Blade Runner
REGIA: Ridley Scott
CAST: Harrison Ford, Rutger Hauer, Sean Young, Edward James Olmos, Daryl Hanna
DISTRIBUZIONE: P.I.C. (1982) – Warner Bros (1993) – Warner Bros Home Video (Ed. 1982) Laserdisc (Ed. 1993)
ANNO: 1982
PAESE: Usa
GENERE: Fantascienza
DURATA: 01:58
Recensione di Manuela Materdomini
“Non siamo computer Sebastian, siamo organismi. Io penso dunque sono.”
Blade Runner (1982)
All’inizio del Ventunesimo Secolo l’impresa ingegneristica Tyrell Corporation realizzò un nuovo Robot, noto come “Replicante”, virtualmente identico a un umano, ma superiore ad esso per forza ed agilità e pari in quanto ad intelligenza. I Replicanti venivano usati nell’extra-mondo per i lavori più duri e per la colonizzazione di altri pianeti. Dopo una rivolta sanguinosa messa in atto in una colonia extra-mondo da un gruppo di sei Replicanti, questi vennero dichiarati illegali e condannati alla pena di morte. Squadre speciali della polizia, afferenti all’Unità dei Blade Runner, ricevettero l’ordine di sparare ed uccidere, al momento dell’arresto, qualsiasi Replicante che commettesse un’infrazione. Quest’azione non fu chiamata esecuzione. Fu chiamata “ritiro dal lavoro”.
Si apre così la pellicola del 1982 di Ridley Scott, tratta dal romanzo di fantascienza di Philip K. Dick dal titolo Do Androids Dream of Electric Sheep? (tr. it. Il cacciatore di androidi) del 1968.
L’opera terza del regista inglese noto al grande pubblico grazie a pellicole di fama mondiale come Alien (1979), Thelma & Luise (1991), Il Gladiatore (2000), è ambientata nel 2019 in una Los Angeles cupa e fredda, la cui aria densa è sferzata da macchine volanti e le cui strade vengono attraversate da colonne di fumo bianco esalato dai tombini e da vapori di banchetti cinesi takeaway annidati agli angoli delle strade. La storia si svolge in assenza di luce naturale, il sole non compare mai, una moltitudine di persone senza volto si aggira per le strade; l’atmosfera è quasi irreale e desolata. Mentre maxi schermi pubblicitari montati sui grattacieli invitano i terrestri disillusi a trasferirsi nelle colonie dell’extra-mondo, eldorado di buone occasioni ed avventure, dove una nuova vita li attende, Rick Deckard, un tenebroso poliziotto in borghese della squadra Blade Runner (interpretato da un giovane e convincente Harrison Ford), riceve l’ordine di stanare il manipolo di Replicanti ribelli e di eliminarli. Alla Tyrell Corporation, ingegneri e poliziotti somministrano test concepiti per provocare una reazione emotiva e in grado di misurare la relativa dilatazione dell’iride, al fine di individuare gli androidi ribelli. Un Replicante, infatti, non prova emozioni nemmeno se sollecitato dai ricordi d’infanzia innestati al momento della creazione. Inizia la caccia. Deckard, con il suo fiuto felino, scova immediatamente i primi due ricercati ma, dopo l’iniziale successo, il gioco si fa duro. Il poliziotto conosce Rachael (Sean Young), anche lei una Replicante, ma ignara della sua vera natura. I due si piacciono, si attraggono, si desiderano. Quale paradosso sorge se un robot prova dei sentimenti? Come ogni genio che si rispetti, Philip K. Dick, l’autore della storia a cui Scott si è ispirato per la realizzazione del film, ha profetizzato l’avvento di un’era che oggi non appare più così lontana, soprattutto per quel che riguarda le trasformazioni che hanno investito le metropoli contemporanee, e si è dimostrato capace di sollevare delle questioni che, a distanza di oltre quarant’anni, appaiono oggi più che mai attuali e che rimangono ancora insolute.
Lungi dall’idea di un robot fatto di fili e acciaio, in Blade Runner i cyborg assumono le sembianze umane e viceversa alcuni umani, come il fabbricatore di robot nerd J. F. Sebastian (William Sanderson), vivono isolati in palazzoni bui e polverosi in compagnia di bambole e robot da loro stessi programmati e animati, costruiti insomma a propria misura. Creati con l’idea che possano essere dotati della possibilità di accrescere le capacità dell’organismo biologico originale grazie alle loro nuove interconnessioni artificiali, i Replicanti nel film di Ridley Scott si sentono organismi a tutti gli effetti perché dotati della facoltà del pensiero e si ribellano al proprio destino di robot dalla fine programmata. “Io voglio più vita, padre”, chiede al capo della Tyrell il Replicante Roy (Rutger Hauer) che sembra un lupo albino e che sfida all’ultimo sangue il cacciatore Deckard sui tetti bui dei palazzi della città. Piove a dirotto. “Bella esperienza vivere nel terrore, vero? In questo consiste essere uno schiavo”, dice a Deckard poco prima di morire, in una scena che passerà alla storia. La fantascienza rimane fantascienza, sarà vero, ma anche a distanza di trent’anni dall’uscita nelle sale, Blade Runner fa provare ancora il brivido dell’onnipotenza di dare vita ad organismi così simili a noi, di cui l’uomo è il creatore e non Dio.