L’Italia chiede lumi sulla Sindrome PreMestruale, ma qui è ancora molto buio!

di Sara Ginanneschi

Dilagano anticipazioni preoccupanti sull’ultima fatica della task force APA, il DSM V, la cui pubblicazione è prevista per il 2013 (si veda per esempio l’articolo di DoctorNews che ci ha spinto a questa riflessione). Tendenza degli ultimi anni, vuoi per ingrassare le ditte farmaceutiche che inventano farmaci ad hoc, vuoi per un’imperante “ipocondria” collettiva, è quella di micro classificare ogni sintomo declinandolo all’interno di una nuova patologia che pare più studiata a tavolino che reale; ed ecco che arriva la sindrome da rientro dalle vacanze; la psicosi dell’influenza aviaria; e come farsi mancare tutta la collezione di dipendenze: l’addiction da cellulare, la games-addiction e chi più ne ha più ne metta. Ci giunge poi notizia che tra le sindromi del nuovo DSM, comparirà quella premestruale e subito ci chiediamo: in che categoria verrà inserita? Disturbi dell’umore? Disturbi psicosomatici, vedrai! Starà sull’asse I come tutte le patologie cliniche o invece rappresenta una tendenza di personalità e quindi si meriterà l’asse II? Beh noi pensiamo che dovrebbero creare un Asse VI per poterci mettere tutte queste patologie che offendono il senso comune e l’intelligenza.
Già nel DSM-IV-Tr compare una “Sindrome disforica premestruale” all’interno di un appendice che contiene  le proposte di  nuove categorie ed assi (l’avevo detto che serviva un asse nuovo!) indicati per un possibile inserimento nelle stesure successive del manuale. Accanto all’astinenza da caffeina (chi di voi non ne ha sofferto almeno una volta), ecco il Disturbo Disforico Premestruale che si manifesta con umore marcatamente depresso, intensa ansia, marcata labilità affettiva e diminuito interesse verso le proprie attività che hanno luogo regolarmente durante l’ultima settimana nella fase luteinica (la fase post-ovulatoria del ciclo mestruale), nella maggior parte dei cicli mestruali dell’ultimo anno. Questi sintomi scomparirebbero gradualmente nella prima settimana post mestruazioni, totalmente.
Accanto alla riflessione che qui si getta soltanto, sul fatto che questa estrema categorizzazione sia poco applicabile (e funzionalmente non troppo utile) al modello psicologico tout court che mal si adatta ad uno medico tanto indicizzato, viene da chiedersi: ma quante donne hanno questo disturbo? Possibile che non sia un disturbo ansioso o depressivo che si manifesta in maniera più spiccata a causa di una modificazione ormonale?
La sindrome premestruale sembra riguardare il 97% delle donne, secondo una review di Milewicz e Jedrzedjuk quindi abbiamo pensato che si trattasse di qualcosa di diverso da quella definita sul DSM, altrimenti ce ne saremmo accorti. Abbiamo quindi letto i sintomi come riportato nella tabella pubblicato su Maturitas e, per l’American College of Obstetricians and Gynecologists, i criteri diagnostici della PMS (e se è stato inventato un acronimo, dev’essere proprio una patologia vera) sono: depressione, scoppi di collera, ansia, irritabilità, confusione, ritiro dalla vita sociale; mentre, sul fronte somatico abbiamo: mastodinia, meteorismo, cefalea e ritenzione idrica in mani e piedi. Sembra di vedere la pubblicità di un noto antidolorifico “per quei giorni” in cui un unico dipendente maschio ha fatto incetta del farmaco perché circondato da donne mestruate ringhianti. Certo se sono davvero il 97% delle donne, vi deve essere capitato di vederne una con mani e piedi enormi, in preda ad una crisi di pianto che si trasforma in un attacco di collera, finisce in iperventilazione e si ritira confusa.
Continuando a leggere la rivista si apprende che se non avete mai visto una donna così è perché nella forma grave si manifesta solo nel 2,5-3% dei casi, autori azzardano fino al 6% e, nella forma più moderata nel 40% (la cui percentuale invita certamente a considerare che metà delle vostre parenti, amiche, colleghe.. può avere improvvisi e violenti cambiamenti d’umore e minacciarvi con le “manone” gonfie di ritenzione se addentate davanti a loro una stecca di cioccolato) già vien da chiedersi: che fine hanno fatto le restanti 51% delle donne citate all’inizio dell’articolo, boh, avranno avuto la PMS e si saranno ritirate in casa a metà studio.
A parte gli scherzi, indicare come patologica una condizione fisiologica normale e ben tollerata dalla maggior parte delle donne, è certamente un segnale allarmante del fatto che, dopo anni di lotta contro le discriminazioni e l’affermazione delle pari opportunità, stiamo tornando indietro, vanificando l’impegno di molte donne che per questa causa, sono anche morte!
Allo stesso modo l’esigenza di una categorizzazione ed indicizzazione tanto pregnante quanto “ossessiva” non sembra così utile né allo psicologo né alla persona che si vuole informare né, infine, alla persona che spuntando ognuno degli indici in esame, si viene a riconoscere.
L’utilizzo del DSM per psicologi e psicoterapeuti è certamente un modo per utilizzare un vocabolario comune tra colleghi della stessa specializzazione e medici psichiatri o neurologi. Il modo di lavorare, il modello medico v/s psicologico cui si accennava all’inizio di questo articolo sono totalmente diversi e perseguono anche obiettivi dissimili. In medicina il lavoro diagnostico e terapeutico è lineare, dalla diagnosi alla successiva cura; le cause di una Depressione Maggiore (tanto per fare un esempio) non sono tanto specifiche e questo vale per tutti i disturbi psicologici clinici, anche considerando tutti quelli che hanno una forte componente genetica, come ad esempio la Schizofrenia. Il modello psicologico prevede che, date certe condizioni iniziali, un disturbo può o non può manifestarsi. Qualora esso si manifesti, sovente sono gli stessi sintomi a definire la malattia: un umore depresso per la maggior parte del giorno, per la maggior parte dei giorni indica depressione. Inoltre la rosa dei sintomi comprende tutto ed il contrario di tutto: aumento dell’appetito o diminuzione dell’appetito; aumento di peso o diminuzione di peso; e così via.
Il lavoro dello psicologo e dello psicoterapeuta non è quello di spuntare dalla lista una serie di sintomi e risalire alla malattia. Se l’eccessiva indicizzazione ci è poco utile, ancora meno lo è al paziente che rischia di confrontarsi continuamente con queste liste di sintomi che si trovano sul giornale da parrucchiere, come sul quotidiano “importante” e che, nei giusti periodi dell’anno vengono sciorinate da tutti i telegiornali nazionali. La vita moderna è stressante e ci si confronta continuamente con standard impostici dai media e dallo stesso stile di vita, alimentandosi in un circolo vizioso, che è già difficile tentare di raggiungerli quando si sta bene. La malattia diventa in questo senso sia fonte di ansia in sé, che alibi per potersi rilassare un attimo: “ho la sindrome del rientro infatti non ho voglia di tornare a lavorare, la mattina mi fa male la pancia e la sera torno a casa con il mal di testa” … questo non solo può portare apprensione e talvolta angoscia, ma anche la ricerca di una medicina che, guarda caso, è esattamente quella che in maniera più che pregnante agisce su tutti questi sintomi. Chi ne guadagna dunque? Beh certamente chi questa medicina la vende!
Abbiamo divagato sul tema allontanandoci dall’incipit della Sindrome Pre-Mestruale, per la necessità di voler trattare questo “non disturbo” come tutti gli altri, come fonte di preoccupazione per la persona e di guadagno per chi vende il rimedio ad hoc e non addentrarci quindi in una discussione che da filo-scientifica sfocerebbe poi in un tema ben più ampio e complesso.

Gabriella Alleruzzo

Author: Gabriella Alleruzzo

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