Maschi contro Femmine?

di Chiara Santi

Il sessismo miete vittime ovunque, senza distinzioni di genere. Sembra un paradosso, ma è quanto appare osservando con uno sguardo attento il fenomeno nella sua globalità.

La pubblicità, che forse è una delle forme espressive che meglio rappresenta lo specchio dei tempi che corrono, ci mostra le due facce di questa brutta medaglia.

 

L’immagine della donna, in questo settore, viene spesso usata in forme stereotipate, scindendosi fra la santa custode del focolare e una specie di femme fatale che punta tutto sull’aspetto fisico e l’aggressività sessuale spregiudicata. I cambiamenti culturali sembrano non avere avuto un grande riflesso sulle rappresentazioni pubblicitarie se non per il fatto che, dei due cliché, il secondo pare aver guadagnato più terreno sul primo. Il quale, probabilmente, oggi come oggi, “vende meno”.
D’altra parte, se alla donna vengono riservati ruoli così rigidi, ne consegue necessariamente che anche all’uomo non rimarrà da interpretare che quello rispettivo e complementare: il papà di famiglia che corre al lavoro per guadagnare la pagnotta o il macho seduttore e sciupafemmine.

 

Certo che, nella nostra società, perdura tuttora un vecchio retropensiero per cui la femmina seduttiva è poco seria, mentre il maschio conquistatore è da ammirare; di conseguenza, anche in queste rigide differenziazioni, rimane la donna nel ruolo maggiormentesvalutato. Eppure, se ampliamo lo sguardo, cioè valutiamo il messaggio generaleche viene trasmesso, anche l’immagine dell’uomo sta degradando velocementeverso l’idea di un maschio che vale solo per quanto è potente (lavoro, macchina, accessori vari) o quanto è bello (addominali, sedere, spalle), dove altri valori o caratteristiche personali sembrano non contare molto. Diciamo che, invece che migliorare la visione delle donne, sta peggiorando quella degli uomini, per scivolare in una logica sempre più aggressivamente consumistica, dove o l’oggetto di consumo è diventato il corpo stesso oppure può essere venduto passandosolo attraverso questo – indipendentemente dal collegamento con il prodotto reclamizzato – secondo quella che mi piace definire “la sindrome del macellaio” (“tre etti di coscia, per favore”; “due chili di petto, grazie”).

Il pensiero laterale, tanto osannato negli ambienti creativi, sembra invece essersi verticalizzato in due colonne distinte, maschi e femmine ingessati in ruoli stereotipati e, essenzialmente, oggettivizzati.

L’idea è continuamente la stessa, che il sesso aiuti a vendere di più, anche se il tema non è così semplice e bisognerebbe valutare effetti di generenonché altre conseguenze non necessariamente positive di certi tipi di réclame. Ma, al di là di tutto, utilizzare il corpo (a volte, persino singole parti dello stesso) con tale ostinata pervicacia, riduce tutti – uomini e donne – a meri dispensatori di parti fisiche e relativo piacere, riducendo sempre di più il senso e l’importanza della persona nella sua totalità e, soprattutto, nella sua qualità di essere pensante, ricco di valori, desideri, emozioni.

Fortunatamente, non tutti ci stanno e ancora qualcuno ha il cervello meno anestetizzato degli altri da provare a lanciare una provocazione: come riporta il sitonoino.org, “Il presidente dell’ADCI, Massimo Guastini, ha collaborato con Disambiguando, il blog della studiosa di comunicazione Giovanna Cosenza, producendo delle “prove di commutazione“. In pratica si gioca a sostituire con un uomo la figura femminile di una pubblicità, di un video o altro, mantenendo gli stessi atteggiamenti, pose ecc. Un buon metodo empirico per verificare il grado di sessismo di una forma di comunicazione, o perlomeno per dimostrare quanto siamo abituati a una rappresentazione della donna (e dell’uomo) tanto stereotipati”.

Unaltro intrigante esperimento è stato fatto nel bello spot di Pantene, come ci ricorda il sito 27esimaora.corriere.it. Poco importa se, in questo caso, lo scopo sia quello di vendere; non si criticano certo i pubblicitari per il loro mestiere, quanto per il modo non sempreeticamente e socialmente corretto di svolgerlo.

I risultati di queste sperimentazioni sono veramente interessanti, a volte talmente ridicoli da sorprendere addiritturagli “illuminati”, che si stupiscono nel vedere quante sfumature sessiste avevano finito per perdersi persino loro, immersi come siamo tutti in un’atmosfera culturale che incoraggia gli stereotipi sessisti per trarne nuoviprivilegi: non solo la dominanza dell’uomo sulla donna, che porta a indubbi ed ingiusti vantaggi di un genere sull’altro, ma uno stereotipo generalizzato su entrambi i sessi con lo scopo finale solo di vendere di più, legarcimaggiormente ad una visione rigida e univoca che punta sul possesso degli oggetti e su quello dei corpi (con le conseguenze di mercato che questi comportano) come valore primario e scopo di vita.

Naturalmente, è difficile capire quanto la pubblicità rifletta una società che va ogni giorno di più alla deriva rispetto a questi temi o quanto siano le réclame stesse ad influenzare la cultura. Il classicointerrogativo sulla nascita dell’uovo o della gallina, che rimane come al solito, almeno in ambito di società e cultura, senza risposta, semplicemente perché la domanda è sbagliata: le persone sono influenzate dall’ambiente ma, aloro volta, incidono anche su di esso in una logica circolare che non può trovare uno specifico inizio ed una fine determinata, ma che si svolge seguendo un percorso a spirale…evolutiva o, come in questo caso, involutiva.

 

Come psicologi, non possiamo non riconoscere un particolare merito a chi si occupa di ridurre le discriminazioni (in qualunque senso e verso qualunque genere siano dirette), ma anche a chi ama svelare gli inganni della mente, giocare con gli stereotipi per aprire il nostro sguardo e farci vedere le gabbie mentali in cui ci facciamo porre. Le donne da tempo denunciano la posizione svalutante nella quale vengono messe e la visione sessista della società che si diffonde, particolarmente in Italia, con ogni mezzo (ricordiamo che nel 2013 eravamo al settantunesimo posto rispetto alla classifica sulla parità di genere stilato dal World economic forum, persino in posizione inferiore a quella di paesi come la Cina); noi ci auguriamo che anche gli uomini, un po’ alla volta, si sentano coinvolti in questa battaglia che rappresenta una richiesta di rispetto non solo per le donne, ma per qualunque essere umano che abbia voglia di essere considerato di nuovo tale e non un semplice oggetto da vendere/comprare/sfruttare in onore del dio Business.

Author: Brian

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