Pagamento sedute di psicoterapia non effettuate. La questione su Forum

È pervenuta all’Osservatorio di Psicologia nei Media una segnalazione sulla puntata del 6 Dicembre 2010 di Forum, nota trasmissione televisiva (Forum), seguita da milioni di telespettatori e trasmessa dal canale Mediaset Rete 4 riguardante la questione del pagamento delle sedute di psicoterapia non effettuate. Abbiamo deciso pertanto di aprire un dibattito, chiedendo ai nostri esperti di partecipare con un commento.

Invitiamo tutti coloro che vogliono dare un loro contributo di pensiero a questo dibattito in corso di scrivere direttamente nella zona commenti di questa pagina (o della pagina di ciascun commento tra quelli ricevuti) le loro opinioni. La zona commenti è moderata (passa un po’ di tempo dall’invio del commento e la sua comparsa sul sito) e darà ospitalità solo agli interventi non anonimi, contestualizzati e degnamente argomentati.

Buona lettura a tutti!

La Redazione

Link alla puntata della trasmissione:

http://www.video.mediaset.it/video/forum/cause_contratti/196539/le-ultime-48-ore.html#tc-s1-c4-o1-p1

Il fatto

Salvatore si rivolge al giudice di Forum perché la sua psicoterapeuta (Silvia) ha preteso il pagamento di una seduta alla quale lui non ha potuto partecipare per un improvviso e imprevisto impegno di lavoro. Salvatore aveva un appuntamento con la terapeuta per le ore 18 e soltanto alle ore 13 dello stesso giorno lo aveva disdetto chiedendo di procrastinarlo ad altra data. Secondo la terapeuta, in forza del consenso informato firmato dal paziente, questi avrebbe dovuto disdire l’appuntamento almeno 48 ore prima, con la conseguenza che non avendo rispettato il termine, era comunque tenuto a pagare la parcella di euro 75 relativa a quella seduta.

Secondo la terapeuta il pagamento della prestazione, anche se non erogata, è parte integrante della terapia che dal paziente deve essere considerata prioritaria rispetto a qualsiasi altro evento, eccezion fatta per i casi di forza maggiore. Il paziente, Salvatore, non intende pagare una prestazione di cui non ha usufruito.

La sentenza del giudice

Nella soluzione del caso posto in esame, è opportuno esaminare in via preliminare i due punti da cui la psicoterapeuta prende le mosse per legittimare la propria richiesta di pagamento:

La psicoterapeuta ritiene:

1)     che il pagamento della prestazione è parte essenziale della psicoterapia, cioè la prova tangibile e concreta dello scambio emotivo che avviene fra il terapeuta ed il paziente;

2)     che, con la sottoscrizione del consenso informato, Salvatore è comunque tenuto al rispetto degli obblighi e dell’obbligo di comunicare l’impossibilità di partecipare all’appuntamento fissato almeno 48 ore prima;

Entrambi i punti posti a fondamento della richiesta di Silvia appaiono al giudice privi di pregio. Che il pagamento della prestazione, effettuata o non effettuata sia parte integrante della terapia appare al giudice come un assunto opinabile soprattutto perché non risulta avere un fondamento scientificamente dimostrato. Non gli sembra che possa giovare ad una terapia del tipo di quella presa in esame stabilire un nesso così stretto tra il danaro e risultato terapeutico.

Rispetto al secondo punto, la clausola secondo cui il paziente che non disdica entro le 48 debba corrispondere l’intera somma della seduta, presenta il carattere della vessatorietà. L’art. 1469 bis del codice civile stabilisce che nei contratti conclusi tra consumatore e professionista si considerano vessatorie quelle clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivati dal contratto.

Nel caso specifico, tenuto anche conto della natura della prestazione fornita dalla psicoterapeuta, la clausola di cui si è detto prima presenta il carattere della vessatorietà, carattere tanto più evidente ove si consideri che proprio in quello stesso consenso informato, sottoscritto da Salvatore, è previsto che se il termine della disdetta non viene invece osservato dal terapeuta, la conseguenza è che questi dovrà semplicemente rinviare la seduta ad altra data.

È facile rilevare l’assoluto squilibrio tra la posizione dei due soggetti del rapporto: ad uno di essi si impongono obblighi e termini assolutamente perentori, all’altro nessun onere consegue ad un eventuale suo inadempimento. Ne deriva che Salvatore non è tenuto a corrispondere alcuna somma a Silvia.

Leggi il commento dei nostri esperti:

Dr. Dino Angelini

Anna Maria Ancona Dr.ssa Anna Maria Ancona

Dr. Roberto Cafiso

Dr. Paolo Migone

Prof. Corrado Pontalti

Dr.ssa Simonetta Putti

Prof. Giuseppe Ruvolo

Chiara Santi

Author: Chiara Santi

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19 Comments

  1. Buongiorno.
    Sono una libera professionista, da oltre 20 anni.
    1)Ogni qualvolta che ci si reca all’ASL di competenza per la prenotazione di qualsiasi visita specialistica,è ormai risaputo che la stessa ASL, in caso di mancanza di preavviso circa l’impossibilità di adempiere all’impegno preso con lo specialista di turno,invierà al domicilio dell’inadempiente, un bollettino conrelativo importo da pagare.
    2)Ogni qualvolta cio si reca da un medico specilaista,privatamente, in primis il dentista, viene fatto firmare,oltre al consenso, anche l’impegno al pagamento del dovuto se non viene fatto preavviso dell’impossibilità a partecipare alla visita.
    3)Quel tempo e quello spazio possono, ad ogni effetto, essere dedicati ad altri pazienti, anzichè obbligare il terapeuta a starsene in studio a girarsi i pollici.
    Grazie per avermi ospitata.

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    • @gabriella anania, sono d’accordo con la collega, mi rendo conto che 48 ore non sono poche, credo che avvisare entro il giorno precedente sia giusto altrimenti la seduta va pagata,questo in linea di massima, poi possono esservi dei casi particolari a cui andare incontro a discrezione del terapeuta stesso.

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  2. Premesso che il giudice non possa entrare nel merito della scientificità di qualche assunto senza rischiare l’arroganza intellettuale, almeno se in assenza di argomentazioni “scientifiche”, le motivazioni della disdetta di una seduta da parte del paziente appaiono spesso legate alla cosiddetta “resistenza”. se si desidera essere moderni (rifiutando per principio le intuizioni di Mr. Freud) e scienziati, si può semplicemente osservare ciò che avviente nel proprio piccolo campione, anche se non rappresentativo, di pazienti. Nel mio ad esempio, nel 99% dei casi di disdetta è stato ammesso dal paziente, venuto ugualmente in seduta dietro opportune spiegazioni e chiarimenti, che si trattava di forte ansia e aspettative distorte rispetto a quella particolare seduta e che l’idea di dover comunque pagare allo psicologo una parte dell’onorario era stato un deterrente per la fuga e per il superamento di quei timori. sottolineo che i timori e le ansie erano relative a contenuti mentali, emozioni e vissuti dello stesso cliente che semplicemente tentava di evitare (come ben sappiamo).
    pertanto l’evitamento e il deterrente economico ad esso, ammetto sia detestabile strumento, è parte integrante del progetto di cambiamento e/o di miglioramento della qualità della vita del cliente/paziente.
    un giudice veramente in possesso di informazioni scientifiche dovrebbe saperlo a meno che non abbia ancora una concezione superata di scienza come di “scienza esatta” con pretese irrealstiche che il nostro caro Popper avrebbe forse anche deriso.
    buon lavoro a tutti noi.

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  3. Gli psicoterapeuti impegano tempo per ogni seduta, non lavorano, come succede con altri professionisti, tipo catena di montaggio e quindi il loro tempo va rispettato.
    Personalmente più che ricorrere ad un giudice avrei lavorato sulla scelta e sulla ragione del rifiuto a pagare, visto che aveva firmato un consenso. A quanto pare c’era di più che non l’impegno di lavoro. Forse era un modo per dire basta questo non mi piace o siamo arrivati ad un punto che non voglio toccare. A me è successo, non sono andata da nessuno, ho aspettato che il paziente tornasse, dopo un pò di tempo e ammetesse spontaneamente che ci eravamo avvicinati ad una area non gradita, a volte una seduta non pagata può valere molto di più nello svolgimento del lavoro. Tutto sommato gli imprevisti esistono e quelli di lavoro sono prioritari se non si può scegliere.

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  4. Mie care colleghe, non vi pare che il nostro operato debba ricevere delle valutazioni esterne al nostro piccolo mondo, che a me per la verità pare asfittico, per migliorarsi? Non s’è mai visto che io disdico l’appuntamento con il medico o l’avvocato o chiunque altro e mi faccia pagare lo stesso. Solo noi facciamo questa cosa. Solo noi razionalizziamo in ogni modo delle prassi divenute consuetudini spacciandole con argomentazioni pseudoscientifiche. Ma li avete letti i pareri di Migone e Pontalti? Avete letto la storia delle 30 ore settimanali di Freud? Secondo voi che senso ha fondare le nostre prassi su consuetudini di 90 anni fa? Perché non usciamo dall’ipocrisia e dichiariamo che il motivo del pagamento delle sedute mancate è esclusivamente economico? Sarebbe onesto, trasparente e forse anche accettabile per tutti (salvo le giuste osservazioni del giudice che valuta vessatoria una clausola non reciproca!).

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    • @Giuseppe,
      Gentile Collega, ritengo di non aver alluso ad una consuetudine né mi appartiene il seguirne senza applicare del pensiero critico.
      pertanto, dato che siamo d’accordo, ti invito a rileggere più attentamente ed attivamente ciò che ho sostenuto nel mio precedente intervento.

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    • @Giuseppe,
      Sono davvero contenta del fatto che un professionista abbia finalmente dichiarato ciò che sotto sotto temevo fosse la ragione preminente della regola. Dal che mondo é mondo non credo sia difficile per un professionista percepire la resistenza del paziente oppure la reale impossibilità. Per parte mia se decidessi di non andare lo dichiarerei. Sarebbe per me necessario manifestare il dissenso. In una reale situazione di impossibilità a recarmi alla seduta ho comunque dovuto pagare la prestazione. Questa cosa é stata per me una vessazione enorme che credo abbia minato la pia bendisposizione nei confronti dell’analisi. Le regole vanno rispettate e quindi pago ma questo non significa che io non possa contestarla e credo che questa sarà una ragione per me per interrompere la terapia. Il diritto parla di cause di forza maggiore, possibile che per questa categoria la legge non valga? Sono amareggiata…

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  5. In primo9 luogo trovo pregiudichevole per l’immagine di un professionista, rendere pubblico il dibattico in questione perche è pressuposto che questi sappia gestire i rapporti col pz, e qualsiasi sottovalutazione o errore gli è utile per affinare la interazione.
    Non è opinabile il pagamento di una prestazione non effettuata se nel contratto terapeutico viene proposta una condizione equa per terapeuta e pz:48 ore di preavviso per disdir un apputamento è un termine inconsueto ed eccessivo, anche se per il terapeuta puo essere utile, la ASL richede 24 ore,l’Ordine dei medici 12.Anche prestazioni di estetica o masoterapia avvertono che la prestazione non disdetta 24 ore prima dell’appuntamento verrà addebitata.
    In merito alla funzione terapeutica, va segnalato che per alcuni pz, se negli obiettivi terapeutici c’è per esempio: gestione del tempo, stimolo alla motivazione, al rispetto dei propri impegni, è indiscutibile che il rispetto dell’accordo firmato venga imposto, anche per coerenza terapeutica.
    Può essere a volte opportuno chiarire che uno Studio privato non puo funzionare bene se non c’è ordine e rispetto negli orari e negli appuntamenti, funzione che il terapeuta, per il bene di altri pazienti, deve tutelare. Non è una funzione terapeutica, cio nonostante necessaria, percui si firma un accordo di accettazione o modifiche scritte di clausule che, chiarite a priori, lascia libero il pz di accettare col dovere di rispettare, evitando così discussioni future su interpretazioni personali.
    Oggi la parola paziente sarebbe sostituita da cliente, per cui, come in commercio, spesso conviene lasciar perdere, facendo tesore dell’esperienza per il futuro anziche rischiare di perdere una causa, che porta i media, secondo il momento, a demonizzare che si occupa della salute, come capita ai medici che si trovano sempre la stampa contro. Meglio evitare premesse per inutili contenziosi che si rivoltino contro la categoria anche degli psicologi J P Coppola

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  6. Se il programma televisivo Forum ha, oltre ad una non sottovalutabile valenza sociale, una valenza legale (vedi Pontalti: trattasi di arbitrato) la questione si fa di rilievo.
    Sebbene non condivida gli assunti epistemologici psicoanalitici e le pratiche che ne derivano, trovo improprio che sia un Giudice a dichiarare la scientificità di una teoria psicologica.
    Questa è una delle molte sirene d’allarme che segnalano la fragilità della valenza sociale e legale della nostra professione.
    Se la Giustizia si arroga il diritto di intervenire in termini di scientificità psicologica, bisognerebbe che lo facesse anche in campo psichiatrico, psico-farmacologico, ecc.
    E sebbene molti colleghi si augurano che finalmente la psicologia approdi ad una maggior coerenza epistemologica e produca prassi più efficienti, ciò non deve far confondere il dibattito interno alla nostra professione con la necessità della tutela della stessa.

    A mio parere la situazione avrebbe avuto soprattutto una valenza economica-contrattuale (concordo con Cafiso e con Anania) e da questo punto di vista il Ns. Ordine dal 2007 ha firmato una Carta dei Diritti del Consumatore-Utente con le maggiori associazioni di tutela che prevede anche il risarcimento rispetto ad un colloquio non effettuato.
    Personalmente anch’io non faccio drammi in casi di rinvio improvviso di un incontro (mi ritengo responsabile dell’appeal del mio lavoro). Al primo colloquio concordo che un rinvio a ridosso dell’appuntamento (meno di 24h prima) è concesso ad entrambe le parti; per l’eventuale secondo rinvio: se capita al mio cliente me lo paga, se capita a me quello successivo è gratuito.

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  7. Sono una giovane psicoterapeuta di formazione analitica.
    Ciò che mi stupisce di tutta questa vicenda “giudiziaria” è la totale assenza di una riflessione sulla e dentro la terapia, quella terapia che ha portato paziente ed analista a confrontarsi in tribunale. Premesso che se il contratto stabilito da entrambe le parti prevede il pagamento delle mancate sedute, tale dev’essere onorato, mi chiedo: la terapeuta non ha utilizzato l’obiezione del paziente per meglio indagare il trasfert/controtrasfert? Direi che arrivare in tribunale sia, come dire, un chiaro indizio che qualcosa si è perso per strada…
    quale psicoterapeuta accetterebbe di partecipare ad un programma tv del genere? mahhh

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  8. Salve a tutti.

    Mi permetto di intervenire nella discussione per apportare il punto di vista del paziente, sicuramente non scientifico, ma di testimonianza di vita vissuta, come si suol dire.

    Sono in terapia da diversi anni e ho un rapporto di fiducia con la mia psicoterapueta.

    Il tema del pagamento delle sedute mancate è stato però fonte di qualche disagio, forse anche perchè non è stato sufficientemente chiarito all’inizio della terapia; la 1° volta che è capitato di saltare una seduta, ho appreso che avrei dovuto comunicarlo in anticipo e in questo caso la seduta poteva anche non essere pagata, poi è venuto fuori che non l’avrei pagata solo la mia ora fosse stata occupata da un altro paziente, in altri casi ho pagato solo metà del compenso previsto per la seduta mancata…

    La questione fondamentale è però che l’unico motivo per cui mi capita di saltare una seduta è l’essere malata, e quindi anche sotto malattia, con orari per le visite fiscali da rispettare, che non mi permettono di onorare l’impegno preso per quel giorno, ammesso e non concesso che mi senta in grado di uscire pur avendo l’influenza e simili (fra l’altro la mia psicoterapeuta riceve in una città diversa sia dal mio luogo di lavoro che da casa mia, e devo percorrere parecchi kilometri).

    Visto anche che non si può prevedere con anticipo se si sarà malati, non trovo giusto aggiungere al “danno” di essere malati, e non poter fare la seduta, anche quello di dover pagare per una prestazione non avuta.
    Non mi sembra d’altronde sostenibile che la malattia sia sempre e comunque un modo per evitare di affrontare un contenuto psichico, mi sembra una posizione un po’ “manipolatoria” in cui il paziente non può che avere sempre la peggio…

    Mi sembrerebbe auspicabile avere una maggiore elasticità nella gestione di questi episodi, soprattutto una volta che il rapporto psicoterapeutico si è consolidato nel tempo.

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    • @Miriam, Gentile Miriam, condivido totalmente le tue considerazioni, se può consolarti non tutti i colleghi la pensano come la tua terapeuta, e penso che qui si stia proprio cercando di affrontare pubblicamente la questione del pagamento delle sedute che non convince molti di noi. Certo non si deve e non si può generalizzare ed il pericolo che intravedo è proprio quello di un confronto tra posizioni astratte e teoriche “si fa” e “non si fa” solo sulla base di ritualità del tutto lontane dalla vita reale. Così argomentano alcuni degli esperti (penso a Migone, ma anche Pontalti) venuti a commentare e ad animare il dibattito.
      Non escludo che talora sia consigliabile il pagamento della seduta non svolta, ma nella mia esperienza questa è un’eventualità molto rara.
      Saluti
      Stefano

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  9. Salve a tutti
    Sono una paziente profondamente amareggiata per l’atteggiamento evidentemente materialista nei confronti del tema denaro del mio psicoterapeuta.
    Premetto che mi era stato comunicato durante la mia prima seduta che avrei dovuto pagare le sedute anche qualora non fossi andata.
    Ritengo tuttavia che prima delle “regole” imposte dal vostro codice deontologico e dalle vostre teorie debba sussistere quella cosa chiamata buon senso e rispetto. Io rispetto il vostro lavoro ma quelli che davvero si impegnano siamo noi pazienti e quindi è nostro interesse essere attivi e presenti alle sedute. Io ho banalmente comunicato ben 1 settimana prima al mio teraputa la mia assenza alle successive due sedute per viaggio di lavoro a Londra e la risposta è stata perentoria: pagare comunque le sedute e avvisare prima.
    Ma stiamo scherzando?? un preavviso di una settimana mi pare oggettivamente onesto e corretto, qualità che però pare non appartengano al terapeuta che pretende il pagamamento per un lavoro non svolto. Mi permetto di dire che la teoria della resistenza secondo cui il paziente si dice impossibilitato ad andare dal terapeuta è un alibi che fa comodo a voi medici e penalizza noi pazienti.
    Dovrei forse portare una giustificazione e prova della mia reale trasferta all’estero per lavoro? La terapia si basa sulla fiducia reciproca. Penso che i vostri onorari siano già impegnativi, il percorso è di per sè lungo e importante, richiede dei sacrifici che perdonatemi sono soprattutto del paziente e come se tutto questo non bastasse io dovrei anche subire un ulteriore danno economico da una prestazione non avuta per oggettive ragioni solo perchè avete inventato questa regola? Voi dovreste avere una sensibilità e umanità tale che certe bassezze non dovrebbero essere permesse.
    E se faccio della resistenza sarà un mio problema…ricordiamoci sempre che quello che sta male è il paziente..voi fate solo il vostro lavoro.

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  10. Complimenti alla “mia” ex redazione per il coraggio di ospitare questo interessante dibattito del quale molto difficilmente si sente parlare in giro per i luoghi della professione. Gli ultimi contributi in viva voce di utenti che qui nel forum esprimono pubblicamente le loro opinioni mi sembrano inoltre particolarmente significativi e degni di attenzione. Se non altro perché in tutta la società civile si sente forte la necessità di partecipazione e democrazia e la nostra professione non è da meno bisognosa di questo.
    A latere di questo discorso sulle sedute non effettuate e riguardo invece il discorso del costo delle psicoterapie vorrei segnalare questa importante iniziativa di Psicoterapia Socialmente Accessibile http://www.wikio.it/article/79647874
    Un caro saluto a tutti
    Luigi D’Elia

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  11. Buongiorno a tutti,
    mi prendo la libertà di intervenire in questo interessante dibattito su un tema così delicato in qualità di paziente e sulla base della mia esperienza. Secondo il mio personale e, naturalmente, opinabile parere il discorso sul pagamento o meno delle mancate sedute non è generalizzabile ma va analizzato caso per caso, in base al singolo rapporto che si instaura tra paziente e psicoterapeuta. E’ giusto che esista un contratto, il quale però è inevitabilmente generico poiché è ovviamente impossibile prevedere tutta la casistica, praticamente infinita, e ritengo sia indispensabile che le negoziazioni vengano fatte su base individuale, tenendo conto della correttezza (o meno) e della fiducia (o meno) di entrambi i contraenti.
    Io sono in psicoterapia da un anno e non ho mai saltato un incontro, questo perché considero la seduta la mia preziosa e irrinunciabile “ora d’aria” e perché fare psicoterapia mi è stato e mi è di grande aiuto, nonostante i miei pregiudizi e le mie perplessità iniziali; ho un rapporto di stima e di assoluta fiducia nei confronti del mio terapeuta, costruito con il tempo e dopo lunghe e accanite resistenze nei suoi confronti. Mi è capitato 3 o 4 volte di dover cambiare orario o giorno di seduta, per impegni personali, e il mio terapeuta è sempre stato molto disponibile nel negoziare tali spostamenti, concedendomi anche orari che potevano includere la sua pausa pranzo. In un anno di terapia lui non ha mai annullato o ritardato una seduta, e questa la considero una dimostrazione di serietà e correttezza da parte sua. Se mi capiterà di cancellare una o due sedute, per cause indipendenti dalla mia volontà, gli pagherò comunque l’onorario, per un discorso di reciprocità. Se poi i miei impegni diventassero incompatibili con giorni e orari prestabiliti ne parleremmo e credo che troveremmo un accordo.

    Lui sa che una mancata seduta per me è una sofferenza psicologica e fa il possibile, compatibilmente con i suoi impegni e con le cause di forza maggiore, per far si che ciò non accada e per venirmi incontro. Io so che una mancata seduta per lui è un danno economico e una perdita di tempo e faccio il possibile affinché ciò non accada e per venirgli incontro, nonostante le mie disponibilità economiche siano limitate.
    Ma sappiamo entrambi di aver preso un impegno importante e ci comportiamo di conseguenza. Non si tratta semplicemente di rispettare le regole, si tratta del rispetto reciproco di due persone (e sottolineo persone, prima ancora che “paziente” e “psicoterapeuta”) che fanno un percorso significativo insieme.
    Ecco perché ritengo che sia doveroso che il contratto sia sempre “contrattabile” sulla base del rapporto che si instaura tra paziente e psicoterapeuta e sulla capacità del terapeuta di comprendere la sofferenza emotiva, le motivazioni e i comportamenti del proprio paziente.
    Cordiali saluti a tutti,
    Roberta

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    • Leggo: per impegni.personali ho cambiato orario …e il psicoterapeuta è disponibile….Ma allora va bene…Ma quando una persona avvisa 10 giorni prima( vacanze di Natale) di un impegno di lavoro …e la terapeuta non mi da un’altra alternativa…devo pagare ? Mi sembra allucinante…Se mi rompo una gamba e.sto a casa 3 mesi devo pagare ? ….

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  12. Salve, e se é la psicologa a spostare o annullare l’appuntamento????

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  13. a quasi due anni di terapia, svolta con massima puntualità e mai una seduta saltata, comunicai una sera che il giorno seguente non sarei andato dato che ci quella stessa sera mia madre sarebbe stata portata d’urgenza in ospedale e il giorno dopo avrebbe subito un intervento estremamente delicato. Tornato la volta dopo in terapia mi fu comunicato che avrei dovuto comunque pagare la seduta saltata per questione di rispetto, poiché la comunicazione era avvenuta la sera prima. Morale della favola? Quell’evento ha spento la mia fiducia in lei. Erano stati due anni duri e lunghi nei quali ho sempre portato il massimo rispetto e lavorato. Con tutte le spese sanitarie che dovetti sostenere per la mamma, l’ansia e la paura di quell’intervento in cui rischiava la vita avrei solo voluto un attimo di conforto, anche perché in due anni ho sempre pagato due sedute in anticipo e sempre con enormi sacrifici (ed il pagare in anticipo come ben sapete è un atto di enorme fiducia). Da quell’evento ho iniziato ad andarci a fatica e ho iniziato a chiudermi. Dopo due mesi ho interrotto la terapia e finalmente ho trovato un terapeuta più sensibile ed umano. Lascio a voi dedurre le conclusioni.

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    • anch’io ho avuto un’esperienza analoga, anch’io con mamma ricoverata d’urgenza in ospedale, anch’io dopo un periodo di sostanziale stasi nella terapia.
      anch’io super delusa e incazzata per la scarsa sensibilità / solidarietà ho lasciato la psicoterapeuta. credo che questa regola rigida e fredda non rispecchi le motivazioni iniziali di ( Freud ? ) rispetto alla “fuga”, ma piuttosto l’insicurezza o ingordigia di certi psicoterapeuti.

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