Valori Umani e globalizzazione

Galassiamente
28/5/2009
Valori umani e globalizzazione

ROSALBA MICELI
Una società che si muove verso la globalizzazione può orientarsi in modo sempre più solidale? Prossimità l’uno con l’altro, reciprocità, condivisione, interconnessione: ricerche in campo psicologico e analisi sui valori umani sembrano parlare all’unisono, pur utilizzando a volte termini diversi. Un filo conduttore comune percorre il saggio “Cinque chiavi per il futuro” (Feltrinelli) di Howard Gardner, professore di Scienze cognitive e dell’educazione all’Università di Harvard, noto per la teoria delle intelligenze multiple e lo studio delle diverse forme di intelligenza, ed il libro-manifesto “Non c’è futuro senza solidarietà” (Edizioni San Paolo) dell’arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi.

Entrambi gli autori guardano al futuro – un futuro che non possiamo prevedere ma di cui possiamo ipotizzare le sfide – mettendo a fuoco le dimensioni dei rapporti interpersonali. Se Gardner, da psicologo cognitivo qual è, preferisce parlare della necessità di una “intelligenza rispettosa” e di una “intelligenza etica”, o meglio, dello sviluppo di formae mentis che accolgano con favore le diversità che esistono tra gli individui e tra le comunità umane, e costruiscano l’azione a partire dai bisogni e le aspirazioni del singolo e della società in cui vive, Tettamanzi approfondisce il tema di uno stile di vita improntato a “solidarietà” e “sobrietà”.

Nel descrivere la mente non ci può sottrarre a un esame dei valori umani” – esordisce Gardner. Per lo psicologo e l’arcivescovo i valori umani non sono concetti astratti, ma si fondano su abilità, su atteggiamenti profondi da acquisire principalmente mediante i processi educativi. Così Gardner afferma che il rispetto è impossibile senza l’abilità nei rapporti interpersonali ed in questo senso è qualcosa di più della semplice tolleranza e della political correctness, e si distingue dalle forme false o apparenti in cui ci si limita a far mostra di tolleranza, senza intraprendere alcuno sforzo per comprendere gli altri e lavorare costruttivamente con loro.

Una sottile ma significativa differenza intercorre anche tra beneficenza e solidarietà: l’agire solidale va oltre il fenomeno emotivo del “dare” un aiuto a favore di coloro che versano in condizioni di difficoltà, intreccia un “legame” di conoscenza ed arricchimento reciproco tra chi fa un gesto di solidarietà e chi lo riceve: “Attraverso cui le cose donate diventano, ben oltre se stesse, mediazione (vera, effettiva, indispensabile) di rapporti interpersonali, comunitari, umani, a loro volta trasfigurati” – spiega Tettamanzi.

La solidarietà si nutre di uno stile sobrio, per nulla ostentato. Sobrietà come valore positivo, nell’accezione di “creare spazio ad altri”, non soffocandoli con il proprio esibizionismo, o peggio, con un disturbante ed intollerante narcisismo. Tettamanzi giunge ad affermare: “Non si può essere solidali senza essere sobri: altrimenti si condividerebbe ciò che eccede all’estremo le mie o le nostre necessità”.

La partecipazioni emotiva alle sofferenze altrui (empatia) costituisce la motivazione primaria che spinge all’azione, come un’energia che si sprigiona in modo contagioso, che non consente di sottrarsi dalle responsabilità e quasi “obbliga” ad intervenire concretamente. “Non c’è futuro senza solidarietà” ha scritto una giovane studentessa in una lettera indirizzata all’arcivescovo e Tettamanzi ne ha fatto elemento portante delle sue riflessioni, e dell’impegno in prima persona, costituendo il “Fondo Famiglia-Lavoro, dedicato alle famiglie in difficoltà a causa della crisi economica.

Poiché la solidarietà si fonda sull’empatia, ne manifesta le medesime vulnerabilità o distorsioni (bias), ovvero spesso tende ad aprirsi solo ai problemi del gruppo sociale cui si appartiene (bias di familiarità), verso chi è più vicino (bias di vicinanza) o ad agire in modo occasionale ed immediato, sollecitata da un stimolo emotivo (bias di immediatezza). “In tutti gli ambiti della vita quotidiana serve invece uno stile di vera solidarietà, che non operi in modo selettivo e non si limiti ad una azione episodica o straordinaria” – commenta Tettamanzi.

“In un mondo in cui tutti sono interconnessi, l’intolleranza e l’assenza di rispetto sono opzioni non più concepibili – scrive il laico Gardner – anziché ignorare le diversità o esserne infastiditi, o cercare di annullarle attraverso l’amore o attraverso l’odio, invito gli esseri umani ad accettare le diversità, a imparare a convivere con esse e ad apprezzare coloro che appartengono ad altre schiere”.

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