…E ora parliamo di Kevin
REGIA: Lynne Ramsay
ATTORI: Tilda Swinton, John C. Reilly, Ezra Miller, Siobhan Fallon
DISTRIBUZIONE: Bolero Film
PAESE: USA 2011
GENERE: Drammatico
DURATA: 112 Min
Recensione di Giuseppe Preziosi
Il film di Lynne Ramsay è spietato, velato di trame che sconfinano nel cinema horror senza metter in mezzo paccottiglia narrativa che abbia a che fare con soprannaturale, diavoli, aldilà, possessioni, senza nessun senso (anche se soprannaturale) che sciolga la tensione. …E ora parliamo di kevin racconta un incontro mancato. Una madre e un figlio attraverso un lungo tragitto che inizia con una gravidanza non desiderata appieno e arriva ad un figlio protagonista di atto di enorme violenza, una strage; il percorso non è certo lineare, non si tratta di un ingenuo schema causa/effetto ma piuttosto di come le relazione possa seguire vie contorte, inattese, che possa fondarsi non solo sull’amore.
Il dubbio, il rammarico, il pentimento che come aghi pungono il senso materno di Eva (Tilda Swinton) quando osserva i corpi entusiasti delle giovani madri, quando si ritrova con Kevin (Ezra Miller) appena nato nella stanza d’ospedale, nel dolore del parto sono compresi e assimilati in quell’esatto istante da Kevin, in modo chiaro, limpido, granitico, indimenticabile; a questo punto nessuna affettività può svilupparsi tra madre e figlio in un deserto avvelenato da odio, senso di colpa, risentimento. Ogni trucco di Eva è svelato; ogni pretesa di essere una madre modello, ogni buona forma svela il vuoto che contiene; l’unica cosa che sa offrire sono cose, gesti svuotati di sentimenti, pratiche da manuale, visite mediche. E sin dall’inizio Kevin si vendica di tutto questo; con metodo, strategia, sfacciataggine, tattica. Lo sguardo di Kevin sa sempre, capisce tutto ed è sempre un passo avanti. La libertà orgiastica del passato, la romantica relazione di Eva con il marito Franklin (John C. Reilly) svaniscono e resta solo traccia rossa di colpa, violenza, delitto appiccicata alla realtà, alle dita di Eva, alla sua casa come marchio di infamia alla sua maternità.
Dalle urla incessanti a Eva dedicate fino alle visite in carcere tutto il film segue il percorso di un intreccio di una relazione. Due trame parallele che si tessono: la vita di Eva a la vita di Kevin, il passato e il presente che nella tessitura si spiegano. Il risultato è la costruzione di un legame assoluto, chiuso, la rivelazione che tutto portava, consapevomente o no, a stringere a sé quella madre che era apparsa così distante. Nell’impossibile dell’amore legati nel dolore…