Ma in internet: “Chi ascolta chi e che cosa!?” Qualità dell’ascolto interpersonale nelle forme di comunicazione contemporanee
Di L.M.
Antefatto:
Internet rende felici
La rete sociale migliora i legami di amicizia degli adolescenti
C’è da dire che se confrontiamo l’immagine che avevamo dell’adolescente dedito a internet negli Anni Novanta con quella attuale la differenza è sorprendente: se lo stereotipo di allora era quello di un giovane isolato dal suo contesto sociale e dalla famiglia, capace di stabilire relazioni solo attraverso la rete con perfetti sconosciuti, oggi invece pensiamo a un ragazzo o a una ragazza che vivono immersi nel proprio contesto sociale, nella propria comunità reale, capaci di tessere una rete che tiene fortemente coesi i membri del proprio gruppo. Questo dato è confortato anche dai risultati ottenuti da Patti Valkenburg e Jochen Peter, psicologi dell’Università di Amsterdam, che hanno confrontato la letteratura pertinente dell’ultima decade. Secondo i due scienziati i grandi cambiamenti che hanno rivoluzionato il panorama psicologico sulla rete delle reti sono due.
In primo luogo anche solo l’enorme e crescente numero di teenager che usa oggi internet ha trasformato questa tecnologia in un vero strumento di aggregazione sociale. Verso la fine degli Anni Novanta solo un adolescente su dieci era online. La possibilità di incontrare un amico reale nel cyberspazio era minima e quindi i due domini – quello delle relazioni virtuali e quelle di quelle reali – non si sovrapponevano granché. Oggi invece la gran parte dei giovani occidentali ha accesso alla rete e la usa specialmente per coltivare le relazioni che già ha nella vita reale, piuttosto che per fare nuovi incontri.
In secondo luogo lo sviluppo di nuovi strumenti in internet favorisce ulteriormente il fatto di costruire “sulle” relazioni già esistenti piuttosto che isolarsi. Negli Anni Novanta infatti i luoghi privilegiati di incontro in internet erano le chat room pubbliche, in cui si parlava principalmente con estranei, mentre oggi con l’istant messaging viene favorito lo scambio con gli amici.
Gli studi recenti documentano gli effetti positivi di tutti questi avanzamenti tecnologici. Secondo Valkenburg e Peter i ragazzi si sentono più felici perché l’internet del ventunesimo secolo rende più facile parlare di questioni molto private – paure, sentimenti, preoccupazioni – che sono difficili da esprimere altrimenti. Secondo gli psicologi questo internet “iperpersonale” migliora la qualità delle amicizie che sostengono maggiormente l’adolescente contro lo stress e innalzano il suo livello di felicità.
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Sigmund Freud, nei “Consigli al medico nel trattamento psicoanalitico”, 1912, parlando della “attenzione liberamente fluttuante”, il corrispettivo nell’analista della regola fondamentale del paziente di “associare liberamente”, introduce una stupefacente metafora, quella dell’apparecchio telefonico, e stabilisce che l’ analista:
“[…] deve rivolgere il proprio inconscio come un organo ricevente verso l’ inconscio del malato che trasmette; deve disporsi verso l’analizzato come il ricevitore del telefono rispetto al microfono trasmittente. Come il ricevitore trasforma in onde sonore le oscillazioni elettriche della linea telefonica che erano state prodotte da onde sonore, così l’ inconscio del medico è capace di ristabilire a partire dai derivati dell’inconscio che gli sono comunicati, quello stesso inconscio che ha determinato le associazioni del malato.”
Questo per quanto riguarda alla teoria psicoanalitica. Certo non riguardo alla sua vita quotidiana. Se certo c’era il telefono pure a casa di Freud, sulla Berggasse, n° A 18170, certo lui, Herr Professor, all’atto pratico ne diffidava molto, e si dice che in realtà fosse assai riluttante a servirsi di quell’aggeggio in qualche modo ancora estraneo alle sue abitudini, preferendo di gran lunga poter guardare negli occhi la persona con cui parlava (C. Pozzoli, 1995); in contrapposizione evidente alla sua consueta pratica analitica, nello spazio del suo studio, ove era lui il primo a volersi sottrarre in parte allo sguardo diretto dell’interlocutore e costruendo uno spazio nuovo per procedere nell’avventura dell’ascolto analitico dell’altro, col farlo sdraiare ed accomodare sul divano.
Quella del telefono mi sembra in ogni caso una buona analogia e un’utile pietra di paragone, rispetto alla ricreazione dei parametri di una comunicazione ed interazione felice. Molte persone si trovano quasi perfettamente a loro agio, continuando come una comunicazione ininterrotta, solo sonora, con qualcuno altro, come se quella di fatto non avesse mai mutato di aspetto, favorendo uno spazio di intimità particolarmente adatto alla loro fruizione ed al loro specifico uso. Molti altri se ne giovano assai meno. Altri, i pazzi, simulano o camuffano il loro delirio, facendo finta di ascoltare della musica, o ora facendo finta di star parlando al telefono. Il cellulare, coi suoi aspetti di mobilità, ha interrotto questi aspetti sognanti della comunicazione via telefono, trasformandola in un gadget, una piccola ricetrasmittente in cui convogliare la nostra ansia e bisogno di eterno movimento. Lo spazio del sogno e del contatto sognante, fatico e simbiotico, viaggia meglio ormai, forse via sms.
La questione diventa ancora più complessa rispetto al ribaltamento delle linee consuete e vicendevoli della comunicazione via internet, rispetto al modello del “vis à vis” o se vogliamo del modello ancora della comunicazione via telefono. Soprattutto ora al tempo del passaggio al Web. 2.0, ed è in parte almeno questa questione rimane legata al problema dell’abbattimento selettivo della sensorialità per via telematica e dei suoi canali interpersonali, ambientale domestico ed ecologico, e ora nel nuovo modello di interazione biunivoca e di sovrapposizione dei canali (visivo, scritto, sonoro, ecc.) vieppiù legata oramai alla nuova modalità di rifusione e ricombinazione dei vari codici permessi dalle nuove piattaforme, come facebook, mail messaging, webcam, ecc..
Rispetto all’esempio del telefono, dove rimanevano naturali e solo diminuiti ed attutiti gli indici di relazione coll’altro, ma non i normali codici percettivi del singolo interlocutore, l’uso e la percezione del suo spazio di vita, e di possibile simulazione e presupposizione di quello dell’interlocutore dall’altra parte del filo, più che “vis à vis” il piano rimane quello antropologico, di “analogico umano / ad analogico umano” l’altro orecchio e l’altra bocca che si incontrano attraverso il filo e le sue momentanee modalità di trasmissione.
Suono a suono ritrasformato, orecchio ad orecchio. Dobbiamo considerare che il codice sonoro-simbolico del linguaggio umano si è evoluto per almeno decine di migliaia di anni, dai segni preparatori della caccia all’interazione nel contesto relazionale umano, lì fin dove arriva la mia voce. Mentre il codice scritto iconico-simbolico, tipico dello scritto via internet, si è costituito a partire dallo scrivere e della pittura, della raffigurazione a distanza ed in un altro tempo, mitico, magico o semplicemente storico, in mancanza della presenza del destinatario, e certo per molto molto meno tempo, e se una prima volta perde di profondità dimensionali, nell’incisione del messaggio consegnato alla memoria della traccia, dal mondo al piatto della parete e della carta, ora ri-attraversa processi di trasformazione imponenti.
Le nostre capacità mentali e simboliche, i nostri mezzi di percezione amodale (D. Stern), le nostre funzioni sognanti ed immaginifiche, sono o saranno mai in grado di riparare e sostituirsi alle differenze nei mezzi e dell’attraversamento dei protocolli e dei codici originari !? Analogico e digitale sono poi così equivalenti nelle capacità di connotare e di dare dimensioni affettive e cognitive al mondo? Quale è lo spazio della differenza tecnica e quale quello del supporto culturale?
Si narra così pure, tornando un attimo indietro nel tempo, riguardo ad impatti catastrofici con le nuove tecnologie, della storiella di un nobile russo assai umiliato nelle sue aspettative e nella sua ampia cultura cosmopolita coltivata attraverso letture e giornali dall’incontro traumatico che egli ebbe nei confronti delle prime comiche e del cinematografo nel suo paese. Vedere che i bambini attorno a lui ridevano a crepapelle, guardando quei pupazzetti che si muovevano vorticosamente sulla tela, più che disilluderlo lo riempiva di angoscia e sgomento. A lui, sprovvisto dei codici di analisi minimali, apparivano solo come repentine trasformazioni totalmente prive di significato. Nessuna immedesimazione per lui possibile con l’ombra proiettata di quel barbone colla bombetta ed il bastone!
Ma ritorniamo ancora un momento al linguaggio parlato e scritto ed al modello gerarchico dell’interazione,e le sue possibili trasformazioni. Il prendere parola vicendevolmente (Regole del turn taking, campo di studio degli etnometodologi di scuola statunitense), costituisce un altro classico inciampo nella comunicazione telefonica e via internet. Soprattutto quando si tratti di far capire all’altro che la nostra pazienza è ormai agli sgoccioli.
Roland Barthes, riprende la tematica freudiana dell’ascolto, proponendone un vertice per individuare le forme dell'”ascolto moderno”, capace di disgregare con le sue mutevoli forme e prospettive, “con la sua mobilità, la rete rigida del rapporto di parola”.
Vi invito a iniziare a riflettere tutti sulla necessità di sviluppo dei nostri mezzi e contemporaneamente delle nostre capacità ed abilità comunicative: