Panorama, licenza di impaurire. Stigma sulle patologie psichiche
SEGNALAZIONE:
Gentile Referente, vorrei segnalare un articolo apparso su Panorama nelle ultime settimane. Non commento, si commenta da solo, spero che qualcuno riesca a rispondere a tale scempio.
V. S.
Qui potete scaricare e leggere il servizio: licenza-di-impazzire
PARERE DEL DR. LUIGI D’ELIA
Il servizio giornalistico in questione “Licenza di impazzire” descrive una serie di episodi delittuosi ad opera di cittadini sofferenti di gravi patologie mentali, episodi raccolti dalla cronaca nel corso del 2009.
Il servizio in questione opera un diretto quanto improprio nesso tra malattia mentale, pericolosità e criminosità delle persone affette da patologie psichiche utilizzando ad un certo punto un linguaggio stigmatizzante: “Storie di matti, che stanno diventando di ordinaria follia”. L’uso del termine “matto” che talora viene utilizzato in maniera discorsiva e informale (comunque di cattivo gusto e dispregiativo), è improprio e offensivo per connotare le persone sofferenti di patologie psichiche severe all’interno di un servizio giornalistico che vuole fare informazione sulla situazione dell’assistenza e cura di queste persone.
Soprattutto tale servizio opera una generalizzazione ed un’estensione semantica sulla sofferenza mentale tout court che viene assimilata agli episodi di cronaca presentati. L’omologazione che ne deriva e che vorrebbe ogni malato mentale potenzialmente pericoloso è del tutto ingiustificata sulla base delle evidenze e delle esperienze cliniche:
[Citazione da http://www.psichiatriademocratica.com/opg1.htm – Cesare Bondioli]
<<i dati della letteratura scientifica ci indicano per es. che il comportamento violento è solo tangenzialmente legato alla malattia ma soprattutto alla qualità delle cure che i pazienti ricevono e che il tasso di recidiva di comportamenti criminosi era superiore nella popolazione non sofferente di disturbi psichici; che, in ultima analisi, il fatto che qualcuno soffra di disturbo mentale non ci permette, sulla base della letteratura scientifica, di prevedere una sua aumentata propensione al crimine. Da tutto questo deriva che la pericolosità sociale non può essere una categoria psichiatrica (la cui definizione viene di conseguenza affidata agli psichiatri) ma una categoria giuridica (la cui ricorrenza ex art. 203 C.P. spetta al giudice).>>
Tornando invece al servizio di Panorama, esso prosegue:
“Trent’anni dopo la legge Basaglia e la chiusura dei manicomi cresce la consapevolezza che in Italia i pazienti pericolosi non vengono sempre seguiti e curati adeguatamente”
Questa frase associa la legge Basaglia e la chiusura dei manicomi, con l’incuria dei pazienti pericolosi. Nesso causale del tutto infondato.
“Cresce anche l’allarme sociale e la politica si adegua. Il Parlamento si prepara a discutere una proposta di legge sulla riforma dell’assistenza psichiatrica. A Milano l’assessorato alla Sanità vorrebbe stendere una lista dei casi più problematici. E in Liguria verrà assegnato ad ogni malato un codice di rischio: servirà alle forze dell’ordine, che saranno pure equipaggiate con cuscini, guanti antitaglio e giubbotti protettivi”
Da quanto scritto, si evincerebbe che il Parlamento si stia mobilitando per un allarme sociale tanto che alcuni responsabili locali si stanno preparando per arginare il pericolo incombente in maniera similare a quanto si farebbe per le manifestazioni di piazza di facinorosi. Affermazione che risulta evidentemente eccessiva e che dimostra un atteggiamento “immunitario” verso la sofferenza psichica.
Tutte le interviste del servizio, inoltre, sono a conferma diretta o indiretta di questa posizione politica e nessun argomento, dato, opinione, incluso nel servizio appare dialettico rispetto alle tesi ivi portate. Tutte le opinioni riportate da parte degli esperti convergono nel dimostrare la pericolosità delle malattie mentali e delle persone che ne soffrono.
Ciò che questo articolo realizza è dunque uno slittamento fin troppo disinvolto tra piani del discorso del tutto distinti:
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il piano che riguarda l’ordine pubblico e la pericolosità sociale degli individui, che è una categoria giuridica, e che ovviamente non può essere determinata considerando come unico criterio quello psichiatrico (e del resto all’interno della popolazione psichiatrica, quella porzione che corrisponde ai criteri di pericolosità sociale è talmente irrilevante da non rappresentare alcun allarme sociale).
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il piano dell’assistenza e cura che riguarda la carenza quantitativa e talora qualitativa dei presidi, questa sì reale, ma le cui cause complesse l’articolo non analizza se non attribuendo alla malpractice degli operatori del settore e alla carenza di TSO, ogni causa e responsabilità.
Questo cortocircuito argomentativo rappresenta una strumentale generalizzazione che trasforma la parte nel tutto: ogni malato mentale diventa perciò un pericolo pubblico. Si trasforma e si riduce in tal modo l’annoso problema della prevenzione e cura della sofferenza psichica in un problema di sicurezza.
Il tutto appare come una forzatura allarmistica che giustificherebbe e rinforzerebbe le attuali proposte di legge in discussione in Parlamento che proprio a partire da questo genere e questo livello di argomentazione vorrebbero prolungare sine die il dispositivo del TSO.
La classica sequenza manipolatoria paura-reazione difensiva, il classico automatismo cognitivo che gli psicologi considerano fenomenologie appartenenti a livelli di funzionamento di mente e cervello piuttosto primordiali.
Si sposta così il focus dell’attenzione dalla cura (costosa, faticosa, impegnativa) al controllo e alla rassicurazione sociale, di sapore emergenziale, che nessun ancoramento ha con il procedere scientifico, nulla a che fare col bisogno delle persone sofferenti e delle loro famiglie di essere concretamente assistite e aiutate a capire, a migliorare la qualità di vita, ad intervenire.
Infine, mi sembra di poter dire che, a ragione di quanto detto, questo servizio giornalistico non aggiunge contributi significativi al dibattito per il miglioramento degli interventi per i cittadini portatori di gravi disturbi mentali e delle loro famiglie, non segnala esperienze eccellenti, non fa riferimento a percorsi virtuosi, non indaga sulle cause complesse dei disservizi esistenti, non approfondisce sulle proposte di legge presentate, non aumenta nei lettori la consapevolezza sulla natura dei problemi psichici. Viceversa si limita ad introdurre nei lettori sospetti infondati, diffidenza, atteggiamenti fobici e contro-fobici, pregiudizi, stigma, verso ogni persona con problemi psicopatologici severi.
LETTERA A Panorama:
Gentile Direttore e gentile Redazione di Panorama,
in relazione al Vostro servizio “Licenza di impazzire” del 02/04/2009 (pagg.149-53), la redazione dell’Osservatorio Psicologia nei Media ha ricevuto una segnalazione sulla quale è stato successivamente espresso un parere scientifico:
Qui trovate sia la segnalazione che il parere: http://www.osservatoriopsicologia.com/2009/04/26/panorama-licenza-di-impaurire-stigma-sulle-patologie-psichiche/
Certi della Vostra cortese attenzione e della Vostra disponibilità al miglioraramento dell’informazione psicologica nei media, Vi porgiamo i nostri più cordiali saluti.
Per la Redazione OPM:
Dr. Luigi D’Elia
1 maggio 2009
Puntuale e competente risposta a un magazine che spudoratamente, come si conviene al momento – sembra un’eternità – politico che viviamo, si allinea alle direttive che provengono direttamente dal padrone di casa.