilupparle successivamente e, se non dannose socialmente, non dovrebbe reprimerle.
    La nostra sessualità, come i nostri sentimenti, può risvegliarsi in una scala di intensità e modi verso persone di qualsiasi sesso, età ed aspetto, vive, morte o immaginarie, verso animali, cose e verso noi stessi.
    Laddove il sesso viene considerato “peccaminoso” possono crearsi conflitti interni, esterni e fobie.
    Considerato che tutti gli stimoli vengono dalla natura, ed essendo noi parte di essa, non siamo in grado di eluderli. Se una certa tendenza sessuale emerge, sicuramente le risultanti necessità e risposte sono anch’esse naturali e parte di un processo subconscio.
    La storia e l’antropologia raccontano l’infinita variabilità del comportamento sessuale: la libertà di vivere il pansessualismo può certamente sciogliere alcune nevrosi, inutili sensi di colpa e di vergogna. Sarebbe sufficiente accettare la nostra ed altrui sessualità con maggiore apertura mentale per placare l’ansia causata dal credere di aver commesso un “peccato”.
    In effetti la Teoria della Pansessualità aiuta a comprendere le numerose vie sessuali presenti o latenti in noi per accettarle e viverle con intelligenza, responsabilità e gioiosa naturalezza.
    http://www.pansexuality.it

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  2. Finalmente un po’ di chiarezza!
    Mi auguro che il Sig. Bruno sia sanzionato per le sue posizioni in maniera inequivocabile.

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  3. Mi chiedo perchè quando un uomo (o anche un medico, o psichiatra ecc.) si permette di esprimere un parere su una questione importante debba sempre essere attaccato (dall’arcigay, ed in questo caso anche dall’osservatorio psicologia nei media)…se accettiamo di ascoltare le opinioni di chi non ritiene che l’omosessualità sia una malattia, non pensiate sia giusto dar voce, sentire il parere anche di chi la pensa diversamente? o dobbiamo chiudere la bocca a chiunque la pensa diversamente?

    per quanto riguarda il commento della dottoressa Paola Biondi…non si cancella una malattia, un disturbo, un disagio con una semplice votazione…

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    • @Pier, Caro Pier, credo che come medici, psicologi, psichiatri e psicoterapeuti siamo chiamati alla responsabilità nell’esercizio della nostra professione. Certo che è legittimo ascoltare le opinioni di chiunque, ma credo sia molto importante rispondere in modo chiaro a certe prese di posizione quando vanno contro la comunità scientifica e quindi nell’interesse delle persone che si rivolgono a noi, sia che esse siano eterosessuali o omosessuali. Condivido pienamente il contributo della Dott.ssa Bionda. Nel tuo commento metti sullo stesso piano malattia, disturbo e disagio… ma sono concetti molto diversi! Ci sono persone omosessuali che vivono un disagio, certo, perché non si accettano ma non sono malate per tanto è scientificamente insensato, oltre che eticamente scorretto, puntare a guarirle o a promettere loro un cambiamento di orientamento sessuale con la terapia o dare l’idea che questo risultato sarebbe la soluzione ai loro problemi. Chiunque è libero di pensarla diversamente, ma nell’esercizio della sua professione dovrebbe come minimo attenersi alla scienza e alle norme dei codici deontologici che impongono il rispetto per la diversità di orientamento sessuale.

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      • Caro Matteo,

        ci sono omosessuali che vivono la loro omosessualità in modo sereno; ma ci sono anche omosessualità che vivono la loro omosessuailtà con disagio e vorrebbero cambiare (ma viene detto loro che cambiare non è possibile). Noi siamo gli autori/attori del nostro destino, scriviamo la nostra storia, determiniamo il nostro stile di vita, costruiamo la nostra identità; la sessualità è anche una conseguenza del modo in cui noi costruiamo la nostra realtà. Una realtà/identità fonte di sofferenza può essere cambiata.
        Io credo fermamente che cambiare è possibile (il fatto che la scienza non lo abbia ancora dimostrato non vuol dire che non sia possibile; in fin dei conti la scienza non ha neppure mai dimostrato che l’omosesualità è geneticamente determinata) – e quindi gli omosessuali che vivono la loro sessualità con disagio, è giusto che sappiano che cambiare è possibile….sta poi a loro scegliere se intraprendere o meno un certo percorso, ma è giusto che sappiano che è possibile riappropriarsi della propria identità eterosessuale.

        un caro saluto a tutti

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        • @Pier,
          Prima di identificare l’omosessualità come la fonte di un disagio, credo ch eil lavoro di uno psicoterapeuta è quello di contribuire a superare il disagio. Questo superamento lo si ottiene in parte anche cercando di cambiare la dimensione culturale della società, azione grazie alla quale l’omosessualità è sempre meno considerata qualcosa di “sbagliato” ma una delle tante varianti e componenti dell’essere umano.
          Per dare fondatezza alla tua opinione dovresti chiederti se una persona, omosessuale che vive con disagio la sua omosessualita, una volta superato il disagio, può desiderare ancora di cambiare il suo orientamento. In altre parole: le cause del disagio possono essere (e sono) moltissime, è scientificamente scorretto identificarle in una, come se rimuovendo o cambiando una parte di sé tutto poi funzionasse a meraviglia.

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          • Cari signori dell’Osservatorio psicologia nei media, ma non è la società che considera ”sbagliato” l’omosessualità bensì la semplice e palese constatazione della Natura, la quale, a volte modifica, per vari fattori, quelli che sono comportamenti o espressioni normali o utili o convenienti alla sopravvivenza e continuazione della specie…il resto è solo speculazione e strumentalizzazione ideologica.

          • Cara Rosanna,
            abbiamo accettato il suo commento perchè non palesemente contrario alla netiquette dell’Osservatorio, ma ci tengo a precisare che la sua opinione è priva di qualunque fondamento scientifico. L’omosessualità non è un comportamento nè contronatura nè anormale ma, proprio in virtù di una selezione naturale, si manifesta come una possibilità naturale e pertanto porta arricchimento alla propria specie. Le ricordo infatti che l’omosessualità non è tipica del genere umano, ma diffusa nel regno animale.
            Il suo pensiero e la persona che l’ha espresso quindi vengono rispettati, ma certamente è un parere ascientifico, vecchio, superficiale e sinceramente molto irritante data la saccenza e la sicurezza con cui cerca di darle forza.
            Cordialmente
            Sara Ginanneschi

  4. Mi sconforta l’inapproriatezza e l’inconsapevolezza con cui Anormale viene interscambiato con Patologico.

    Mi sconforta la cecità d’innanzi alle molteplici visioni della vita e della morte e ai differenti sistemi di valori che le persone assumono come interpretazione e guida della propria esistenza.

    Mi sconforta la presunzione nell’eleggere come unica ed Assoluta una costruzione della realtà rivendicandone l’attributo di VERA e GIUSTA.

    Certe persone dovrebbero rimuoversi la benda dagli occhi e confrontarsi con culture altre per rendersi conto di come non esista una visione della vita vera, ma di come esistano molteplici costruzioni di realtà, di significati, di valori, di teorie e buone pratiche FUNZIONALI al proprio contesto di vita.

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  5. credo che bisogna riconsiderare Eros non tanto come pertinente alla sessualita’ bensi’in quanto creativita’ energia, salute,meta fisica, prima e dopo un rapporto che puo’ impegnare o non i genitali

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  6. Ritengo che la scelta sessuale rientri nelle libertà decisionali del singolo e come tale vada rispettata.
    Come tutti gli altri comportamenti umani, quando reca danno ad altre persone deve essere sanzionata e, come tutti gli altri orientamenti e comportamenti, quando crea disagio alla persona il disagio va affrontato. Sul come affrontarlo credo che nessun professionista abbia una ricetta prestabilita valida per tutti. Quello dei comportamenti umani è un ambito di studio complesso ancora molto da esplorare, nel quale ci sono poche risposte certe e verità assolute. Quando lo psicoterapeuta si trova ad accogliere una domanda di aiuto per un disagio, a qualsiasi sfera delle attività umane esso faccia riferimento, oltre a pensare a classificare, etichettare ecc. (tutte operazioni indubbiamente rassicuranti) potrebbe più proficuamente concentrarsi sulle strategie da proporre e concordare insieme a quel paziente per superare quel personale disagio. Nel fare questo credo che il moralismo, il dogmatismo religioso e l’opinionismo, al pari dell’adesione acritica a un modello psicoterapeutico e alla cieca fede in una scienza ancora poco esatta, siano di poco aiuto. Questa è, al momento, la mia posizione personale e mi fa piacere seguire un dibattito in cui possono liberamente confrontarsi opinioni diverse.

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  7. @Pier. E’ vero non si cancella una malattia o un disagio con una votazione, ma con studi metodologicamente corretti. Cosa che è avvenuta in passato e ha portato alla cancellazione dell’omosessualità come patologia e sta avvenendo anche oggi.
    Infatti sono gli stessi studi che affermano che non è possibile modificare l’orientamento sessuale ma i comportamenti sessuali e la definizione di sè come omosessuale.
    @Cristina. Mi trova pienamente concorde su quanto lei afferma: è fondamentale l’accoglienza e il rispetto per le persone che chiedono aiuto per un loro disagio. Ma questo non significa permettere ai propri valori, sia religiosi che morali o culturali, di influenzare il rapporto terapeutico.

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  8. La formula “in scienza e coscienza” sta proprio a significare che sempre il clinico effettua una scelta, fa una sintesi, fra quanto può conoscere e apprendere dallo stato dell’arte di una scienza (meglio se fossero più d’una, cioè una cultura in cui si è immersi di cui si è metabolizzato il senso)e il suo universo etico.
    Pensare davvero di poter sopprimere questi poli è come pensare di espellere il soggetto, cosa che è la più grande tentazione del nostro tempo.

    Le varie tappe, riportate dalla dott.ssa Biondi, chiariscono molto bene che vi è stata una battaglia civile, giustissima, tesa a stabilire che l’orientamento sessuale non influenza il funzionamento sociale. Dunque giustissimo dire che un omosessuale può essere a pieno titolo un buon medico, un buon avvocato, un buon insegnante, ecc.
    Questa è una sacrosanta battaglia civile che niente ha a che vedere con il nucleo della questione, e cioè l’indagine su che cosa è la scelta sessuale nell’uomo.
    Direi di più: non so chi di voi sa che fino a cinque anni fa, non di più, era scritto nel regolamento disciplinare del codice deontologico degli psicologi, che chi avesse avuto un ricovero in psichiatria, poteva essere cancellato d’ufficio dall’Albo.
    Io mi sollevai contro questo scandalo (reperto della consuetudine, rimasta fino agl iinizi del ‘900, di sporcare la fedina penale dei malati di mente), e oggi questo non c’è più nel regolamento disciplinare.
    Il problema, ritengo, è analogo alla votazione dell’APA.
    Anche la psicosi più grave,a volte, non impedisce di esercitare perfettamente le proprie capacità professionali o di esprimersi nella vita sociale. Leggete la meravilgiosa memoria, del 1911, scritta dal presidente Schreber, col la quale egli stesso, avvocato di se stesso, convinse un Tribunale (e Basaglia era ben lontano da venire) che se anche egli era convinto di essere la donna di Dio, se anche passava una mezz’oretta al giorno a vestirsi da donna e ad accarezzarsi il petto e i fianchi, scrutando i cambiamenti che piano piano si compivano, questo non gli impediva di essere una persona adeguata, un ottimo magistrato, di disporre dei suoi beni, di vivere in famiglia.
    Nessuno dev’essere discriminato, nella vita sociale, per i suoi comportamenti, per le sue idee politiche e religiose, o per le sue patologie, e infatti la legge impedisce che sui certificati di assenza dal lavoro compaiano le motivazioni. E’ reato, per es. imporre il test HIV in ambito lavorativo. E’ vietato chiedere la patologia specifica del soggetto assunto in base alla legge 68/99.

    Dunque il problema della libertà di scelta nell’orientamento sessuale va inquadrato in questo più ampio quadro di diritti civili, e su questo non ci piove.

    Sul piano però della libertà di ricerca, dal mio punto di vista si confrontano due differenti ideologie: l’ideologia della “natura”, per cui la sessualità è finalizzata alla procreazione (ma quando mai? Anche nel mondo animale esiste la masturbazione, esiste l’omosessualtà); e l’ideologia della sessualità come dato genetico.
    A parte che la genetica è cosa talmente complessa, talmente implicata nel processo di maturazione e di interazione ambientale, che diventa davvero un dogma concretistico, un dio materiale che si contrappone al dio della religione.
    Ma soprattutto, penso che la condizione umana, di parlessere, impedisce di portare avanti questa vecchia opposizione “natura” (che poi sta per cultura) e “determinismo biologico”.

    Quando si parla di “scelta insondabile del soggetto” anche nel caso della struttura psicosi/nevrosi, non si parla di volontà in senso stretto.
    Esiste certamente un momento in cui si “sceglie” un’identificaizone sessuale, ma come risultato di una serie di fattori per lo più inconsci.

    La questione dell’egodistonico, egosintonico, anche qui, non è certo risolutiva: uno può essere un omosessuale egodistonico perché il suo ambiente gli rende la scelta difficilissima, dolorosissima. Ma non si può escludere, penso, a priori, che possano esistere casi in cui l’egodistonia di un sintomo sia invece segnale di un accomodamento patologico, nel senso che genera sofferenza insopportabile, per il soggetto. E’ sempre il soggetto, a guidarci.
    Del resto, non esistono forse perversioni egosintoniche? Qualcuno di voi ha mai visitato un sito “pro ana” o “pro mia”? Lì gruppi di ragazze idolatrano la dea anoressia o la dea bulimia. Se aumentassero e si organizzassero (cosa non del tutto improbabile, data la preponderanza del modello della magrezza estrema, nel mondo della moda, per esempio), non sarebbe possibile che questo modo di vivere e questi valori (i loro “dieci comandamenti”)venissero sdoganati?
    O forse che ogni tipo di perversione (e qui non parlo dell’omosessualità, sia chiaro), non è prevalentemente egosintonica?
    Non è questo che rende così ardua, in questi casi, la presa in cura?

    Penso che non si possa ridurre la questione della scelta del clinico in base al binomio “scienza e coscienza” ad una scappatoia per cui ognuno fa quello che vuole, alla luce del proprio credo politico o religioso. Il giorno che mi obbligassero a ridurre il mio operato a ciò che dicono gli ultimi ritrovati della scienza, io chiuderei il mio studio. Purtroppo siamo molto vicini a questo, per es, nella cura delle psicosi nel servizio pubblico, con l’obbligo che i piani trattamentali siano sottoscritti da uno psichiatra pubblico, altrimenti non vengono rimborsati i farmaci.
    Certo, ognuno deve rispondere alla propria comunità professionale, alla legge, oltre che alla propria coscienza e alla propria scienza (limitata per forza di cose: ognuno di noi è l’effetto dei propri rapporti sociali, di ciò che ha studiato, di ciò che ha capito, di ciò che ha formato la sua coscienza oltre che del suo personale bagaglio di saperi).
    Ma penso sia molto pericoloso pensare che davvero si possa prescindere, nei giudizi e negli atti, dalla propria soggettività: cercare autonomia, cercare una posizione “astinente”, è una cosa, ed è una raccomandazione presente nel codice deontologico, in quegli articoli in cui per es. si parla dei propri limiti, che vanno riconosciuti, ovvero delle difficoltà nel trattamento, e delle possibilità di invio, nella necessità di confrontarsi e approfondire, aggiornarsi, ecc.. Altra cosa è invece credere che la coscienza vada espunta, e che ogni voce fuori dal coro dipenda solo da un deficit di “scienza”, o da un’eccesso di ideologia, o da entrambi i fattori. La coscienza (cioè la soggettività) è certo un punto cieco, un limite. Limite attorno a cui, dal mio punto di vista, ruota ancora, ed ha senso, il dibattito etico- scientifico.

    Anna Barracco

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  9. Ritengo che quando si parla di omosessualità ognuno di noi faccia riferimento in maniera incoercibile al proprio mondo fantasmatico. Tuttavia quella parte che riguarda la socializzazione, l’adattamento, le norme, le regole, trova un confronto spesso, allo stato attuale, doloroso e aspro visto le contrapposte posizioni che si scatenano. Ad ogni modo nessuno puà erigersi a giudice tanto da dichiarare se l’omosessualità sia o meno una malattia. Tanto più che per fare determinate affermazione bisognerebbe anche essere forti di concreti e verificati dati scientifici da portare a supporto delle proprie dichiarazioni. Dunque di quali dati disponiamo per poter affermare che l’omosessualità sia una malattia? Disponiamo di dati “etici”, “morali”? La moralità e l’etica sono frutto della cultura. E se la cultura è omofobica è chiaro che l’omosessualità sia considerata una malattia. Il problema vero sta nel fatto che nella scelta e nell’orientamento sessuale concorrono molti fattori e che l’individuo vada comunque e sempre rispettato, e non tacciato come malato perchè le sue scelte di vita !vanno controcorrente. Potrebbe avvenire che l’omosessualità sia conseguente a determinate esperienze e che non rispecchi la vera natura del soggetto ma è anche vero il contrario. Non esiste una regola definita e definitiva. E’ importante però il rispetto, base indispensabile per ogni rapporto che conduca alla comprensione reale dell’altro,dei suoi bisogni, ove il giudizio perentorio non trovi spazio e lasci la via alla tolleranza reciproca, perchè è comunque di amore che stiamo parlando.

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  10. “La sessualità serve principalmente alla riproduzione” per citare Bruno.

    Allora si potrebbe affermare che la scelta di un comportamento casto, anche se giustificata da convinzioni religiose, sia “contro natura” ?!

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  11. Vittorio Lingiardi è psichiatra e psicoanalista junghiano che ha scritto un libro molto interessante sull’omosessualità: “Compagni d’amore”.
    Vi invito a leggere la recensione di Viviana Savoia sulla “Rivista di psicoanalisi”(XLIII, 3, luglio-settembre 199) allo stesso libro di Lingiardi 7.
    1) L’omosessualità non è costituita da una categoria di persone omogenea per costellazione familiare, né per pensiero, sentimento o comportamento sociale: ognuno ha la sua identità e personalità irripetibili.
    2) Come ha scritto Gide (1924) e confermato il rapporto Kinsey (1948), tra omosessualità esclusiva ed eterosessualità esclusiva esistono tutte le forme intermedie, in cui – in proporzioni diverse – componenti dell’uno e dell’altro orientamento si intrecciano inestricabilmente.
    3) Né la psicologia né la biologia possono da sole chiarire la genesi dell’orientamento sessuale, che, come per la personalità individuale, non può che rifarsi a un modello di tipo bio-psico-sociale, l’unico che può rendere ragione della “complessa mescolanza di natura e cultura” presente in quasi ogni condizione umana.
    4) Poiché non esiste il tipo psicologico dell’omosessuale, la parola omosessualità – come del resto eterosessualità – andrebbe sempre declinata al plurale: sarebbe corretto parlare di diverse forme di omosessualità, di eterosessualità per intenderci.
    5) Un passaggio obbligato nell’analisi di persone omosessuali è rappresentato dalla scoperta ed elaborazione dell’omofobia internalizzata, presente anche in pazienti gay ben adattati e socialmente integrati, e responsabile di un’autostima spesso carente.
    6) Rivalutazione della pulsione rispetto al suo oggetto, seguendo un’indicazione di Freud (1905) che vedeva proprio in questo la differenza più significativa tra la vita amorosa del mondo antico e la nostra.
    Vittori Lingiardi si cala con coraggio nel mondo dell’omosessualità, per concludere che alla fine essa stessa non può essere considerata come un arresto dello sviluppo psicosessuale, ma come una delle possibili manifestazioni della sessualità umana, che in quanto tale fa parte di realtà e natura, e che comunque deve fare i conti con una cultura (la nostra) che affonda le radici in un pensiero cattolico, a quanto pare cosi potente da confondere le idee anche a professionisti che si professano uomini di scienza.
    Il dott. Bruno è psichiatra ed esperto Criminologo, ma non per questo infallibile! Resta un uomo. Coi suoi limiti: l’omosessualità non è un area di sua competenza. Non vede le persone ma solo la categoria, che per lui è patologica. Io vedo una persona che, convinto di parlare da psichiatra, soffre di protagonismo. E’ anche possibile che le “lobbies” omosessuali abbiano avuto un influenza. Ma come mai dopo 35 anni ancora ritorna sull’argomento, svalutando completamente Organizzazione Mondiale della Sanità e DSM III, DSM III-R e DSM IV? Lui chi sarebbe? “L’organizzato mondiale mandato dalla Santità”? Nel frattempo non ha visto le lotte e le battaglie, di tanti uomini come lui, che di diverso hanno solo l’orientamento sessuale? Ha mai parlato con una mamma, o un padre di questi “malati”? Possibile che non abbia mai avuto un amico omosessuale? Ma dove ha vissuto fino ad oggi? Qual è la sua realtà oggi? Le sue parole sono violente e mortificano troppa gente che non può rispondere. E’ evidente la sua posizione egocentrica e la sua stessa difficoltà ad adattarsi ad un mondo che cambia velocemente anche sui Manuali di Psichiatria (per fortuna) . Se inizia a parlare di lobbies omosessuali (e lo fa sempre nelle sue lezioni) perché non approfondisce? Concluda il discorso, faccia i nomi, entri nel dettaglio, scriva un articolo in merito, oppure un libro, ci illumini! Altrimenti faccia silenzio…please!
    ll dott. Bruno farebbe bene a vedere oggi, quali sono, dentro di sè, i propri “distacchi” dalla realtà, perchè da osservatore non posso non vedere e non considerare il valore simbolico che acquisisce il suo discorso alla luce di un nostro incontro, reale. Così , in scienza e coscienza, libero di pensare, guardo in faccia la realtà e dico : le sue dichiarazioni sono una forma larvata ed inespressa, di richiesta di aiuto. Dietro la facciata mediatica di professionista esperto e socialmente affermato, di omone sprezzante ogni paura della vita, conoscitore com’è di follia e di morte, alberga un Francesco molto più piccolo e meno ingombrante, meno infallibile e più umano, che sfugge allo sguardo di troppi ma che vuole attirare l’attenzione su di sè e sui propri bisogni più profondi. Quanta sofferenza ha ascoltato il dott. Bruno? Troppa per la maggior parte delle persone “normali”. Chi ascolta la sua? Troppo pochi possono farlo! E così facendo anche lui si discosta dalla norma. Anche lui“diverso”. Anche lui spaventa. Anche lui non desiderabile. Anche i ricchi piangono: fallo Francesco! Ne hai il diritto! E ricorda ciò che dice Ghandi:
    “Non è la letteratura né il vasto sapere che fa l’uomo, ma la sua educazione alla vita reale. Che importanza avrebbe che noi fossimo arche di scienza, se poi non sapessimo vivere in fraternità con il nostro prossimo?”.
    Hai toppato, hai sbagliato mira Francè. Per me sei bocciato sull’argomento. Ti sei messo in ridicolo. Ma puoi riparare: scusati.
    E se ti rifanno la domanda sii più vero: ammetti onestamente di non essere esperto in materia. Ti saremo tutti più riconoscenti.
    …e se dovesse piacerti un uomo sappi che non sei pazzo! Ma se sei Psichiatra fallo seriamente, rispettando regole, norme e persone.

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    • @dott. Roberto Realtà,
      Doottore, scusi, mi è sembrato di cogliere, nel suo intervento, un certo disagio nel constatare che viviamo immersi in una cultura cattolica. Le rammento che è proprio grazie al cattolicesimo e, più im generale, al cristianesimo, che è sorta la più grande cultura del mondo, cioè quella occidentale (la nostra). Cultura, la nostra, che ha scavato un abisso tra sè e le altre culture, al punto che guardano a noi come ad un faro e si precipitano a raccogliere le briciole che cadono dalla nostra mensa.
      Forse preferirebbe vivere in un paese islamico? o magari buddista… o, che so, induista? Ritiene che sarebbe più facile vivere e, soprattutto, esprimere liberamente la propria sessualità in uno di questi paesi?

      Cordiali saluti.

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      • @giancarlo,
        come è evidente, non è certo dovuta al cattolicesimo questa libertà. non passa giorno senza che papi, vescovi, prelati, osservanti, praticanti, estremisti aggrediscano, talvolta con parole schiumose di rabbia, queste conquiste della civiltà. Il voto contrario in sede ONU del vaticano contro la depenalizzazione dell’omosessualità la dice lunga, su quanto il cattolicesimo vada ringraziato per la civiltà nella quale viviamo.

        (Nota: la depenalizzazione era contro quei paesi, anche cattolicissimi come il Ruanda, che prevedono la galera o la forca per gli omosessuali)

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        • @Lindoro, I paesi che prevedono la condanna dell’ omosessualità sono, quasi tutti, di cultura non cattolica. Tanto è vero che, per trovarne uno cattolico sei dovuto andare nel cuore dell’ Africa, dove la cultura cattolica si sta faticosamente facendo strada tra culture tribali animiste.
          Chi dovremmo ringraziare, secondo te, della nostra libertà (ma anche della nostra grande cultura, del nostro patrimonio artistico, della scienza e della tecnica, della carta dei diritti dell’ uomo e di tutto il ben di Dio di cui disponiamo)? Forse ti sfugge, ma è tutta farina del sacco dei cristiani. Infatti appena esci fuori dai confini della nostra cultura, trovi solo pecore e capanne di frasca (o poco più!). D’ altronde, per quale motivo la nostra cultura dovrebbe essere così superiore alle altre, se non in forza della sua religione? La religione, non altro, è l’ anima e l’ essenza della cultura. La religione caratterizza e rende grande una civiltà. Ringrazia Dio di eseere nato nella civiltà cristiana.

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  12. Il dottor Bruno se non ha conoscenze in ambito sessuologico non dovrebbe neanche prestarsi a interviste che riguardano questo settore. Quando viene intervistato gli viene chiesto di esprimere una conoscenza professionale (psicologica, biologica, medica) e non una credenza personale (religiosa), tra l’altro molto carica di pregiudizi. Beh che dire….l’ennesima “figuraccia” degli psichiatri che di psicologia conoscono ben poco.

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  13. http://www.aiutogay.it/omofobia.htm

    Sarebbe ora che gli Ordini interevenissero sull’etica seguendo L’OMS reprimendo quelle libere e poco attendibili considerazioni che intaccano la scientificità e l’esercizio della professione, aggiungendo socialmente danni ancor di più di quanto 20anni queste cose erano di moda… e sappiamo ormai che in cambio della notorietà … si fa tutto!

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  14. Evidentemente Bruno ha il dono della preveggenza. Infatti, dato che lo recensisce, è l’unico ad aver già visto il nuovo film di Moretti. Ancor prima che lo abbia visto il suo regista, dato che le riprese non sono ancora terminate.

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  15. perchè nessuno, e sottolineo nessuno, ha accennato al significato di omosessualità in termini PSICHICI!!!!!
    la materialità sta cancellando tutto!

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