Quando la notizia fa paura (storia di un povero virus)

Luigi D’Elia – Sara Ginanneschi

 

Proviamo a digitare la parola “allarme” su google e vediamo quanti suggerimenti arrivano: allarme psicosette, allarme meduse, allarme rosso, allarme terremoto, allarme tsunami. E se accendiamo la tv? Allarme influenza A, psicosi aviaria … ed è inevitabile guardare con odio il nostro compagno di viaggio in treno o in tram che per un banale raffreddore starnutisce nel nostro spazio vitale.

Qualche mese fa avevamo segnalato un articolo su questi toni allarmistici riguardante le persone sofferenti di problematiche psichiche frutto esso stesso di atteggiamenti contro-fobici.

Alcuni studi dimostrano come questo bombardamento mediatico possa indurre un disturbo simile per sintomatologia al Disturbo Post Traumatico da Stress, ma naturalmente di minor intensità che si manifesta con evitamento fobico delle “situazioni a rischio” percepite dalla persona.

Senz’altro questo genere di notizie ed il modo con cui ci vengono date in pasto ad ogni ora del giorno, stimolano l’attenzione selettiva verso segnali di pericolo, sia interni che esterni e che spesso sono i primi indici sintomatologici della maggior parte dei disturbi d’ansia. Inoltre il continuo allarmare e tornare sui propri passi, non fa che confondere le idee, se non indurre pensieri di stampo paranoide (ritrattano tutto per non allarmare, ma la situazione è grave).

 

Dal nostro Osservatorio ci domandiamo molte cose circa questa induzione fobico-ansiosa che parte dai media…

 

Innanzitutto ci domandiamo se sia poi così vero che una notizia “sparata” sui registri ansiogeni venda di più o faccia più audience, o piuttosto non generi alla lunga un’inflazione ed una saturazione, già sensoriale-percettiva, ma anche semiotica, che produce nel tempo una sorta di anestesia dell’attenzione che richieda, per essere superata, di alzare sempre più la posta dell’allarmismo in una escalation senza senso.

 

Ci domandiamo anche quale sia il confine che c’è tra diritto di cronaca, che vincola una redazione a informare sui fatti, e la tentazione allo shock gratuito in nome di un presunto picco di attenzione.

 

Ci domandiamo, viceversa, se i media non si limitino a fotografare piuttosto una realtà di per sé shockante e a riprodurla, piuttosto che crearla o orientarla in senso allarmistico. 

 

Quest’ultima domanda richiede probabilmente una riflessione più approfondita: forse la soglia tra riproduzione e costruzione della realtà non è così netta come la si potrebbe immaginare. Ed allora se i mass media sono nodi anonimi di una rete mimetica della realtà sociale e del clima che si respira, forse dobbiamo allargare il nostro sguardo a cosa sta accadendo nel mondo per comprendere i motivi dell’escalation di paura in corso (escalation confermata dall’aumento significativo delle patologie ansiose in Italia come in tutto il mondo occidentale).

 

Ma per comprendere meglio prendiamo un esempio concreto e a noi vicino: il caso dell’influenza suina, l’influenza A, di cui si parla da mesi.

Qui di seguito il reportage di un utente mediamente distratto/anestetizzato come potrebbe essere chiunque di noi (anzi, siamo proprio noi!), che attinge disordinatamente da tv e giornali le notizie in arrivo.

  1. Dapprima, quando il focolaio messicano è stato scoperto, la notizia ha assunto coloriture francamente apocalittiche. Le immagini dei messicani barricati in casa dal “coprifuoco” sanitario o che giravano con le mascherine e la rapida e incontrollata evoluzione pandemica del virus confermata dall’OMS, facevano pensare a certi film di fantascienza di maniera (dove solo un manipolo di sopravvissuti riesce a trovare, alla fine, il rimedio alla catastrofe).
  2. Poi, le notizie della diffusione globale (con tanto di mappe e numeri di malati e di morti per ogni paese) era solo parzialmente attutita dalle misure di sicurezza prese da ogni stato, compreso il nostro, tese alla riduzione del contagio.
  3. In seguito, le voci contrastanti sulle caratteristiche del contagio e della malattia si rincorrevano accavallandosi con il bollettino di nuovi casi di contagio, dei primi decessi, e con le contromisure tardive del mondo scientifico nella sperimentazione e diffusione del vaccino. Anche in questo caso, le notizie non erano per nulla chiare e rassicuranti: quanto è utile un vaccino non sperimentato, quanto potrebbe nuocere (magari più del virus stesso), forse non sarà pronto in tempi utili?
  4. Solo in quest’ultimo periodo, dopo serrati confronti mediatici tra esperti che consigliavano comunque l’utilizzo del vaccino ed esperti meno allarmisti (che apparivano fatalmente più superficiali rispetto ai primi), il nostro Ministero della Salute ci dice, attraverso Topo Gigio (!) che “L’influenza A è una normale influenza” e basta stare un po’ più attenti con poche ed elementari regole igieniche.
  5. Anzi, a ben vedere, i morti previsti (sempre comunque a causa di complicazioni in pazienti con altri gravi problemi concomitanti) saranno presumibilmente infinitamente meno di quanti mediamente miete una comune influenza stagionale (In Italia si stima che l’influenza stagionale causi ogni anno circa 8000 decessi in eccesso, di cui 1000 per polmonite e influenza e altri 7000 per altre cause. L’84% dei decessi riguarda persone di età ≥ 65 anni. Fonte: Simg).

 

Ora, a guardar bene questa parabola esemplificativa di questa attualissima notizia, veramente non ci sarebbe da stare affatto tranquilli, non certo per causa dell’influenza A e delle sue conseguenze (ormai l’abbiamo capito anche noi!), ma piuttosto per come la notizia è circolata e per gli effetti psichici che ha prodotto.

 

Cosa deve aver capito quell’utente medio di cui si parlava prima? Cosa gli è rimasto? Come presumibilmente si comporterà nelle prossime settimane?

 

Bene, qui i maniaci dei sondaggi di opinione si potrebbero sbizzarrire nel registrare questo o quel picco di questo o quel cluster, ma a noi, ahimè, il sondaggismo non convince.

Ci rimane la sensazione che se il Ministero ci parla con la voce di Topo Gigio può voler dire due cose opposte e contrarie:

  • l o che la quota di “bufala” della notizia era fin dall’inizio elevatissima e non c’è nulla di cui preoccuparsi
  • l o che ci stanno rassicurando come bambini raccontandoci l’ennesima favoletta per non allarmarci

 

Ma veniamo alle ultimissime notizie (14 Ottobre) sull’influenza A (fonte Doctor News):

 

“In Italia, secondo il rapporto dell’Istituto superiore di sanità, sono poco più di 10 mila i casi di influenza A. In realtà, noi pensiamo che si sia arrivati a 50-100 mila casi, ma molte persone non si sono neanche accorte di essersi ammalate. A dimostrazione che si tratta di un’influenza molto più leggera di quella stagionale”. All’interno del programma ‘Mattino Cinque’, alla domanda se l’allarme suscitato dal virus H1N1 sia eccessivo, il Viceministro alla Salute Fazio risponde appunto che “in questa fase l’allarme è sopravvalutato, perché l’influenza A è più leggera di quella stagionale. Ma in alcune persone può essere mortale: basta una piccola febbre per causare il tracollo delle funzioni in un organismo compromesso e questo non è da sottovalutare”.

 

 

 

Si, ma questo è vero in assoluto per ogni “organismo compromesso”… Perché questa inutile sottolineatura?

 

 

In tutti i casi la traccia inconscia di quanto è accaduto a livello mediatico somiglia molto ad un’angoscia sorda, acquattata profondamente dentro ciascuno di noi, non pensabile, che è pronta a tradursi in comportamenti autoprotettivi basici, istintuali, rivolti a sé e ai propri cari, che facilmente si potrebbero manifestare in incetta di vaccini, mascherine, disinfettanti e gadgettistica medica. Comportamenti accumulativi che ricordano le vigilie annunciate delle guerre o dei disastri naturali.

 

Gli individui imprigionati dal panico e preda di istinti di sopravvivenza, sembrano da un lato imprevedibili perché pronti a tutto, in realtà finiscono per restringere drasticamente le loro territorialità psichiche e le loro capacità di discernimento e diventano sommamente prevedibili nel chiuso della propria trappola panica.

 

In coda a questa ricostruzione mediatica relativa all’influenza A, una notazione certamente non secondaria: il costo (probabilmente elevatissimo) a carico del SSN – di tutti noi, quindi – dei milioni di vaccini acquistati e la non obbligatorietà del vaccino per nessuno, nemmeno per i sanitari. Due fatti che sembrano, se accostati, fortemente stridenti e che ci aprono scenari inquietanti.

Come s’intuisce, il cerchio qui, con quest’ultima notazione, potrebbe chiudersi e rispondere contemporaneamente a molte domande relative alla società panica e ai suoi correlati massmediatici.

Ci si domanda allora, volendo essere tendenziosi: ma non è che bisogna discernere poco ed essere spaventati (ma sempre nel modo sottotraccia qui descritto) per acquistare di più?

Noi psicologi conosciamo bene chi siano gli acquirenti impulsivi e/o accidentali. Tutto un mondo-gigante, dai piedi di argilla, si è fondato su di loro fino ad oggi!

 

Un individuo ansioso e subliminalmente intimorito è, dunque, un cittadino più allineato coi tempi e con le regole implicite della vita contemporanea? Sicuramente si. E se anche gli Stati sembrano comportarsi come acquirenti impulsivi, allora siamo messi proprio male.

 

Ecco dunque che giunge una prima risposta al quesito precedente: il mass-media si limitano a fotografare la realtà di per sé shockante e a riprodurla, piuttosto che crearla o orientarla in senso allarmistico?

 

Sembrerebbe che le nostre stesse basi psico-politiche necessitino di una certa dose di paura sorda per poter far girare la macchina. Non certo perché esista un demiurgo crudele che abbia deciso a tavolino questo, ma proprio perché il panico sembrerebbe un ingrediente necessario nell’attuale “minestra”. E soprattutto, dal punto di vista psicologico, se il nemico non si concreta all’esterno (terrorismo, terremoto, povertà, delinquenza), come talora accade, finisce per esplodere all’interno di noi.

Nulla come un virus letale rappresenta il protagonista del peggiore incubo, in quanto incarna sia il nemico esterno che quello interno: un oggetto esterno che in quanto invisibile e contagioso diventa immediatamente interno. Il virus rappresenta dunque una paura al quadrato, il male che prende forma in noi e ci possiede, una riedizione moderna della peste, ma una peste psichica.

 

Chi fa parte ancora dell’incubo? E chi si è già svegliato e lo può raccontare ad una persona amica?

Fabio Fareri

Author: Fabio Fareri

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2 Comments

  1. Solo per porgere i mie apprezzamenti che rispecchiano esattamente il quadro nel mondo dell’informazione e che allargherei anche alle notizie di altro genere, si fa sempre più difficile oggi distinguere i confini tra realtà (pura cronaca) dalla finzione, dettata da interessi di varia natura. Analizzando la genesi di questo malcostume creatore di disagi e malessere generale, osserviamo che segue quello che viene chiamato (regole del mercato) e che l’offerta può esistere solo se dall’altra parte vi è la domanda.

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  2. Perfettamente aderente alla realtà. Complimenti!

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