L’eufemismo e la realtà

Di Simonetta Putti

L’eufemismo (dal greco dir bene, risuonare bene), è una figura retorica di pensiero consistente nell’uso di un termine attenuato in luogo del termine appropriato, che viene percepito come troppo crudo, potenzialmente offensivo, in-delicato, etc..

Accade così non di rado che generiche convenienze di ordine sociale – religioso – morale inducano ad usare una parola leggera laddove la realtà soggiacente il termine appropriato venga sentita come pesante, e/o atta a generare turbamento.

L’eufemismo ha conseguenze non irrilevanti in quanto spesso comporta perdita di chiarezza, indeterminatezza e / o smarrimento dei confini, confusione.

Il fenomeno sopra accennato si verifica non raramente nel linguaggio quotidiano ed in quello giornalistico, che tende appunto ad essere compreso e comprensibile nella quotidianità.

Le aree interessate al fenomeno di cui ci occupiamo sono ovviamente quelle attinenti ai temi più basilari: la vita, la morte, la malattia.

Tenterò di fare qualche osservazione su quest’ultimo punto, sollecitata dal ripetersi nei media di distorsioni terminologiche attinenti l’entità nosologica della depressione.

Negli ultimi anni è andato man mano crescendo l’uso e l’abuso di tale termine, così nella realtà privata come nei mass media.

Laddove sino forse agli anni “70 si faceva grande uso dell’espressione esaurimento nervoso per indicare una gamma ampia e diversificata di disturbi psichici, oggi si fa uso della depressione come etichetta classificatoria e descrittiva di svariate forme che vanno dalla sofferenza esistenziale e psicologica sino alle nevrosi e alle psicosi, talora includendo anche le psicopatie.

A chi giova l’eufemismo?

Accennavo all’inizio che sono spesso le convenienze di varia sorta e natura a prescriverne e / o consigliarne l’adozione.

Ma lo scopo di preservare dal turbamento e di evitare l’offesa talvolta presenta costi (individuali, sociali, culturali, etc.) elevati e non di rado sproporzionati.

Il più evidente fattore che rinveniamo in detto costo è la confusione.

Confusione nel lettore, nell’utente medio dei mass media che vede la depressione ricorrere in gran parte della descrizione dei fatti di cronaca, e soprattutto di cronaca nera.

Confusione e preoccupazione nel soggetto che è autenticamente sofferente di depressione (o che tale diagnosi ha ricevuto).

Preoccupazione negli operatori della salute mentale che vedono la perdita di efficacia del termine depressione, ormai immesso e immerso nella generalizzazione.

Come psicoterapeuta ho spesso rilevato nella mia pratica clinica l’affacciarsi di nuovi o rinnovati timori in pazienti depressi, che manifestavano turbamento e paura di poter diventare pericolosi per gli altri, distruttivi, socialmente devianti.

Sentimenti ed emozioni che sono stati esaminati nel temenos analitico, sono diventati elementi del lavoro comune di comprensione, per restituire al termine depressione il significato ed il senso più propri, differenziando il quadro soggettivo dal contesto generalizzato .

L’eufemismo e l’uso eufemistico del termine spesso genera distorsione.

La realtà che si voleva attenuare viene in tal modo appesantita di carichi incongrui e diviene paradossalmente più temibile proprio in quanto sempre meno definita e definibile con accuratezza.

Queste brevi e sommarie riflessioni vogliono avere il senso di un invito alla chiarezza.

Non auspico che il giornalista divenga operatore di salute mentale, o psicologo o psichiatra, né che con sagace finezza diagnostica sappia discriminare le diverse e spesso supposte patologie.

Auspico invece una minima preparazione di base: come semplice esempio poter distinguere tra nevrosi e psicosi, in base al presente o difettato o assente senso di realtà nel soggetto che si va descrivendo.

Auspicio realistico, credo, e raggiungibile attraverso la cura e l’attenzione che il professionista dei mass media è chiamato ad avere in merito al campo nel quale, volta per volta, è chiamato a redigere una scrittura della realtà.

Auspico ancora la diffusione di basilari nozioni psicologiche e psichiatriche anche in coloro che – come le Forze dell’Ordine – devono costantemente confrontarsi con l’agito e / o il reato che da talune patologie psichiatriche può scaturire o essere indotto.

Auspici che taluni possono considerare utopistici ma che potrebbero man mano configurarsi in progetti operativi, laddove noi tutti imparassimo a privilegiare la verità sull’eufemismo.

Simonetta Putti

Analista Junghiana e psicoterapeuta

www.centrostudipsicologiaeletteratura.org

Fabio Fareri

Author: Fabio Fareri

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2 Comments

  1. Cara Simonetta,
    il termine “esaurimento nervoso” era parte del linguaggio comune e veniva usato dalla gente comune per indicare in modo eufemistico molti disturbi psichici. Al contrario, l’abuso del termine “depressione” non è partito dalla gente comune, ma dalle istituzioni sanitarie. È l’esito del processo per cui le istituzioni sanitarie sempre più frequentemente prendono in carico i disagi psicologici nonché esistenziali e li affrontano con terapie psicofarmacologiche, terapie che si giustificano, appunto, in base alla diagnosi di depressione.

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  2. E’ vero che l’attuale società soffre di qualunquismo e disinformazione dilagante. Ma bisogna anche chiedersi perché una persona non competente dovrebbe conoscere la differenza, per esempio, tra nevrosi e psicosi? Se gli operatori della stampa, dell’ordine pubblico e gli altri operatori devono avere una preparazione di base sufficiente a trattare appropriatamente questi e altri argomenti, è necessario fornire loro tali informazioni in maniera facilmente raggiungibile. Nell’epoca della massima disinformazione bisogna rispondere con la massima disponibilità dell’informazione corretta. E’ questa è responsabilità degli specialisti del settore: sta a loro, a seconda delle risorse disponibili e dell’importanza dell’argomento, organizzare per esempio delle giornate di aggiornamento per gli operatori coinvolti, fornire opuscoli divulgativi, disporre gazebo informativi nei punti opportuni e/o fornire semplici ma chiare trattazioni sull’argomento su wikipedia o su altri siti universalmente conosciuti. Gli operatori più responsabili sapranno utilizzare tali sussidi per aggiornarsi. Altrimenti la disinformazione continuerà a trionfare.

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