Radio 24: che depressione!

SEGNALAZIONE

Depressione: si va dallo psichiatra e non dallo psicologo

Gentile redazione, durante la trasmissione “Essere benessere” trasmessa su Radio 24 il giorno 28 ottobre alle ore 11 trattando l’argomento della depressione lo psichiatra invitato, Prof. Mencacci, a rispondere alla domanda se è meglio rivolgersi allo psicologo o allo psichiatra ha risposto: “allo psichiatra perché l’unico in grado di fare diagnosi precisa che possa indicare se quella condizione di depressione è una condizione di natura psichica oppure una condizione di natura organica dipendente da altre malattie che come primo segno danno la depressione…”

Lettera firmata

Qui l’audio della trasmissione

COMMENTO REDAZIONALE A CURA DEL DR. LUIGI D’ELIA

Siamo alle solite. Si parla di depressione ed ecco 20 minuti di trasmissione radio tutte piegate ad argomentare in senso medicalistico su un tema che meriterebbe certamente una serie di distinzioni, eluse durante questa trasmissione.

Questo non ci stupisce, né ci procura scandalo visto che in studio e in collegamento hanno parlato unicamente colleghi psichiatri e psicoterapeuti di formazione medica. È naturale che i medici avallino il loro approccio al problema. Viene evocato lo psicologo dalla conduttrice… peccato però che non ci fosse.

A partire da questo squilibrio, non stupisce che siano mancate le distinzioni che riguardavano il fatto fondamentale che la depressione è nella sua forma “maggiore” o in altre forme francamente psicotiche, certamente una malattia grave che richiede un approccio terapeutico combinato (farmacologico e psicoterapeutico), ma in realtà nella gran parte dei casi la fenomenologia depressiva (non propriamente “malattia”) è presente in una gamma talmente vasta della vita psicologica di ognuno che copre di fatto il range esistenziale.

Applicare lo stesso criterio medico ad ogni forma di depressione aumenta il mercato delle prescrizione farmacologiche e degli interventi medici, ma certamente non aiuta l’utenza.

Parlare genericamente di depressione al singolare come malattia da impattare immediatamente con rimedi “rapidi ed efficaci” (così è stato detto in trasmissione) e non di “depressioni” al plurale, come sintomatologie (non malattie) iscritte nelle psico-biografie dei singoli individui, trasmette quindi un messaggio fuorviante e allarmante.

A conferma di ciò le risposte ad alcune telefonate giunte in studio che ci hanno lasciato piuttosto perplessi.

Nella prima telefonata un signore provava (correttamente) a domandare dove finisce la psicologia e dove comincia la malattia. Gli è stato risposto da Prof. Mencacci che  “lo psichiatra è l’unico in grado di fare diagnosi precisa che possa indicare se quella condizione di depressione è una condizione di natura psichica oppure una condizione di natura organica dipendente da altre malattie che come primo segno danno la depressione […]” e che occorre “indirizzarsi a chi ha gli strumenti umani e tecnici per avere buoni risultati, e allontanarci dall’idea di una cura interminabile: le cure sono molto più rapide ed efficaci”.

Inutile dilungarci su queste esternazioni personali del Prof. Mencacci, fortunatamente non condivise da molti suoi colleghi medici. Abbiamo già scritto in un analogo caso di cui ci siamo occupati qualche mese fa nel quale specifichiamo ruoli, funzioni e competenze secondo i criteri di legge e non secondo ratio ad essi estranee.

Inoltre consultando il nostro glossario alla lettera P, è possibile ricevere informazioni sintetiche e chiare su chi fa cosa.

Nella seconda telefonata – quella che ci ha francamente sconcertato – ad una mamma di un ragazzo sedicenne molto svogliato (a dire della signora) le viene risposto, dopo pochi secondi che parlava, di rivolgersi ad uno specialista neuropsichiatra o psichiatra.

Questa modalità “spiccia” di orientare l’utenza, apparecchiata durante tutta la trasmissione, svela probabilmente molte cose.

Le poche parole concesse alla signora che chiamava in trasmissione aprivano infatti un ventaglio di possibilità ampissimo in merito alla situazione descritta che suggerivano piuttosto cautela, non certo un invio dallo psichiatra. È il caso questo di un’offerta di cura che precede ogni possibile e plausibile domanda, anzi che si sostituisce alla domanda, la esautora, la costringe nella risposta, che è poi sempre la stessa: la medicalizzazione della vita quotidiana.

Il riferimento, continuo durante tutta la trasmissione, alla diagnosi corretta s’infrange qui contro l’evidenza dei fatti.

Lo psichiatra, è stato detto, è il professionista elettivo per la depressione (o per le depressioni?) in quanto garantisce una diagnosi differenziale riguardo tutte quelle patologie mediche che hanno come correlato una risposta o una sintomatologia depressiva.

Questo argomento, guarda caso, è lo stesso che a livello parlamentare ha motivato all’inizio del 2008 alcuni emendamenti restrittivi verso gli psicologi circa la proposta di legge Cancrini per il convenzionamento della psicoterapia.

Fortunatamente la fine della legislatura unitamente ad una petizione che in pochissimi giorni raccolse ben 13.000 firme, medici compresi, fermarono questa pericolosa deriva culturale.

In quella circostanza il dibattito (qui un interessante botta e risposta) fu molto acceso e fecondo, andando a precisare una serie di questioni che probabilmente non sono ancora patrimonio comune delle nostre comunità scientifiche.

Entrando nello specifico della diagnosi, non v’è dubbio che la depressione, come ogni altro sintomo che ci avvisa di qualche squilibrio della nostra vita, va riconosciuta e compresa il prima possibile, sia che si vada da uno psicologo, sia che si vada da uno psichiatra.

Le due professioni però dovrebbero imparare a collaborare e rispettarsi per il bene dei loro utenti.

Ogni psicologo che si rispetti dovrebbe conoscere i limiti del proprio operato addestrandosi a collaborare con i colleghi medici, laddove necessario. Escludere un problema organico richiede l’intervento del medico, obbligatoriamente: questa non è un’opzione. Ma certamente per questa funzione il medico di medicina generale è più competente dello psichiatra. Detto ciò lo psicologo è perfettamente in grado di svolgere una psicodiagnosi e, se anche psicoterapeuta, un intervento.

Ugualmente i colleghi medici dovrebbero porre maggiore attenzione a tutti quegli interventi ipercodificanti e saturanti, dove viene elusa un’analisi delle domanda (la diagnosi medica non  sostituisce l’analisi della domanda e l’anamnesi psicodinamica individuale e familiare dell’individuo, ma le copre), che diventano iatrogeni dei semplici disagi psicologici, cronicizzandoli, imparando a collaborare con i loro colleghi psicologi, più formati sul piano della prevenzione primaria, secondaria e terziaria in materia di salute mentale.

Il senso del limite è però una merce rara, purtroppo.

Infine una notazione più generale.

Le depressioni sono in aumento, e questo si sa da tempo e molti addetti ai lavori lo rilevano quotidianamente nel loro lavoro clinico. Questo dato dovrebbe interrogarci tutti e domandarci come mai questo avvenga, nonostante molti continuino a proporre cure efficaci e immediate. In realtà a livello farmacologico si utilizzano più o meno le stesse molecole e loro varianti da molti anni. Ugualmente le strategie psicoterapeutiche, pur affinandosi ed integrandosi sempre più negli ultimi anni, e pur aiutando moltissimo le persone sofferenti, non riescono ad arginare da sole questa “epidemia”.

Individuare le fonti patogene di un problema enorme come la depressione è sicuramente il primo e più onesto atto scientifico per comprendere quali siano i rimedi adeguati con i quali poter intervenire.

L’enfasi sulla cura immediata e dello squilibrio cerebrale (come mai, poi, aumenterebbero in questa parte del mondo questi squilibri cerebrali?) di molti amici medici ci appare una strategia cieca, anzi, una non-strategia.

Forse allora oltre che guardare nel cervello, occorre interrogare i nostri stili di vita ed i nostri modelli sociali. E forse le risposte depressive rappresentano, come tutti i sintomi che ci allertano sulla nostra vita, le attuali forme dello stare al mondo, in questo mondo.

Chiara Santi

Author: Chiara Santi

Share This Post On
You are not authorized to see this part
Please, insert a valid App IDotherwise your plugin won't work.

1 Comment

  1. Concordo pienamente con quanto fa osservare il collega D’elia.
    Mi permetto di aggiungere che il Prof. Mencacci è abituato a parlare nelle trasmissioni mattutine della Falcetti senza contraddittorio perchè la stessa Falcetti, alcuni anni fa, partecipando ad un nostro convegno di Psicologia della salute, mi disse che lei non crede negli psicologi.
    Provate a sintonizzarvi su Radio 1 alle ore 6 e 10 del mattino per credere.
    Cordiali saluti.
    Franco Sirianni

    Post a Reply

Trackbacks/Pingbacks

  1. Disturbo da Trance Dissociativa - [...] piano della prevenzione primaria, secondaria e terziaria in materia di salute mentale. Fonte: Radio 24: che…

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *