Baarìa – La porta del vento di G. Tornatore

Regia: Giuseppe Tornatore
Sceneggiatura: Giuseppe Tornatore
Attori: Francesco Scianna, Margareth Madé
Musiche: Ennio Morricone
Produzione e Distribuzione: Medusa Film
Paese: Italia 2008
Genere: Drammatico, Commedia epica
Durata:150 Min
Formato: Colore

Di Manuela Materdomini

Si dice che la città di Bagheria debba il proprio nome agli arabi, secondo la cui tradizione Bāb al-Gerib significherebbe La Porta del Vento. Un nome molto suggestivo, ne converrete, per indicare una città le cui radici risalgono addirittura all’epoca fenicia. Anche Giuseppe Tornatore l’avrà trovato suggestivo, dal momento che l’ha scelto come titolo per il suo nuovo film, presentato con molto clamore ma con scarso successo all’ultimo Festival di Venezia.
Non è impresa facile scrivere una recensione su Baarìa perché si fatica a trovare un’intenzione chiara dietro le scelte di sceneggiatura e di regia. E allora come raccontare? Da che parte cominciare?  Vediamo…si potrebbe partire dalla durata: 150 minuti circa, due ore e mezza in cui la sottoscritta si è interrogata sul significato del film.
Il progetto di partenza è molto ambizioso se, come sembra, si propone di raccontare cinquant’anni e più di storia mondiale, italiana e siciliana intrecciando gli eventi storici ai casi personali di Peppino Torrenuova, baldo bagherese di cui conosceremo padre, madre, fratello, moglie e prole.
Ma si sa: non tutte le ciambelle vengono col buco e quella che si srotola davanti ai nostri occhi nelle sale cinematografiche è la pellicola di un film senza capo né coda e dal modesto impatto emotivo. 
Attraverso gli occhi del protagonista, il regista prova a raccontare la Sicilia degli anni ’30, tutte le ripercussioni che su di essa hanno avuto il fascismo e la seconda guerra mondiale (l’arruolamento di giovani mai più tornati a casa, la miseria, i bombardamenti, le censure imposte all’arte e all’informazione), l’opera del pittore bagherese Renato Guttuso e la nascita della cultura del cinema con tanto di citazione di Nuovo Cinema Paradiso (1988), lo sbarco delle truppe americane, la nascita della Repubblica, i fermenti politici e sociali che animavano l’Europa di quegli anni, il problema della mafia, l’ascesa al potere dalla Democrazia Cristiana…e chi più ne ha più ne metta!  Questa entusiastica proliferazione di contenuti sortisce ahimè nello spettatore un effetto di scoramento e di frustrazione, non essendo possibile mettere insieme in una sequenza lineare tutte le informazioni che il regista fornisce.
I personaggi principali non spiccano per la loro caratterizzazione psicologica: partecipiamo poco alle loro emozioni. Mannina, la moglie del protagonista, è scialba, non si arrabbia mai ed è figlia di una madre (interpretata da Nicole Grimaudo) che, per buona parte del film, sembra più giovane di lei. Inoltre diventa molto difficile comprendere la funzione che svolgono all’interno della struttura narrativa alcuni personaggi che appaiono di secondo piano ma che contemporaneamente sembrano molto importanti per i protagonisti. Una per tutti la donna vestita di nero, venuta da chissà dove e con figlio cerebroleso a carico (il povero Lo Cascio!): forse un’indovina? Forse una sensitiva? Forse la reincarnazione di un’antenata? Vediamo che con frasi sibilline predice eventi che stanno per accadere, ma il suo ruolo all’interno della storia non viene mai dichiarato.
Oltre a ciò, il regista adotta una simbologia poco decifrabile: per esempio Peppino, il protagonista, sogna più volte dei serpenti neri che strisciano tra i suoi piedi o che gli cadono addosso, ma oltre a intuire che si tratta di sogni angoscianti non si va. O ancora, in una scena un bambino allucina presenze umane tra i mostri della villa Palagonia. Ma che cosa vorrà dire? Le sequenze di queste scene sembrano suggerire allo spettatore che esse nascondano un significato preciso, ma sono ben lungi dal fornirne chiavi di lettura.
In conclusione, dobbiamo dire che si ha l’impressione di essere di fronte ad un film messo insieme attraverso una giustapposizione di idee e che non riesce a trovare prestigio nemmeno grazie al cast ben nutrito di star cinematografiche nostrane. Compaiono, infatti, anche solo per pochi secondi, Laura Chiatti, Giacomo del trio comico, Beppe Fiorello, Michele Placido, Leo Gullotta, Vincenzo Salemme, Ficarra e Picone, Raul Bova, Monica Bellucci e il suo seno nudo…e tanti altri a cui avrò fatto il torto di non riconoscerne l’apparizione nel film. Peccato non essermi goduta neppure il cammeo del maestro Gabriele Lavia!

 

Author: Brian

Share This Post On
You are not authorized to see this part
Please, insert a valid App IDotherwise your plugin won't work.

3 Comments

  1. Credo che qualche volta non vada tutto spiegato e che pensare che se una cosa non ha toccato le nostre corde non ha toccato quello di nessuno. Per quanto mi riguarda, ma è ovviamente la mia soggettivissima esperienza, ero già commossa alla prima scena: squilibrio ormonale o informazioni iscritte nel mio dna visto che dalla Sicilia arriva la mia famiglia questo poco conta. Credo che un giudizio netto, in positivo o in negativo, sia difficile da dare per questo film in particolare e per opere molto complesse. Alcuni parti del fil sembravano non raccontare niente ma mi piace l’idea di uscire da una forma mentale per cui tutto deve essere spiegato e portare da qualche parte.

    Post a Reply
  2. bab-al-gerib, “la porta del vento”, il vento che porta il piccolo peppino a librarsi in volo, a guardare dall’alto le umane miserie, a credere in se stesso e nella propria capacità di sognare. il vento che ha rapito me, spettatrice solitaria, sin dalle prime immagini.Il vento che sconquassa case, scarmiglia capelli e vesti,ottunde le coscienze ed elettrizza l’aria.Vento anarchico in grado di disordinare l’ordine.Se hai bisogno di logica non andare a vedere questo film, non ti piacerà.Se ami il vento in questo film ritroverai molte parti di te.

    Post a Reply
  3. Il film ha appena sfiorato qualche ricordo personale, ma tutto quel correre è sembrato senza senso e superficiale. è un film che non mi ha proprio emozionato nè ha aggiunto nuovi punti vista,su vicende umane e storiche così ricche e complesse. L’aspetto magico,irrazionale,incuteva un timore confuso.Molte parti del film mi sono risultate non chiare. Ho pensato al grande affresco di C’era una volta in America di Sergio Leone,magistrale. In Baaria ho visto un impronta epica a volte solenne, nelle inquadrature,nelle musiche,ma senza riuscire a suscitare un battito di cuore e una curiosità,nonostante il dispiegamento di noti e bravi attori,camuffati.

    Post a Reply

Rispondi a vera Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *