Gli psicologi e i delitti

Dott.ssa Piera Serra

I delitti di cui ogni giorno leggiamo le cronache sono in gran parte perpetrati nell’ambito delle relazioni intime e spesso preceduti da segnali di un disturbo di tali relazioni. Allora, essendo gli psicologi i professionisti deputati alla comprensione e cura dei disturbi delle relazioni intime, è lecito chiederci come gli psicologi siano visti e come si vedano in relazione alla prevenzione di tali tragedie. Infatti, posto che quando un comportamento diventa reato è certamente possibile e doveroso ricorrere ai rappresentanti della giustizia, quale professionista, se non lo psicologo, nella nostra società, è deputato ad aiutare un soggetto che appaia irrazionalmente prigioniero di conflitti profondi e insanabili con se stesso o tra sé e un familiare e che pretenda di risolvere la propria sofferenza ponendo l’altra persona sotto il proprio controllo?

Quella che nella famiglia patriarcale era la figura di un Terzo come l’anziano o la persona saggia quale un istitutore, una ex-balia, un religioso, ai quali apparteneva la funzione di mediazione, sostegno, catarsi, riconduzione alla giustizia, oggi è diventato, almeno per quanto riguarda molte casistiche, il ruolo degli psicologi: è a loro che può chiedere aiuto la persona che si senta dipendere da una relazione sentimentale. E quando una relazione d’amore o di affetto tenda a divenire di persecuzione e il ricorso alle forze dell’ordine non sia possibile, è a loro che possono chiedere aiuto la vittima o il persecutore o i loro familiari.

Ebbene, nell’ambito delle istituzioni pubbliche gli psicologi fanno parte dei servizi di salute mentale, in cui operano insieme agli psichiatri; infatti, i comportamenti che si presentino come disfunzionali e irrazionali sono considerati nella nostra cultura sintomi di una patologia. Patologia che ovviamente ormai chiunque ritiene interessare sia la psiche sia il funzionamento del cervello.

Per quanto riguarda ciò che causa la maggioranza delle psicopatogie di cui si occupano psichiatri e psicologi, nella nostra cultura coesistono due epistemologie: una depressione, una fobia o una dipendenza possono essere considerate di origine prevalentemente relazionale oppure di origine prevalentemente biologica. D’altronde, sia le teorie organiciste sia quelle psicologiche sono supportate dagli esiti di studi e ricerche scientifiche: la scienza anche e forse soprattutto in questo campo non è né lineare né neutrale. L’abbracciare questo o quel punto di vista può portare a riporre le speranze di una guarigione più nell’intervento dello psicologo o più in quello dello psichiatra. Nella pratica ovviamente questa dicotomia tra tecniche psicologiche e psichiatriche non esiste: per la salute psichica la società si affida a entrambe le figure professionali; infatti anche chi tende ad essere favorevole alle teorie psicogenetiche ritiene necessario anche il farmaco ogniqualvolta sia necessario inibire un comportamento che genera pericolo o sedare una grande sofferenza.

Ora, passando al vaglio decine di prodotti mediatici che concernono la psiche nel corso di questi mesi in cui ho collaborato alla conduzione dell’Osservatorio, ho potuto individuare una tendenza che sembra appartenere più alla psichiatria organicista e a certe fonti mediatiche che alla nostra cultura. La tendenza a negare la dimensione psicologica della sofferenza psichica, eliderne la componente soggettiva per ridurla a un malfunzionamento cerebrale tout court. Oltre agli articoli di riviste divulgative[1], vi sono trasmissioni tv nelle quali gli intervistati (quasi sempre medici: neurologi, endocrinologi, psichiatri) riescono a intrattenere il pubblico parlando per ore e ore di temi quali ansia, depressione, dipendenza, caratterialità, disturbi dell’alimentazione ecc., segnalando come cause della sofferenza esclusivamente aspetti organici accertati o anche solo ipotizzati, senza mai fare riferimento alle conseguenze complesse e profonde delle relazioni che la persona sofferente vive o ha vissuto[2].

Non solo: nei centri psichiatrici, dove direttori e coordinatori sono medici e infermieri, non è raro che si sposi questa tendenza organicista, e quindi si ritenga in buona fede che sia nel miglior interesse degli utenti far sì che lo psichiatra visiti al posto dello psicologo anche le persone che si presentano chiedendo di parlare con lo psicologo ed esegua la prescrizione farmacologica, ritenuta la cura essenziale, mentre alla terapia psicologica viene attribuita una funzione coadiuvante non indispensabile.

Allora, la risposta alla domanda posta in premessa è che sì, gli psicologi si ritengono e sono ritenuti dal pubblico competenti per la cura dei disturbi delle relazioni, anche di quelli che potrebbero in qualche modo e sotto qualche aspetto favorire l’esecuzione di un delitto; infatti, nonostante il battage a favore delle ipotesi organiciste, il pubblico per tali disturbi continua a richiedere la cura psicologica. Tuttavia, vi è una forte tendenza ad escluderli da tale competenza e a ridurre la spiegazione delle sofferenze che circostanziano i delitti della sfera intima a fattori concernenti unicamente la biochimica del cervello dell’aggressore.

[1]

Si veda per esempio, nella nostra rubrica “Segnalazioni”,

http://www.osservatoriopsicologia.com/2009/05/17/donna-moderna-gli-attacchi-di-panico-sono-una-malattia-del-cervello/

[2]

Si veda per esempio Tuttobenessere, RAI 1,

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-0c67bc27-d149-4ecb-bb71-4c58f70a7021.html?p=0

Fabio Fareri

Author: Fabio Fareri

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