Le psicosette e l’illusione della felicità

SEGNALAZIONE

Lunedì sera (22-03-2010) nella rubrica di approfondimento del TG2 Punto di Vista si Parla di Danilo Speranza sotto accusa come leader “santone” di una Setta Romana, viene chiamato in causa un gruppo di psicologi di cui il sedicente guru amava circondarsi, come si vede:

http://www.tg2.rai.it/dl/tg2/RUBRICHE/PublishingBlock-8e127f76-7fef-43f0-88c3-ae63a8f37568.html. Sarebbe necessario un approfondimento e anche un chiarimento da parte degli strumenti di controllo ordinistici. In trasmissione si parla di schiavitù psicologica ma non c’è nessuno psicologo che possa discutere di questi argomenti, è presente invece Don Aldo Bonaiuto che sicuramente conosce i fatti in oggetto ma nel contempo si pone in alternativa con un serio approfondimento psicologico professionale. Infatti vengono spiegate le vulnerabilità psicologiche e le dinamiche interpersonali con un generico malcostume sociale e bisogno d’amore e “la crisi”. Quando viene intervistata una ex adepta vengono chiamati in causa insieme a politici e assessori, un gruppo di psicologi dicendo: “psicologi sopratutto, questa è una cosa importante, perché lui amava circondarsi di psicologi”. Verrà precisato che questi psicologi facevano parte della setta. Don Aldo sottolineerà in seguito che questi criminali posseggono tecniche di “manipolazione mentale” in seguito si parlerà si “sette- e psico-sette” che spingono gli adepti verso il suicidio. Si parlerà quindi di “Psico-sette” proprio perché al servizio di questo santone lavoravano figure professionali chiaramente definite come psicologi. Il nucleo del problema è infatti “l’assoggettamento mentale” ma non vien in nessun modo esplorato. Suppongo che, anziché demonizzare la figura dello psicologo, sarebbe stato più utile invitarne uno in trasmissione. In seguito ci sarà un rimando al nuovo libro di Don Aldo Bonaiuto oggi in libreria. Così che il mondo delle psico-sette viene collegato al satanismo, come si evince dal titolo del libro. Il gioco è fatto: Cattivi psicologi al servizio del demonio. Sono un po’ preoccupato… Daniele (psicologo).

COMMENTO REDAZIONALE A CURA DELLA DR.SSA LORITA TINELLI

Nel 1998 il Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero degli interni descrisse nel modo seguente le ‘psicosette’:

I movimenti per lo sviluppo del potenziale umano, ovvero le cosiddette psicosette, rappresentano una novità tutta occidentale ove intuizioni psicoanalitiche, proposizioni morali, metodologie pretenziosamente scientifiche, rivelazioni iniziatiche e pratiche “liturgiche” si condensano in esperienze di carattere filosofico-religioso, che prescindono nella maggior parte dei casi dalla credenze di un Essere Supremo e da speculazioni escatologiche. Il comune denominatore di queste aggregazioni, diffuse per lo più sottoforma di centri psicoterapici, istituti di ricerca e scuole di formazione, è il proposito di aiutare l’uomo a scoprire il “Sé profondo” e a sfruttare appieno le proprie potenzialità inespresse, raggiungendo uno stato di equilibrio psichico e di efficienza fisica che gli consenta di liberarsi per sempre dai condizionamenti mentali, dalle malattie e dalle infelicità. Il più delle volte, per ottenere il risultato previsto, è richiesta la frequentazione di appositi “corsi” a pagamento (piuttosto onerosi) o addirittura la devoluzione di tutti i propri beni al gruppo ed un impegno a tempo pieno nelle attività dallo stesso organizzate.

Sono comunemente ritenute le sette più pericolose e capaci di operare una “destrutturazione mentale” negli adepti, conducendoli spesso alla follia e alla rovina economica: per cui sono anche spesso definite “culti distruttivi” (pp.  43-44)

Tali movimenti hanno trovato terreno fertile nel nostro Paese, in particolar modo negli ultimi trent’anni, grazie al diffondersi e all’affermarsi di una nuova cultura che ha posto la dimensione individuale in una forma esasperata e prioritaria.  Tale nuova cultura ha prodotto enormi cambiamenti anche nell’approccio verso la medicina ufficiale, affiancata ora da una naturale, olistica e meno aggressiva, più propensa a ricercare origini e cause delle malattie nell’ambiente e nel contesto relazionale e anamnestico del soggetto e soprattutto nella sua psiche.

Lo stesso  Jean Vernette, studioso di nuove religioni, nel suo libro New Age (Ed. Paoline, Milano 1992), afferma quanto segue:

«E stupefacente il cambiamento di paradigma operato dal NEW AGE soprattutto in materia di terapie e di tecniche di guarigione. Ai nostri giorni sono sempre più numerosi i medici e i gruppi di intervento terapeutico che fanno appello all’approccio olistico, alla medicina naturale e ai metodi di sviluppo del potenziale umano» (p. 78).

Anche alcune branche della psicologia hanno offerto un notevole contributo alle ideologie di riferimento di  queste organizzazioni, in particolar modo  la psicologia umanista o dell’autorealizzazione.  Questa infatti è considerata una “mentalità e un atteggiamento di vita”  (cit. Alessandro Manenti nella prefazione all’edizione italiana del libro di Paul Vitz Psicologia e culto di sé), con un senso comune nella rivalutazione della positività della natura umana e dei “grandi traguardi riservati al potenziale umano”.

E ancora Manenti afferma:

All’interno di questo modello si possono distinguere due versioni. Nella versione dell’attualizzazione, questa forza di base è la tendenza ad esprimere sempre meglio le capacità e potenzialità che già l’individuo possiede. Rientrano qui: Cari Rogers, Kurt Goldstein e Abraham Maslow. Nella versione della perfezione  la forza è piuttosto la tendenza a lottare e combattere per dare corpo a ciò che può rendere la vita completa, armonica, eccellente, forse anche compensando le carenze di partenza. Rientrano qui: Alfred Adier, Robert R. White, Gordon Allport, Erich Fromm e la psicologia esistenziale (ad es. Rollo May). La versione dell’attualizzazione è umanista, quella della perfezione è idealista. Nella prima la persona deve diventare ciò che già è, nella seconda, persegue dei significati che inventa (…)“.

E continua:

“…la psicologia umanista incoraggia il culto dell’uomo per se stesso, il proprio io o (…) il proprio sè (dall’inglese Self). E una psicologia «selfista», dove il sè e le sue esperienze sono il valore sommo e l’oggetto delle sue devozioni ultime: elementi che costituiscono per definizione le caratteristiche del culto religioso. Questa psicologia è diventata una nuova religione, con i suoi profeti ed i suoi nuovi riti” (In P. Vitz, Psicologia e culto di sé, ed. Devoniane, Bologna 1987, pp. 6-8).

D’altra parte è chiaro che ogni atteggiamento o idea in sé anche positiva e, magari, terapeutica, portata agli estremi, decontestualizzata o utilizzata in modo improprio ed alterato, può avviarsi facilmente ad ottenere effetti opposti e patologici. E’ evidente, quindi, che la condanna non può vertere sulla maggiore attenzione che nel tempo si è dato anche al Sé e alla propria realizzazione personale, che anzi può aiutare molte persone che, invece, distorcono la propria espressione per piegarla alle aspettative altrui, esibendo “falsi sé”, dipendenze patologiche, paure dell’abbandono e quant’altro; bensì sull’uso distorto, estremizzato – e in quanto tale alterato – e decisamente non etico che qualcuno, fra cui talvolta anche gli psicologi, come la cronaca ci insegna, può farne. In questi casi si rimane certamente fuori da un approccio scientifico, corretto e deontologico della psicologia e dei suoi mezzi. Le motivazioni per cui colleghi formati all’aiuto distorcano i loro obiettivi fino ad arrivare al suo contrario possono essere i più diversi e non è questo l’ambito della trattazione. Ma in questi casi, è evidente che gli stessi condividano certe finalità e obiettivi delle psicosette a cui appartengono, ritenendoli in perfetta armonia con il proprio bagaglio scolastico-culturale. Questa propensione, già gravissima di per sé, diventa ancora più pericolosa se si considera che qualsiasi professionista della salute con la sua sola presenza e con i titoli posseduti garantisce credibilità della setta agli occhi della collettività. Sapere che in un dato gruppo vi sono anche psicologi significa che il mondo accademico e istituzionale riconosce valido quel gruppo. Poco importa se le prassi interne e poco conosciute del gruppo stesso non siano in armonia con i criteri della scientificità e del rispetto dell’essere umano.

Tecniche quali il training autogeno, lo yoga, il reiki, l’iperventilazione …. vengono mescolate in un sincretismo di esperienze di condivisione collettiva, di spiritualità, di forte impatto emotivo. Nella maggior parte dei casi, chi agisce in tal senso non è lo psicologo del gruppo, ma una persona che non ha alcuna formazione né nel campo della psicologia né in quello della medicina. Gli psicologi compiacenti fanno da supporter e da sponsor. In altri casi sono gli stessi psicologi a utilizzare kundalini, varie tecniche di meditazione assieme a tecniche acquisite durante il percorso formativo. Una sorta di “sperimentazione” per una migliore conoscenza dell’animo umano.

Non solo, tali organizzazioni, che si presentano come Centri formativi, Gruppi di spiritualità, Centri di Consulenza …. spesso e volentieri si convenzionano con istituzioni di carattere sanitario o anche con università, al fine di formare personalmente i nuovi laureati per poi inserirli nelle proprie fila.

Lo stesso gruppo di Danilo Speranza, Re Maya, pare avesse una convenzione con l’Università La Sapienza di Roma per tirocini per neo laureati in psicologia, che si svolgevano ne la Casa Famiglia Re Maya sin dal 1994. In questi specifici casi non si può certamente non condannare tali istituzioni nella loro scarsa attenzione alle strutture che convenzionano, anche se certamente non sempre è facile distinguere chi svolge attività antiscientifiche, perché il più delle volte saranno mascherate in modo da non destare troppi sospetti.

Purtroppo, solo quando la cronaca ce ne rimanda le reali fattezze siamo pronti a chiederci chi se ne sarebbe dovuto occupare e perché non è mai stato fatto nulla. E soprattutto gli ordini che tipo di attività svolgono nel tutelare la professione da esperienze di questo genere.

Personalmente ritengo che una grande responsabilità nella tutela della nostra professione e dell’utenza ci riguardi di prima mano.

Il nostro codice deontologico ci indica una via. In particolar modo l’art. 8  che  recita quanto segue:

“Lo psicologo contrasta l’esercizio abusivo della professione come definita dagli articoli 1 e 3 della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, e segnala al Consiglio dell’Ordine i casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui viene a conoscenza.

Parimenti, utilizza il proprio titolo professionale esclusivamente per attività ad esso pertinenti, e non avalla con esso attività ingannevoli od abusive.”

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72 Comments

  1. Prima di parlare e tranciare giudizi bisogna conoscere.Un bisturi può essere utilizzato per salvare una vita o per toglierla, non per questo dobbiamo mettere all’indice tutti i bisturi.Alla base di ogni cosa è valido il principio ” primum non nuocere” . Dietro a questi commenti si cela la paura della critica e la coddetta scientificità serve a dare una apparenza di credibilità e inattaccabilità a coloro che più che al bene dei soggetti si preoccupano di salvaguardare la propria immagine. La psicologia non può essere imbrigliata nel cosiddetto rigorismo scientifico in quanto ogni persona è un’entita monadica irripetibile e le tecniche terapeutiche non hanno una validita assoluta. In quanto ai giudizi del prete , che è un adepto di una delle più grandi sette esistenti, va preso con le molle, dato che ancora oggi non accetta la pwsicoterapia o altre forme di pensiero che si discostano dalle regole da loro imposte e questo alla faccia della libertà di pensiero. L’uomo si evolve cosi come il sociale e compito della psicologia non è quello di chiusura e di imbrigliamento della psiche e della personalità, ma al contrario è quello di studiare, sperimentare e fornire strumenti che permettano alla persona di realizzarsi al massimo e di sfruttare il più possibile le infinite potenzialità della mente umana. La vera psicologia e gli psicologi, se vogliono essere tali devono essere amorali, altrimenti diventano essi stessi dei plagiatori che non hanno rispetto delle persone. Pertanto o si definiscono esattamente gli ambiti e gli strumenti che sono di loro specifica competenza o ci troveremo a dare la caccia ai fantasmi e a perdere tutte le cause per i cosiddetti abusivi, dimenticando o non conoscendo le battaglie che a partire dagli anni 60 abbiamo fatto per trovarci uno spazio professionale combattendo contro la categoria dei medici che ci considerava dei ciarlatani, venditori di fumo, ecc. ecc.in quanto quanto ci consideravano dei possibili antagonisti che attentavano al loro potere dogmatico. Mi ripugna il fatto della delazione a cui veniamo chiamati, ma se poprio volete, denuncio tutte le mamme del mondo, che sono le prime persone che esercitano l’attività di psicologo, plasmando e plagiando degli essere innocenti, vale a dire i bamini, In quanto alla morale cattolica, proprio in questo periodo di scandali concernenti la pedofilia e l’omosessualità e quantaltro, forse è meglio stendere un velo pietoso. Le reti televisive fanno il loro lavoro e invitano solo personaggi di loro gradimento e non veri psicologi. In 40 anni di libera professione mi sono sempre attenuto al principio di adeguare le teorie ai pazienti e non i pazinti alle teorie.I pazienti giudicano la nostra vlidità professionale in base ai risultati che ottengono e sono loro i nostri unici giudici.Per inciso,la parola setta indica – SOCIETà DI PERSONE SEGUACI DI UNA PARTICOLARE DOTTRINA PER LO PIUN IN CONTRASTO CON UN’ISTITUZIONE O UB’IDEOLOGIA COMUNEMENTE RICONOSCIUTA – e la nostra costituzione garantisce la libertà di pensiero e di opinione, altrimenti noi psicologi non potremmo esistere.
    Dr. Tullio Lombardi.
    Psicanalista, ipnoanalista – sessuologo.
    Fondatore e direttore dell’ISEPA – Istituto Superiore Europeo di PsicologiA Aplicata – Iscritto al N:5 dell’Albo degli Psicologi della Lombardia

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  2. Apprezzo moltissimo questa iniziativa. Finalmente si comincia a parlare di un fenomeno inquietante al quale, sembra, che le Istitituzioni siano refrattarie.Propongo un Congresso Nazionale al quale siano invitati anche Esponenti delle Forze dell’Ordine, Magistrati e Politici. Se si lasciano le cose come stanno, si rischia di affondare tutti. E’ il momento di una importante Rivoluzione Culturale. In alcuni Paesi sono state prese misure serie. In Italia, nessuno si muove. Perchè?

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    • @Rocco Cacciacarne, in Italia se si smuove la matrice massonica cade tutto a pezzi, ecco perchè non si prendono quelle che lei chiama “misure serie”.
      Siamo un paese fondato sulla loggia, così come lo sono gli USA, e questa è storia.
      Che poi in Italia ci sia la mafia, anche se non lo si studia sui libri di storia, questo è un fatto.
      C’è quindi una piovra che tocca tutti i settori, anche quelli economici dello Stato del Vaticano.

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    • @Rocco Cacciacarne, In altri paesi, più democratici e liberi, non si censurano le terapie in base al puritanesimo psicologico, ma si accerta l’efficacia di una pratica terapeutica. In Italia l’agopuntura può essere fatta solo da medici, unico paese nel mondo che l’ha resa di competenza esclusiva dei medici. Un paradosso, visto che l’agopuntura ha millenni di storia e nasce e si sviluppa nel contesto orientale taoista, distante anni luce dall’odierna medicina occidentale.
      Questo è l’esempio più lapalissiano del perchè una pratica terapeutica venga vietata, vista con sospetto o captata da un ordine più potente a livello politico, quello dei medici, per usarlo per finalità di esclusiva commerciale.
      All’estero esistono da decenni scuole di psicologia transpersonale accreditate sia a livello teorico che pratico. Se vogliamo essere scientifici, dobbiamo ammettere che il vecchio paradigma lineare causa-effetto è ormai stato sostituito, nei fatti, dal nuovo paradigma olistico-sistemico.

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  3. Maurizio Antonello è l’autore, del testo di L.TINELLI: com’è che è stato copiato? Anche se è morto da alcuni anni le sue parole andavano per lo meno tutelate. Un minimo di rispetto!

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  4. Gentilissima Eleonora,
    ho conosciuto il dottor Maurizio Antonello ed ho collaborato con lui, sino a fondare il CeSAP insieme nel 1999.
    Abbiamo fatto studi in collaborazione per diversi anni e, come lei saprà, anche lui anni fa scrisse un articolo molto dettagliato sulle psicosette per il GRIS, riferendosi a diversi autori e studiosi del fenomeno.
    Nel mio parere, qui pubblicato, mi sono riferita ad alcuni degli autori anche da lui citati, riportando nel dettaglio i riferimenti bibliografici, e non alle conclusioni o alle osservazioni dello stesso Antonello, altrimenti avrei citato anche lui.
    Spero però che oltre alla polemica, lei voglia contribuire in maniera costruttiva all’argomento di discussione

    Lorita

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  5. Il dott. Lombardi scrive:
    “Mi ripugna il fatto della delazione a cui veniamo chiamati, ma se poprio volete, denuncio tutte le mamme del mondo, che sono le prime persone che esercitano l’attività di psicologo, plasmando e plagiando degli essere innocenti, vale a dire i bamini, In quanto alla morale cattolica, proprio in questo periodo di scandali concernenti la pedofilia e l’omosessualità e quantaltro, forse è meglio stendere un velo pietoso.”
    Non condivido questa opinione, e la linea con cui viene proposta mi sembra troppo relativista: 1) tutti sono colpevoli di abuso della professione (anche ogni madre) perciò tutti innocenti (qualsiasi guru anche quello farabutto); 2) mi sembra un po’ forzata l’equivalenza con lo scandalo pedofilia nella chiesa per mettere a tacere qualsiasi giudizio o qualsiasi autorità dissacrandola, nonostante io non creda che l’opinione di Don Aldo Bonaiuto possa sostituire quella di uno psicologo e 3) questa idea che uno psicologo non debba neppure occuparsi della moralità o che essa possa essere chiaramente separata dell’etica professionale (in ogni caso l’etica professionale appartiene ad una professione quando essa è definita deolontogicamente).
    Cordiali Saluti

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    • @dr. Daniele Paradiso, Il Dr.Tullio Lombardi, in 40 anni di mestiere, avrà già sicuramente toccato con mano cosa significa etica professionale, e non credo debba imparare lezioni dai libri degli studenti di tecniche psicologiche, e men che meno dal codice deontologico (che è arrivato sul mercato 20 anni dopo i primi pazienti del Dr.Tullio Lombardi).
      “A forza di studiare con la testa vi siete dimenticati il cuore!” diceva il prof. Lorenzo Accame nell’Università degli Studi di Psicologia a Padova, troppi anni fa.

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  6. Utile condividere ogni libera opinione, interessante l’accostamento psicologia-religione, stimolante la storia della psicologia come setta. La militarizzazione dei parroci e degli psicologi darebbe grandi frutti, le missioni di pace vanno x la maggiore di questi tempi: importare la democrazia con le armi è un po’ come obbligare all’etica cristiana.. da cattolico quale sono non posso nascondere la verità dello sporco nella chiesa, ma non saranno i programmi televisivi ad incentivare il rispetto dell’uomo. p.s. anche io come eleonora avevo notato che la recensione era simile ad un altro testo, ora capisco perché. Se gli psicologi esprimono le loro opinioni liberamente è una garanzia deontologica in più

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  7. C’è una differenza tra osservare e giudicare (E tra educare e plasmare, condividere e copiare). l’osservazione non giudicante permette di vedere quel che c’è senza proiettare i propri scheletri nell’armadio (leggi paure e desideri). Questo osservatorio sulla psicologia, riprendendo le vesta inquisitorie di papale memoria, è un attacco al diritto di laicità, ma anche al sacrosanto diritto a credere in entità invisibili chiamandole dio, picacciu o iside. La legge è uguale x tutti!

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  8. Il movimento new age non è una setta, i più ne fanno parte senza avere mai letto un libro né fatto un corso. il mondo è cambiato, nessuno crede più nella infallibilità del papa, e neppure del medico. in italia la professione del mago è permessa, e le sue prestazioni magiche vanno pagate con rilascio di ricevuta fiscale. anche lo yoga è legale, e persino le tecniche di respirazione! respirare è ormai uno scandalo mondiale, e solo gli psicologi in acquario restano senza peccato. è un paradosso che non possano scagliare la prima pietra.

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  9. E lei, dottoressa laura da torino, permette che si perpetui tutto ciò a danno del suo prezioso lavoro??

    Che il New Age sia o non sia una setta credo che interessi poco. Ciò che più interessa sono le più variopinte esperienze di chi testimonia che in gruppi del genere non se l’è passata bene.

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    • @sigismundo docet, Vanno anche rispettate le più variopinte esperienze di chi testimonia che in gruppi di psicologia-psicoterapia-gruppoanalisi non se l’è passata bene.
      Anche io permetto che si perpetui tutto ciò a danno del mio prezioso lavoro!!

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  10. Colleghe/i che affiancano il loro nome a queste psicosette collaborando con esse infangano tutta la professione e mostrano una formazione personale a dir poco lacunosa. Andrebbero immediatamente radiati dall’albo con disonore.
    Mi pare chiaro che quelle pseudocolleghe che anche qui in questo forum sono giunte in soccorso della subcultura delle psicosette e di questa paccottiglia newage (dietro cui si celano solo interessi economici e strumentale uso della credulità altrui) farebbero meglio a cambiare mestiere e a dedicarsi con più costrutto ai tarocchi. C’è solo da vergognarsi di questo livello di discussione.

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    • @Uno psicologo, C’è una importante differenza tra formazione personale e formazione transpersonale: la prima attiene alla maschera che ci parla nel mondo, la seconda alla voce che ci guida dal profondo. Nella mia formazione seminariale mi sono avvicinato per studio a molte sette, ed il mio nome non è mai stato infangato. Il disonore è un concetto che veniva usato per additare i traditori e dopo venivano radiati dalle organizzazioni mafiose.
      La vergogna implica nascondere una parte che non si accetta, mentre qui si sta facendo opera di divulgazione. Non c’è quindi nè disonore nè vergogna nel parlare di sette, di Satana, di Dio ecc.
      C’è coraggio. E prima di giudicare il newage “paccottiglia”, mi chiederei: ma se è solo paccottiglia, perchè tutte le chiese conosciute lo temono? Non dimentichiamo che a livello economico le istituzioni religiose sono sempre in avanzo.. perchè?

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    • @Uno psicologo,
      Colleghe/i che affiancano il loro nome alla censura ideologica collaborando con la privatizzazione dell’etica infangano tutta la professione e mostrano una formazione personale a dir poco lacunosa. Andrebbero immediatamente interpellati dall’albo con interesse verso la piega fascista che sta assumendo la loro filosofia di vita.
      Mi pare chiaro che quei colleghi “tutti d’un pezzo” che anche qui in questo forum sono giunti per accusare di subcultura le psicosette e di interessi economici illeciti quella che chiamano “paccottiglia newage” sono convinti di fare il mestiere del carabiniere psichico che pretende di bruciare tutte le carte da gioco che non gli piacciono (perchè sa giocare solo al gioco del “io sono nella ragione e vinco, tu nel torto e perdi”).
      C’è anche da accettare questo livello di discussione.

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  11. I tarocchi vengono insegnati da decenni nel Carl Gustav Jung institute di Zurigo. i test diagnostici che giornalmente somministro all’asl di torino sono la stessa cosa, macchie di inchiostro. nella scuola di formazione in psico-terapia di bologna facciamo di peggio: interpretano anche i disegni e i pupazzi! e la cosa terribile è che insegno tutto questo all’università di torino nel corso di psico-diagnostica. e se proprio volete vergognarvi o dobbiamo vergognarci, pensate un po: i prof universitari che insegnano con me fanno parte dell’ordine degli psicologi, quello che dovrebbe sorvegliare. o forse voi siete un organo di potere maggiore?! beh forse un po di sana umiltà farebbe bene a tutti, me compresa. forse i miei 10 anni di psicoanalisi non bastano, né basta la laurea, né l’esame di stato! ma neppure la specializzazione né il dottorato sottopagato che sto finendo. e sì, nonostante tutto una cosa sola merito: essere radiata dall’albo di cui faccio parte, espulsa dai miei colleghi con l’accusa: eretica

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  12. Salve, onestamente mi sento di venire in soccorso di Laura. Non perchè ritenga giusto che gli psicologi si implichino nelle psicosette, ma per il fatto che, come Laura sottolinea, tutta la psicologia clinica è composa da sette e da pratiche settarie. In verità, non proprio tutta, visto che si fanno tanti buoni studi scientifici di psicologia generale e di psicologia clinica. Certo è, però, che la scena è per la maggior parte occupata dalla vecchia psicologia clinica, quella psicologia clinica malata di FREUDISMO che corrisponde alle varie SCUOLE DI PSICOTERAPIA.Oltre al mio libro su questo argomento, “Pensare il modello standard in psicologia clinica”, vi è anche un altro libro che consiglio a tutti coloro che non si riconoscono più nella psicologia clinica malata di freudismo, cioè “Il libro nero della psicoanalisi”. In questo libro, viene fatta opera di “anatomia microscopica” sul movimento della psicoanalisi, facendo venire a galla, oltre alle insanabili magagne epistemologiche , metodologiche, teoriche e tecniche della dottrina del “maestro” viennese, anche il vero problema degli psicoterapeuti contemporanei: IL LORO ESSERE DEI CLONI DI FREUD, OVVERO DEI PERFETTI INTERPRETI DEL FREUDISMO. Il personaggio Freud emerge infatti, dai documenti storici, come un arguto filibustiere che ha romanzato i suoi famosi casi clinici, per perorare l’efficacia della sua proposta terapeutica, oltre a mistificare l’origine delle pretese scoperte da lui effettuate: altro che teoria derivante dall’autoanalisi (tra l’altro un metodo sicuramente non scientifico)! Il medico viennese, infatti, non ha fatto altro che giustapporre abilmente idee che circolavano ai suoi tempi, la “biogenetica”, la “teoria della bisessualità infantile ecc, al fine di rincorrere teoricamente e tecnicamente la mamma di tutte le sue cantonate, ovvero la “teoria della seduzione infantile”. Certo è che con l’elaborazione della psicoanalisi i termini del discorso si spostano, passando dalla matrice esogena della “teoria della seduzione infantile” alla matrice endogena della “psicoanalisi”. Fatto sta, che il concetto di fondo rimane lo stesso: le nevrosi sono causate da arresti evolutivi nello sviluppo psicosessuale infantile. Freud era un personaggio caparbio, a lui non interessava assolutamente di riuscire a capire i fenomeni oggetto dei suoi studi: lui voleva essere ricco e celebrato. Quindi il confronto delle sue teorie con la realtà fenomenica neanche gli passava per la testa. Anzi, pur di dare sostegno alle sue teorie piegava ben volentieri i dati di realtà per farli rientrare nelle sue spiegazioni. CAPIRETE BENE, CHE DA QUESTI ATTEGGIAMENTI NON PUO’ CHE SORTIRE IL SETTARISMO. Quel settarismo che nei freudiani è diventato addirittura eroico. Quel settarismo che ha contaminato tutte le scuole di psicoterapia, anche quelle contenutisticamente più vicine alla cultura della scienza. Quindi, sono proprio gli psicoterapeuti a gridare allo scandalo se una collega si affilia ad una setta? Gli psicoterapeuti sono tutti settari, quindi in questo caso dovremmo proprio parlare degli asini (inconsapevoli di esserlo) che danno dell’orecchione al coniglio!! Finchè il FREUDISMO sopravviverà nella cultura della psicologia clinica, gli psicologi, gli psicoterapeuti e tutti gli “psi” di questo mondo non saranno mai tanto diversi da coloro che appartengono alle sette: parafrasando Laura, se proprio si deve appartenere a delle sette è forse più interessante, o comunque più divertente, interpretare i tarocchi, piuttosto che sogni e pupazzi…. .

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  13. La setta priva i propri membri della loro libertà personale: decide x loro cosa devono dire-fare-pensare. ogni ruolo professionale comporta privazioni di questa libertà, ma il vecchio buon senso degli uomini di mondo ci porta al discernimento tra bigotto-credente-schiavo. se la religione è l’oppio dei popoli, la psicologia ne è il fumo: più salutare ma inutile. oggi i popoli e gli individui hanno bisogno di guide e le trovano a loro misura. se cercano il guru lo troveranno e nessuno potrà fermarli, neppure x il loro bene. lasciate ogni speranza, educatori della psiche

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    • @un ALTRO psicologo,

      Salve, lei ha perfettamente ragione, io stesso ho fatto parte di una di esse, ed non è altro che lavaggio di cervello. Le sette psicoesoteriche sono pericolosissime, per una miriade di tecniche che hanno a disposizione, dai 36 stratagemmi cinesi fino alla mistificazione totale di un individuo, questa setta chiamata movimento umanista, o siloismo o altri nomi ancora, fa paura conoscono tecniche per rubare la forza annichiliscono tutte le persone che hanno una voce fuori dal coro, istituiscono corsi di psicoterapia, il suo fondatore Mario rodriguez cobos detto silo è visto alla pari di Gesù o Buddha Il vero problema cmq rimane che in questo periodo storico e sociale dove i valori ormai non ci sono più, l’essere umano si aggrappa a qualsiasi cosa pur di sopravvivere, e ritengo che oltre alla psiche quello che conta è la propria coscienza che puo essere sia costruttiva che distruttiva, in poche parole qualsiasi tipo di ideologia è una psicosetta, da quelle religiose a quelle politiche,l’italia in particolar modo è fondata su sette e massoneria. Ci sarebbe molto da dire ma mi fermo qui-

      Saluti take

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  14. Molto interessante questo slittamento al quale stiamo assistendo tra il tema dell’articolo (le psicosette e le loro collusioni anche tra gli psicologi) ed il settarismo, antiscientifico, anzi pre-scientifico, propugnato con allegra anarchia da taluni “colleghi”. Vogliamo mettere tutto nello stesso calderone per intorbidire le acque? A me non sembra una buona idea.
    Si, forse il germe del settarismo (del familismo, dello psichismo mafioso) esiste in lungo ed in largo nelle culture istituzionali di molti gruppi e gruppuscoli dello sconfortante panorama italiano e forse le matrici culturali insane non sono tutte ascrivibili ad una sola scuola di pensiero (anche questo è un modo di pensare settario in fondo), ma appartengono indifferentemente a tutti i contesti nei quali si assiste ad una deriva speculativa e commerciale e ad uno scivolamento in epistemologie premoderne ed apparentemente identitarie e affiliative.
    L’unico antidoto mi pare sussista nell’ancoramento a tradizioni di ricerca e a riflessioni epistemologiche all’interno di consessi allargati e non ristretti e autoreferenziali. Motivo per il quale qui si prova a ragionare, possibilmente con qualità, su molti capisaldi del nostro specifico professionale (non ultimo il dibattito sulla psicologia clinica, ancora in corso su questo sito).
    Credo comunque che uno psicologo ben formato debba sapere riconoscere e distinquere le proprie appartenenze e le proprie azioni professionali da quelle fideistiche o suggestive. In tal senso il riferimento del collega anonimo ai tarocchi mi sembrava più un’allusione al “taroccamento” della professionalità che una citazione a simbologie archetipiche… L’adesione o solo la simpatia (ahimè documentata) di alcuni colleghi ad organizzazioni poi dimostratesi delle vere e proprie sette indagate e condannate dalla magistratura per gravissimi reati (è di questo che si parla, non certo di sterili diatribe tra scuolette) rimane un fatto a sua volta gravissimo. Non può esserci equiparazione tra pareri equivalenti secondo un falso “opinionismo” o secondo un moderno gusto al facile revisionismo storico: chi mostra simpatia e adesione per le sette è fuori da una professione scientifica.

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    • @Luigi D’Elia, Posso ben capire la necessità di Luigi D’Elia di operare dei distinguo tra l’adesione alle sette ed il settarismo in psicologia clinica. La mia voleva comunque essere, essenzialmente, una provocazione. Tengo tuttavia anch’io a precisare, che il problema del settarismo in psicologia clinica non è semplicemente una “guerra tra scuolette”, anche perchè il sottoscritto non appartiene a nessuna scuola. Io sono semplicemente contro tutte le scuole, come ben testimonia il mio libro sull’argomento (Pensare il modello standard in psicologia clinica. Perdipiù, il problema del settarismo in psicologia clinica si aggancia a dei problemi etici mica da poco. E’ giusto, arrivati al 2010, trattare professionalmente i problemi di salute sulla base di presupposti filosofici? E’ giusto proporre a delle persone che soffrono dei trattamenti che seguono delle coordinate teorico-tecniche di imprecisata efficacia? E’giusto che gli psicologi parlino molto più di epistemologia che non della salute dei loro pazienti? Allora io dico, parliamo, noi psicologi, molto meno di epistemologia e stiamo molto di più, invece, a lavorare sul “pezzo”, ovvero sulla efficacia di ciò che proponiamo per aiutare le persone!Altrimenti, è inutile affanarsi tanto per voler delimitare le nostre prerogative professionali. Nel tempo, io credo che, continuando con questi astrusi e passivi atteggiamenti, ci appiattiremo sempre più, nella considerazione dell’opinione pubblica, verso la sponda dei “chiacchierologi”, piuttosto che verso quella dei professionisti della salute.

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  15. Si è uno slittamento, come quando la frizione slitta e l’auto resta ferma. acque torbide, sì, dove trovi di tutto. nel web si è in mare aperto, per viaggiare su binari prestabiliti si dovrebbe selezionare in entrata. vedere un intento è sempre possibile, ma si rischia di vedere quel che si vuole. io non ci vedo delinquenti che difendono le sette ma colleghi che difendono le loro credenze. esse condizionano la vita e il lavoro e non sono tutte uguali. io vedo il rischio terribile di essere imprigionati in una setta, al contempo il rischio di fare di tutta l’erba un FASCIO. ma io sono io, e non solo un ANOMICO psicologo. sono stufo di piegare la testa, è ora che noi giovani facciamo sentire la nostra voce: una rivoluzione contro tutte le sette al motto della libertà. e non ci starebbe male neppure un po’ di fraternità. per l’uguaglianza.. quella continuiamo a chiederla ai baroni massonici

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  16. Jean Vernette, nel passaggio citato dalla vostra redazione, ha operato lo slittamento tra setta e settarismo, proponendo la preoccupante ipotesi che sia la cultura degli ultimi 30 anni a favorire l’emergere delle sette. non è quindi anomalo se noi utenti finali dell’articolo ci riferiamo ad esso unendo i due ambiti. siamo semplicemente caduti nell’agguato, facendo sembrare nostra la difesa delle sette, mentre era originariamente vostro l’attacco alla cultura e all’individualismo moderni, frutto di una libertà forse esasperata, ma non anarchica, dotata com’è del riferimento culturale individualista. giro quindi alla redazione l’accusa di imporpidire manipolatoriamente le acque, introducendo una serie di pratiche terapeutiche all’indice.

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  17. “Cattivi psicologi al servizio del demonio. Sono un po’ preoccupato… Daniele (psicologo).”
    In effetti oggi, nell’uso della categoria di psicosette si è passati da un’accentuazione sul tema “-sette”, ad una sottolineatura dello “psico-”. Ma di qui a parlare di “lavaggio del cervello” o di “plagio mentale”/ “persuasione coercitiva” ce ne passa. Per lo psicologo, la questione va posta in altri termini e su un altro orizzonte. Il “bisogno di credere” è costitutivo dell’esperienza umana: dalla cieca fiducia di base del bambino nella madre, fino alla convinzione intima dell’innamorato circa i sentimenti del partner. Ma può anche scivolare in credulità e fideismo. Inoltre, il credere è spesso rinforzato dalla condivisione di un gruppo; in qualche caso fino a forme così irragionevoli che sembrerebbero confermare il classico vulgus vult decipi. Ma ciò vale per tutte le esperienze umane, …anche per l’amor di patria o per la fedeltà alla propria istituzione religiosa. Ora, i cammini della speranza sono spesso sentieri di fuga dalla disperazione: va loro riconosciuta una valenza psicologica, considerando la loro funzione, più che la loro “verità”. Tutto ciò può fornire qualche criterio per la valutazione psicologica anche delle psico-sette ad orientamento religioso. E quando la situazione diventa un problema di ordine pubblico? Allora non è questione di religiosità, vera o falsa e non occorrono leggi speciali per combattere le psicosette. Se c’è un reato, ci penseranno le polizie e i giudici, per quel che loro compete. Se c’è un abuso della professione psicologica (o medica) ci penseranno gli Ordini professionali (degli psicologi o dei medici).
    Ma che non si dia spazio ad uno Stato arbitro dei valori etici o giudice di ciò che è religioso (buono) e di ciò che è “satanico” (cattivo), di ciò che è libera scelta e ciò che è “plagio”. Che non si lasci ad un potere poliziesco la possibilità di confondere studio e divulgazione scientifica di un fenomeno, fosse anche criminale, con favoreggiamento e proselitismo.
    Attenti psi a non ergervi garanti di dio.

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  18. Caro “psicologo delle religioni” mi sembra che tu faccia finta di non capire. Non prendi in considerazione che nell’articolo e nella segnalazione si parla chiaramente di colleghi che hanno aderito a psicosette e non certo per motivi di studio. Certo, affermare che il fenomeno delle psicosette è uguale a tanti altri come mi pare tu faccia è come dire che tutti siamo colpevoli e quindi in finale nessuno. Peccato che i capi d’imputazione dei guru di queste sette sono gravissimi. Vogliamo dire che in fondo siamo tutti un po’ gaglioffi?!
    Perdere la facoltà d’indignarsi per queste commistioni criminali non è propriamente operazione culturale encomiabile, casomai è un (involontario? qualunquistico?) sofismo relativistico che confonde piani e principi, a quale fine??? Da psicologo preferisco continuare ad indignarmi per colleghi così impreparati tanto da cadere in una psicosetta (continuando a credere che non lo sia). Il mio non è un giudizio etico e personale, ma intende rimanere una valutazione deontologico-professionale, e … mi dispiace, continuo a pensare che il codice deontologico è alla base di una professione, se qualcuno non lo riconosce e non si riconosce è meglio che ne esca e che non operi.

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  19. Concordo con l’indignazione solo verso i casi effettivamente accertati in giudizio, mentre mantengo aperto il giudizio su quegli psicologi accusati – per ora – da sole voci di corridoio (per lo più vaticano) e gossip televisivo.
    L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, non sulle delazioni al padrone di turno, nè sul servilismo ideologico al pensiero forte o al paradigma dominante. Anche se, in effetti, per vincere un concorso in ASL non si può certo essere “psicologi anarchici”, come sottolinea la psicologa Laura da Torino.
    Per tutti gli indignati come lei riporto però questo brano che troverà illuminante:

    “All’inizio degli anni 1980 alcuni psicologi e psichiatri erano diventati piuttosto controversi per il loro sistematico coinvolgimento come periti di parte in processi contro nuovi movimenti religiosi, dove presentavano teorie anti-sette sul “lavaggio del cervello”, il “controllo mentale” o la “persuasione coercitiva” come se fossero generalmente accettate nella comunità scientifica. Nel frattempo l’American Psychological Association (APA) aveva accettato nel 1983 la proposta di formare una task force chiamata DIMPAC (“Deceptive and Indirect Methods of Persuasion and Control”, “Metodi ingannevoli e indiretti di persuasione e di controllo”). La dottoressa Margaret Singer, la più nota sostenitrice delle teorie anti-sette e della “persuasione coercitiva”, fu nominata responsabile del comitato DIMPAC con l’incarico di presentare un rapporto all’Ufficio per la responsabilità sociale ed etica (“Board of Social and Ethical Responsibility”, BSERP) dell’APA. La Singer scelse lei stessa la maggioranza dei membri del comitato DIMPAC. Tra questi c’erano, con altri, il professor Louis J. West (di cui si può dire che sia il più estremo rappresentante delle posizioni anti-sette nelle professioni psicologiche e psichiatriche negli Stati Uniti) e Michael D. Langone, un dirigente del movimento anti-sette American Family Foundation.” Introvigne, M. (2002). Il lavaggio del cervello: realtà o mito? Leumann (Torino): ElleDiCi.

    Dal canto nostro, come psicologi della religione, intendiamo studiare i fenomeni per coglierne strutture e dinamismi psicologici (individuali e di gruppo). Il nostro campo di indagine si estende (e si limita) a tutti i fenomeni che si presentano come religiosi (e/o spirituali, secondo le tendenze prevalenti nella letteratura anglosassone) siano esse definibili sociologicamente come religioni o come sette.

    Aletti. M. (Ed.) Psicoterapia o Religione? Nuovi fenomeni e movimenti religiosi alla luce della psicologia, Roma, LAS, 1994

    Aletti, M., & Alberico, C. (1999). Tra brainwashing e libera scelta. Per una lettura psicologica dell’affiliazione ai Nuovi Movimenti Religiosi. In M. Aletti & G. Rossi (Eds.), Ricerca di sé e trascendenza. Approcci psicologici all’identità religiosa in una società pluralista (pp. 243-252). Torino: Centro Scientifico Editore.

    Hood, R. W., Jr., Spilka, B., Hunsberger, B., & Gorsuch, R. (1996). Trad. it. Psicologia della religione. Prospettive psicosociali ed empiriche. Torino. Centro Scientifico Editore, 2001.

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  20. Allo psicologo indignato consiglio di prendere visione del nostro sito http://www.cesnur.org/ e capirà che non si tratta di sofismi, ma di un mondo vasto i cui confini abbiamo cercato di delimitare in anni di studi.
    In Italia ci sono tre gradi di giudizio più varie altre tutele, la prima delle quali è che non si può sbattere in carcere una persona solo per sentito dire, neppure se questa è medico o psicologo. Saranno i giudici (veri) a decidere, non per sofismi ma per fatti accaduti.
    Voglio continuare a credere alla buona fede di questi psicologi, voglio continuare a difenderli, e difenderli primariamente dai loro colleghi psicologi che spesso per invidia e scarso “spirito di corpo” tendono ad infangare la professione credendo di farle del bene.
    E mi voglio indignare del trattamento che in Italia si fa alla psicologia e agli psicologi, che (anche senza le masochistiche denunce di altri psicologi) sono obbligati a continui tirocini gratuiti, ad alte spese di formazione, ad anni e anni di studio senza che poi ci sia un Albo degli Psicologi che ne tuteli la professionalità contro gli altri poteri forti, chiesa e medici soprattutto.
    Fareste del bene a voi stessi se imparaste a vedere la pagliuzza nell’occhio degli altri ORDINI, anzichè sottolineare in tutti i modi la trave che avete nel vostro. Sarebbe una unione che fa la forza, mentre ora è una delazione continua che va a vantaggio dei dirigenti delle ASL, degli ospedali, che favorisce solo il mantenimento del potere da parte dei professori universitari e di quei pochi che fanno affari d’oro con gli studenti di psicologia (i loro clienti preferiti: affiliati e succubi, compiacenti e buoni pazienti).

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  21. “Attenti psi a non ergervi garanti di dio.”

    Dimostrazione palese che chi si definisce “psicologo della religione” non è altro che un cattolico che filtra la sua professione guardando prima il santino che porta nel portafoglio.

    Forse non si ha chiara l’idea che, in un setting di uno studio di psicologia o psicoterapia, le credenze proprie vanno lasciate a casa (o quantomeno ridotte ai minimi termini) e bisogna intervenire sui fatti cioè sul materiale che la gente ci porta, e verificarlo 100000 volte prima di esprimere una qualunque formulazione diagnostica

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  22. Condivido l’opinione di Sigismundo: le credenze proprie vanno lasciate a casa!
    Mi chiedo se gli psicologi che frequentavano la setta fossero compiacenti-consapevoli (e quindi carnefici a loro volta) oppure passivi fruitori-inconsapevoli degli insegnamenti del guru (e quindi vittime come gli altri, uomini ingenui la cui disperazione è stata usata per portarli al suicidio).
    Non mi sembra una questione da poco, visto che gli psicologi svolgono una importante funzione di sostegno alle vittime di traumi, abusi, ecc.
    La domanda deontologica che mi faccio e che rivolgo a questa interessante e viva marea pensante è:
    se è compito di uno psicologo tutelare la privacy del suo paziente, non va però anche tutelata quella dello psicologo? Può uno psicologo diventare paziente di un altro psicologo? Nel caso in questione: non è omissione di soccorso mandare al patibolo lo psicologo senza salvare la persona plagiata che ci sta sotto?!?
    p.s.
    complimenti per il forum, ce ne fossero di così liberi nelle pubbliche istituzioni!

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  23. Non condivido in pieno l’opinione di Ermes, anche se sarebbe auspicabile una neutralità dello psicologo.
    La storia della psicologia può essere descritta col riferimento a quattro tappe:
    1) nella prima il comportamentismo ha usato il condizionamento mentale per raggiungere lo scopo che si prefissava di volta in volta;
    2) nella seconda la psicoanalisi ha usato l’analisi mentale per scandagliare tutti gli anfratti della psiche personale;
    3) nella terza la psicologia umanistica di Anthony J. Sutich e di Abraham Maslow ha mostrato la potenzialità dell’essere umano: con le ricerche sulle peak experiences ha indicato la capacità di guarigione e trasformazione insita in ogni uomo;
    4) La quarta tappa è la psicologia transpersonale che segue l’approccio olistico: questo significa che si basa sulle emergenze spirituali come tappe fondamentali dell’evoluzione umana.

    Anche se sarebbe auspicabile una neutralità dello psicologo, la Legge di indeterminazione dimostra chiaramente che l’osservatore influisce sempre su ciò che osserva, persino sugli oggetti (Heisenberg).
    Inoltre a livello scientifico la PNEI ha dimostrato l’interconnessione tra i sistemi psico-neuro-endocrino-immunologico, per cui l’individuo è da considerare come un sistema interconnesso con altri sistemi di cui fa parte.
    Anche se lo psicologo non comunica a parole le sue credenze, le trasmette, essendo parte del campo che crea con il cliente.
    Una buona supervisione riesce a trasformare ciò che sembrerebbe una invasione delle credenze dello psicologo nella privacy del cliente in materiale diagnostico evolutivo per il sostegno psicologico del cliente stesso.

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  24. In realtà lasciare le proprie credenze a casa è proprio un auspicio, una indicazione da seguire, certo non una condizione possibile. Ci sono così tanti aspetti che connotano l’aspetto di una persona che si può sempre intuire una miriade di cose. Forse sarebbe meglio esprimere subito le proprie credenze per metterle poi da parte. Non so bene come funziona, ma a me farebbe piacere se fossi in crisi esistenziale potermi confidare con uno psicologo che accetta anche discorsi di religione, perchè onestamente non me la sento più di andare a confessarmi dal prete. Questi, sono fatti miei, lo so, però molte persone che conosco sono della mia stessa opinione, e cioè che sarebbe bello poter parlare di argomenti vicino alla spiritualità con persone competenti, ma che non cercano di convertirti. Mi piacerebbe avere una garanzia del tipo: qui puoi avere delle informazioni serie e competenti senza che io cerchi di farti diventare cattolico o new age, ma neanche freudiano o comportamentista.
    Ma mi chiedo: come fa uno psicologo ad essere neutrale se appartiene ad una di queste scuole? Non è la stessa cosa? Voglio dire, uno psicologo non dovrebbe avere un atteggiamento neutrale anche a livello di credenze psichiche, oltre che religiose?
    Mi piacerebbe trovare uno psicologo che mi consiglia le cose più giuste per me, e non quelle più giuste per la sua religione o la sua teoria di riferimento.
    Come ho letto prima in qualche commento, vorrei uno psicologo che mettesse prima il suo paziente, e non prima la sua scuoletta.

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  25. A mio avviso il punto sta nella confusione che c’è sui limiti deontologici della nostra professione nel caso in oggetto. O meglio, nella distinzione difficile tra una scienza giovane (la psicologia) fatta di teorie e credenze differenti (settarie) e il contributo di queste credenze nell’operare professionale, che disciplinato da norme deve rispondere anche ad una deontologia valida per tutti, e nonostante questo background variopinto, portarci ad una visione comune.
    Il rischio in questo caso, è quello di essere demonizzati (letteralmente) dai media come “plagiatori e corruttori di anime” e non solo di menti, attraverso strumenti psicologici cioè mentali. Cioè avvicinare le persone alle nostre varie credenze (poveri loro, non abbiamo le idee così chiare).
    Questo è il messaggio che potrebbe, a mio avviso, passare quando un sacerdote giudica l’intervento di psicologi al servizio di una psico-setta come quella di cui si parla. Accusarci di tirare l’acqua verso qualche mulino, e se non è quello della chiesa sarà quello della concorrenza…
    Sono contento che colleghi più preparati su questo tema possano precisare meglio questi punti.
    Per dirla in modo semplice: chi è il nostro cliente un entità spirituale (buona o cattiva) oppure la persona?
    Lo psicologo si occupa della salvezza dell’anima?
    Essa è cosa diversa dalla mente? In che modo?
    Se non c’è differenza, stiamo rubando il lavoro ai preti?
    Siamo sullo stesso piano, o il nostro metodo ci distingue?
    Sembra che non possiamo prendere le distanze dal proselitismo perché siamo proseliti di scuole di psicoterapia o delle nostre stesse credenze.
    Abbiamo gli strumenti per predicare male ma razzolare bene?
    Scusate il gioco di parole, intendo per rispettare la libertà altrui nonostante le nostre scelte personali (a volte confuse) e prendere questa posizione in modo unitario.
    Ciao a tutti

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  26. è grave che un prete confonda le sette con la psicologia!
    i salvatori di anime hanno l’esclusiva cristiana o possono anche essere una vecchina di paese che toglie i “vermi” ai bimbi, o che aggiusta le ossa?
    propongo qualche risposta:
    chi è il nostro cliente un entità spirituale (buona o cattiva) oppure la persona?
    il cliente è un uomo occidentale che non crede più molto a dio e alle streghe, che però non sta bene e non riesce a stare meglio con le pillole del medico, e così prova un po’ di tutto per stare meglio, e se trova qualcuno che gli risolve i problemi certo non gli chiede l’iscrizione all’ordine.
    Lo psicologo si occupa della salvezza dell’anima?
    No.
    Essa è cosa diversa dalla mente?
    Forse si.
    In che modo?
    Ora non so più rispondere, perchè o è diversa, e allora l’ambito psicologico è chiaro, o non si sa rispondere, e allora siamo tutti nella stessa ineffabile realtà inafferrabile dai camici bianchi.
    Se non c’è differenza, stiamo rubando il lavoro ai preti?
    Che gli psicologi rubino lavoro ai preti, questo è certo. Infatti non sono visti per niente bene dalla chiesa cattolica. sono invece visti bene dal buddismo, chissà..
    Siamo sullo stesso piano, o il nostro metodo ci distingue?
    Gli psicologi sono sul piano orizzontale, i preti su quello verticale. Anche se poi nel momento in cui gli psicologi devono fare il loro lavoro proprio come l’ordine degli psicologi vuole che sia fatto, allora anche gli psicologi prendono ordini da un piano gerarchico verticale.
    A questo punto ho la risposta: psicologi e preti fanno lo stesso lavoro, ma i primi secondo i dettami deontologici dell’ordine degli psicologi, i secondi secondo i dettami spirituali dell’ordine ecclesistico. La differenza non sta nel modo in cui fanno le cose, ma nell’autorità che li comanda: una laica e l’altra semi-divina.
    Quindi gli psicologi devono rispondere delle loro azioni all’autorità laica dello stato, il quale non può intervenire su ciò che le persone credono come male e bene.

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  27. Allo Stato laico moderno, per definizione non competente in fatto di religioni, non possiamo chiedere di giocare la partita della verità religiosa ma soltanto di fare l’arbitro.

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  28. Sui limiti deontologici, come noto, la legge n. 56/1989 definisce la professione di psicologo stabilendo che essa “comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito” (art. 1 Cit. Legge). Trattasi all’evidenza di un ambito molto ampio, che abilita lo “psicologo” ad operare efficacemente in moltissimi settori: clinico, sociale, psicologia del lavoro, benessere psico-fisico e crescita personale (crescita emotiva, cognitiva, relazionale, etc.).

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  29. Allora visto che questa è la legge non capisco perchè Manenti afferma:
    “All’interno di questo modello si possono distinguere due versioni. Nella versione dell’attualizzazione, questa forza di base è la tendenza ad esprimere sempre meglio le capacità e potenzialità che già l’individuo possiede. Rientrano qui: Carl Rogers, Kurt Goldstein e Abraham Maslow. Nella versione della perfezione la forza è piuttosto la tendenza a lottare e combattere per dare corpo a ciò che può rendere la vita completa, armonica, eccellente, forse anche compensando le carenze di partenza. Rientrano qui: Alfred Adler, Robert R. White, Gordon Allport, Erich Fromm e la psicologia esistenziale (ad es. Rollo May). La versione dell’attualizzazione è umanista, quella della perfezione è idealista. Nella prima la persona deve diventare ciò che già è, nella seconda, persegue dei significati che inventa (…)“.
    Ma se è la legge a dire che cosa perseguire! Non può essere una invenzione. Qui la Tinelli fa ti tutta l’erba un fascio, mettendo insieme Adler e Fromm, Allport e May, Rogers e Maslow. Ma non è così, e qualunque studente di psicologia lo deve sapere, visto che è materia di studio.
    Kurt Goldstein è un neurologo con 300 pubblicazioni all’attivo che non può essere licenziato come umanista o idealista, suvvia!
    La Tinelli continua:
    “Tecniche quali il training autogeno, lo yoga, il reiki, l’iperventilazione …. vengono mescolate in un sincretismo di esperienze di condivisione collettiva, di spiritualità, di forte impatto emotivo.”
    Ma come si fa a mettere insieme tecniche usate negli ospedali da decenni quali il training autogeno, con il reiki!
    E come si fa a dire che lo yoga è una tecnica di forte impatto emotivo, quando è una filosofia millenaria (laica) che mira all’equilibrio emotivo e alla pacatezza, liberando le persone dalle emozioni distruttive!
    Con queste premesse come ci si può sorprendere (Vogliamo mettere tutto nello stesso calderone per intorbidire le acque? si chiede Luigi D’Elia) se ci sono degli slittamenti dal settarismo alla setta?!

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  30. Per la prima volta sono felice di leggere una così interessante partecipazione ad un argomento
    che tocca dal vivo la nostra categoria. Chiaramente non concordo con tutti i pareri ,ma è giusto
    ch sia così! Vuol dire che la mia non è stata una lettura superficiale,ma ho dato peso ad ogni contributo anche nonostante il mio dissenso ,in alcuni casi..Quello che mi ha particolarmente
    disgustato è il commento espresso su Sigmund Freud, che è stato descritto irriverentemente non come quel grande che coraggiosamente e con molto rigorismo ha saputo affrontare il dileggio e il disprezzo della casta regnante dei medici. gettando le basi della psicanalisi e della psicologia clinica
    che senza di lui, probabilmente, ognuno di noi sarebbe costretto a fare un’altra professione , che so. lo spazzino, il lustrascarpe o quant’altro..Presentandolo come un palancaio e criticando le sue opere
    dimostra di non averle lette e se le ha lette non le ha capite. Non voglio con questo ne fare l’apologia ne la difesa di Freud, che non ne ha bisogno,ma vorrei che questo collega dimostri coi
    fatti di aver fatto meglio di lui e poi di esprimere giudizi. La società attuale è in continua evoluzione e cambiamento soprattutto col convergere e mischiarsi di gruppi multi etnici,che hanno fedi, tradizioni., usi, costumi e abitudini diverse, per cui il compito della nostra professione è quello
    di documentarsi in maniera acritica alfine di non commettere errori di valutazione come il considerare patologici comportamenti che nella realtà del soggetto sono perfettamente normali.
    Dobbiamo stare molto attenti a non cadere nel delirio di onnipotenza e onniscienza in virtù del nostro ruolo, dato che , come mi ha insegnato il mio vecchio maestro cinese, anche un orologio fermo segna l’ora giusta due volte al giorno. Vorrei sottolineare il fatto che al di la delle diatribe confessionali, non dobbiamo dimenticare l’oggetto del contendere, vale a dire il PAZIENTE.
    Quando si rivolge a noi per risolvere le cause dei suoi malesseri. A lui non interessa sapere quali
    Teorie noi seguiamo o quali metodi noi utilizziamo, a lui interessa stare bene il più presto possibile.
    Il nostro compito consiste nel fare il possibile e l’impossibile per raggiungere questo risultato, tutto il resto è accademia. Il medico più bravo non è quello che sa di più, ma quello che salva la vita al paziente agendo con la massima scienza e conoscenza di cui dispone., Fatto salvo il principio del
    Primum non nuocere. Se le sette raggiungono lo scopo di permettere alle persone di vivere in uno stato di equilibrio e di armonia con se stesse e di esprimere al massimo le proprie qualità e capacità, ben vengano. Se una persona sta bene con se stessa riesce a far star bene anche gli altri.
    Dr. Tullio Lombardi

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    • @Dr.Tullio Lombardi, Caro dottore,
      è veramente facile fare meglio di Freud, ma soprattutto è facile fare meglio dei freudiani e degli psicoanalisti in genere. Io non seguo affatto Freud, e tuttavia non faccio il lustrascarpe. Si chieda, prima di difendere il “freudismo”, se:
      1)la psicoanalisi è fondata scientificamente sia come teoria sia come tecnica terapeutica
      2) si chieda se se gli psicoanalisti non sono scivolati, da tempo immemorabile, nel settarismo
      3) si chieda se è giusto curare le persone sulla base di presupposti teorici di tipo filosofico
      4) si chieda se lei si farebbe curare sulla base di metodiche che risalgono alla fine dell’ottocento
      5)si chieda se la sofferenza mentale si debba identificare con la divertente nevrastenia di Woody Allen, e non sia invece una terribile realtà per milioni di persone, una realtà che merita il massimo rispetto
      6) si chieda perché, da Freud in avanti, sono nate una miriade di scuole di psicoterapia, ognuna con la pretesa di essere portatrice della “soluzione terapeutica” dei problemi mentali
      7) si chieda perchè non viene più invitato, a livello mediatico, un solo psicoanalista a parlare delle questioni legate alla salute mentale (a parte nel salotto di Marzullo)
      8) si chieda perchè esiste una sostanziale incomunicabilità tra le diverse scuole di psicoterapia (le ricorda qualcosa la chiusura dogmatica?)
      9)si chieda perchè non ha mai letto Popper, insieme a tutti gli altri sacerdoti della psicoanalisi
      10)si chieda perchè gli psicoanalisti non accettano le critiche sul piano epistemologico e metodologico
      e soprattutto…si ricordi di leggere “Il libro nero della psicoanalisi”, potrebbe aiutarla a schiarirle le idee sulle bugie raccontate da Freud per dare forza alle sue idee e al suo movimento culturale…o meglio alla mostruosità culturale che la sua dabbenaggine gli ha fatto partorire.

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      • @fulvio vignoli,

        Provo a rispondere io, come sempre..
        1)nè la psicoanalisi nè altre teorie sono fondate scientificamente, nella psichiatria attuale la costruzione sociale della concezione di malattia passa attraverso un progetto unificante bio-psico-sociale la cui forza e praticabilità si fonda non sulla verità delle assunzioni, bensì sulla loro adozione massiccia: un insieme di convenzioni vincolanti a partire da una metodologia indipendente da qualunque teoria di riferimento. In questo quadro “vero” è ciò che “viene presentato come fondato sui dati prodotti secondo metodi riconosciuti dalla comunità scientifica”, mentre i “modelli psicoterapeutici che pongono come discriminante una teoria e non un metodo”, come quello della terapia freudiana, sono destinati “ad essere esclusi dai meccanismi che entrano nella costruzione sociale della concezione del disturbo mentale e quindi della terapia”.
        2) la scienza in genere è scivolata, da tempo immemorabile, nel settarismo
        3) è giusto curare le persone sulla base di presupposti teorici di tipo filosofico?
        I modelli attualmente usati in psichiatria non permettono una falsificabilità delle ipotesi osservative, non avendo a disposizione nessun concetto di relazione tra organismo-psiche-sistema sociale. A questa mancanza la teoria sistemica pone un rimedio, tracciando delle connessioni tra organismi, sistemi psichici e sistemi sociali (Maturana, von Foerster, Spencer-Brown, N.Luhmann).
        I diversi tipi di fenomeni sono spiegabili all’interno del sistema di cui fanno parte, essendo questi sistemi operativamente chiusi e autopoetici; ciò implica che non vi sia nessuna interazione istruttiva tra di loro, e che l’interazione sia invece reciprocamente delimitante. Ogni sistema è autonomo, per cui “i fenomeni comunicativi sono spiegabili sempre soltanto secondo le regole della logica comunicativa, i fenomeni psichici sempre soltanto attraverso la logica della psicodinamica e i processi organici sempre soltanto attraverso la logica dei processi corporei” (Fritz Simon)
        4) io mi farei curare sulla base di metodiche che risalgono alla fine dell’ottocento se sono valide
        5)la sofferenza mentale è identificata con la divertente nevrastenia di Woody Allen, o con molto peggio, mentre non si sottolinea che l’alta sensibilità dei “matti” è un talento che va sviluppato, non una malattia che porta vergona e che va repressa
        6) sono nate una miriade di scuole di psicoterapia perchè ci sono miriadi di “soluzioni terapeutiche” dei problemi mentali
        7) stendiamo un velo pietoso sulle pillole di psicologia mediatica
        8) esiste una sostanziale incomunicabilità tra le diverse scuole di psicoterapia a causa della loro chiusura dogmatica da una parte, e a causa della pigrizia che non fa fare ciò che non porta al successo dall’altra
        9)è scientifico fare riferimento alla metodologia scientifica di Popper (1959) per verificare una ipotesi: la falsificabilità, ma la psicologia è una scienza?
        10)gli psicoanalisti non accettano le critiche sul piano epistemologico e metodologico perchè le trovano superficiali.

        Cercare le sette forse è di moda, ma ci sono questioni interne alla psicologia più pertinenti con il lavoro dello psicologo.
        Il concetto di spiritualità è il grande rimosso della psicologia contemporanea.

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        • @grave-mente, Salve,
          queste pompose argomentazioni, perlopiù di ispirazione post-modernista, non rappresentano altro che il solito arrampicamento sugli specchi degli psicologi che non amano la cultura scientifica, ma guai a dirgli che non sono a loro volta degli scienziati…ovviamente a modo loro!
          Questa ostinata strategia della “confusione”, su base epistemologica, per far sembrare le scienze della mente come quella notte hegeliana in cui tutte le vacche sono nere, è, oltre che vecchia e logora, anche francamente poco interessante sul piano intellettuale. Io credo che parlare della malattia mentale come di una forza mentale positiva non riconosciuta e socialmente stigmatizzata, sia un insulto a tutti coloro che hanno sofferto e soffrono di problemi della sfera psicologica: sarebbe un po’ come intendere il cancro come un eccesso di vitalità. Vergogna! Ma proprio vergogna di cuore! D’altra parte, per chi va cercando la spiritualità, ed ha quindi pruriti metafisici, è molto più confacente il breviario che non un libro di metodologia della ricerca. Peccato, perchè anche solo spulciando un libro di metodologia della ricerca, ci si accorgerebbe che è possibile fare scienza sugli argomenti propri della psicologia, così come la si fa su qualsiasi altro fenomeno del nostro universo; ma ovviamente lo pseudo psicologo umanista preferisce il relativismo culturale, l’ermeneutica, e tutte le altre improbabili argomentazioni che mirano ad evidenziare che l’invenzione narrativa è uguale alla scoperta, che la scienza è uguale alla religione, e che il soggettivismo solipsistico equivale all’onestà intelletuale del lavoro su base scientifica. Lo pseudo psicologo umanista vuol nascodere la propria pigrizia intellettuale sotto il comodo tappetino del relativismo culturale: e allora via con la solfa di Heisenberg, Maturana, Habermas, e con tutti gli altri argomenti che possono aiutarlo a camuffare il suo vero ed autentico intento, ovvero andare avanti con la propria insidiscutibile, personalissima, fulgida scienza, senza avere il problema di doverla confrontare con la realtà del mondo.Bravo, continuiamo così a farci del male. Se gli psicologi fossero tutti così, e per fortuna non lo sono, allora VIVA I CARTOMANTI E VIVA I SANTONI…ALMENO SONO MENO NOIOSI E PIU’ SIMPATICI!!!

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  31. In questi giorni a Torino si sta svolgendo l’esame di abilitazione all’Albo degli Psicologi del Piemonte. La prova scritta che è uscita nella mia commissione faceva riferimento alla figura dello psicologo nei media.
    Molti studenti hanno scritto di quanto essa sia screditata, bistrattata, abusata, traviata. Molti hanno scritto di quanto ci sarebbe bisogno di una comunicazione chiara sulla figura dello psicologo, citando la teoria della comunicazione. Ma pochissimi si sono posti queste due semplici domande:
    1) come si può essere oggettivi nel considerare il trattamento della figura dello psicologo senza avere una ricerca attendibile di riferimento?
    2) come si può essere oggettivi nell’osservazione degli psicologi nei media se si sta facendo un esame di stato per diventare psicologi?
    Allo stesso modo in questo forum non ho visto, neppure da parte di chi ha curato il COMMENTO REDAZIONALE, nè da parte di Luigi D’Elia, nessuna considerazione in merito al tipo di comunicazione che si sta usando. Nel forum i messaggi sono anonimi e le informazioni contenute al loro interno non possono venire falsificate. Invito a porre attenzione al mezzo che stiamo usando per connetterci, il medium della comunicazione. Un forum è rassicurante perchè qui non c’è una identità sessuale vissuta, ma solo immaginata. Io sono uno psicologo, sì, ma in questo contesto solo in forma virtuale ed autoreferenziale. Aggiungo inoltre che si assiste oggi ad un aumento del tempo dedicato al web, anche perchè è più rassicurante rispetto a quello delle relazioni nel quotidiano reale.
    Queste forme dialogiche on-line permettono comunque un confronto di idee! Come ogni confronto non c’è una parte più importante di un’altra, ma tutte convergono in una pagina che fotografa pensieri e sentimenti, immagini che hanno diritto ad esistere e ad essere viste.
    Non ritengo scandalosa la difesa delle sette, della religione, della spiritualità, di Dio, delle terapie transpersonali, dell’approccio olistico, del freudismo, dello scientismo o del settarismo. Scandalosa sarebbe la loro censura in nome di un puritanesimo psicologico figlio di un sano codice deontologico.

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  32. Gentile e sedicente collega “Grave-mente”, “all’Ordine” o Eliana80, o come tu voglia appellarti, mi sembra che pur moltiplicandoti nelle tue identità web (ma con lo stesso ip di partenza!) e pur moltiplicando il tuo interventismo a favore delle psicosette, non riesca a rendere attendibile una posizione così indifendibile come quella di chi simpatizza con le psicosette e dunque difende l’operato di psicologi dentro le psicosette incriminate di gravi reati (abusi, truffe, etc.).
    Hai avuto qui la tua possibilità di affermare (e senza censura) le tue opinioni, e visto che mi richiami a esprimermi sulla comunicazione in questo forum, ti dico che questo tuo comportamento inflazionistico di invadere questo forum con molte (troppe) e ridondanti comunicazioni e di fingere di essere più persone lo considero un indicatore chiaro di quanto lavoro formativo (tanto!) hai ancora davanti a te.
    Ti auguro quindi di incontrare dei nuovi e bravi formatori che sappiano indicarti con chiarezza vincoli e possibilità della professione di psicologo, ed eventualmente fermarti laddove certe posizioni personali cozzino così fortemente (come in questo caso) con un comportamento deontologico. In bocca al lupo.

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  33. Ci scusiamo per i messaggi considerati ridondanti, giustificati in parte dal fatto che le nostre opinioni non sono identiche, quindi le esprimiamo in modo simile ma non uguale. Siamo molti ad usare questa postazione web, e comprendiamo che il nostro interesse condiviso verso l’etica nella psicologia possa essere considerato settario, ma non lo è.
    Condanniamo fermamente tutte le psico-truffe e tutte le pseudo-sette che limitano la libertà personale. Siamo concordi sul rispetto pieno del codice deontologico dovuto dai membri degli albi professionali (a partire da quello dei ragionieri, che, pochi lo sanno, è stato usato come modello per quello degli psicologi).
    In quest’ultimo messaggio parliamo in forma corale, perchè è domenica e siamo tutti qui e, almeno sull’atteggiamento liberista (e non anarchico-libertino), la pensiamo tutti allo stesso modo.
    Lasciamo come ultimo nostro contributo un riferimento bibliografico non ridondante:

    Psicoterapie “folli”
    Conoscerle e difendersi
    di Margaret Thaler Singer e Janja Lalich

    Buon lavoro.

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  34. Nell’Informativa al trattamento dati personali e dichiarazione di riservatezza (D.Lgs. 196/2003) di cui responsabile è Luigi D’Elia, si legge che:
    “L’Osservatorio di psicologia la informa che, per poter fornire il servizio newsletter e acquisire segnalazioni ha bisogno dei suoi dati personali limitatamente a nome e indirizzo email. […]
    In base a tale legge, il trattamento sarà improntato ai principi di correttezza, liceità, trasparenza e di tutela della Sua riservatezza e dei Suoi diritti.”
    Ora, non voglio certo “Utilizzare toni provocatori o polemici, al fine di causare liti e/o di inasprire il clima ed il tono della sezione commenti”, come recitano le “Regole e principi della netiquette di Osservatorio Psicologia nei Media”, al punto 7, ma non mi sembra corretto che sia stata pubblicata parte della mia email (Eliana80), dato che nello scrivere il mio contributo mi veniva espressamente segnalato:
    “e-mail (non sarà pubblicata) (required)”
    Non ritengo che questa mancanza di riservatezza verso i miei dati personali possa essere giustificata (in alcun modo) da una ricerca sull’IP di partenza dei messaggi, perchè non è personale.
    P.S.
    per chi non lo sapesse l’ip è l’abbreviazione di Internet Protocol (protocollo di internet)ed è un indirizzo numerico (non personale) che assegna il provider di un servizio web quando ci si connettete ad internet.

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  35. Chiarissimo Fulvio Vignoli,
    Beato Lei che trova “veramente facile” fare
    meglio di Freud, dei freudiani, e di tutti gli psicanalisti che esercitano la professione con difficoltà,impegno e studio continuo,non solo basandosi su Woody Allen e su un paio di altri autori per aiutare i pazienti che si rivolgono loro, a risolvere gli stati di disagio di cui lamentano.Peccato non averla conosciuta tanti anni fa, che mi sarei risparmiato anni di studio, fatiche e soldi e non mi sarei imbottito la
    testa di bugie, fandonie e quantaltro per approfondire e ampliare le mie conoscenze, partendo dall’a-b-c, mentre Lei,a quanto pare, ha scoperto subito l’uovo di Colombo.Inoltre sembra l’unico che conosca Karl Popper, mentre io l’ho letto e studiato attentamente ,diversi anni or sono, ma probabilmente non ho capito nulla. Cos| come non ho capito nulla di Freud, melanie Klein, Jung, Adler, Frankel, e tanti altri che non stò a menzionare. Non mi sento il depositario della verità assoluta, ne faccio atti di fede o il difensore a spada tratta , sotto il vessillo ” in hoc signo vinces” delle iedee mie o altrui, ma mi quardo bene di sparare a zero su chi vede le cose in maniera diversa dalla mia o di buttare fango su alcuno dandogli del bugiardo,mistificatore o peggio,gratuitamente, senza motivazioni concrete.Non mi ritengo uno scienziato che basa tutto solo sulla cosiddetta scientificità, ma un modesto uomo di scienza libero da ogni paletto che lo imbriglia, che attinge a qualsiasi strumento gli venga messo a disposizione purchè gli permetta di raggiungere il risultato, sciegliendo la via più consona. Negli anni ho imparato che 4 non è composto solo esclusivamente da 2+2, ma che anche 3+1 e 6-2 ecc. fanno 4. La tavola pitagorica data da più di 2000 anni e non per q1uesto non la si usa più, visto che è ancora valida. L’uso dell’abbaco non mi impedisce di usare i computers. L’evoluzione non elimina o cancella tutto ciò che è venuto prima. La realtà attuale non prescinde dalla conoscenza della storia, ma al contrario ci permette di capire le cause che spiegano l’effetto. Con rispetto delle sue idee.
    Dr. Tullio Lombardi

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    • @Dr.Tullio Lombardi, Capisco il suo risentimento, Dott. Lombardi. Tuttavia, la questione è che se si vuole definire “uomo di scienza”, come lei si definisce, allora non può difendere a spada tratta, con così tanto slancio, la psicoanalisi, e ciò per un unico e semplice motivo: la psicoanalisi è una filosofia della mente, NON UNA SCIENZA. Quindi, è solo questione di fare una scelta: se si aderisce alla cultura scientifica bisogna conoscerne ed accettarne metodo e principi, altrimenti non ci si può definire “scienziato”. E’ proprio questo il problema: gli psicoanalisti vogliono continuare a studiare e professare le varie filosofie della mente, che compongono la più generale cultura della psicoanalisi, sotto le mentite spoglie degli scienziati, ed è qui che non ci capiamo. Eppure, è tanto semplice: se lei apre un libro di metodologia della ricerca scientifica vi troverà quali sono i principi che danno forma al quadro epistemologico della scienza, e scoprirà, quindi, che la psicoanalisi è totalmente fuori dalla cultura scientifica. E mi creda, non è questione di impugnare fumose ed inutili tesi epistemologiche Kuhniane, post-moderniste o d’altro genere: la scienza è quello che è, così come il sole è quello che è, la terra è quello che è, e via dicendo. Non c’è mica niente di strano a non voler fare cultura secondo i principi della scienza, basta però non millantare una adesione alla cultura della scienza che non esiste. Non servono astrusità intellettualistiche per occuparsi della salute della mente, serve solo la massima onestà intellettuale, nel confronto tra le teorie e la realtà del fenomeno di studio, e tra le coordinate tecniche che si seguono ed il riscontro della loro efficacia: ed è per questo che il sottoscritto preferisce la cultura della scienza alle ideologie, per il fatto che la cultura scientifica, nella sua pura forma, può vantare un’onestà intellettuale che le pratiche ideologiche non possiedono, e che non potranno mai possedere, per definizione. E non mi risponda, come fanno gli psicoanalisti di solito, dandomi dello “scientista”, perchè non è assolutamente il caso. Io non credo certo che la scienza sia onnipotente e onnisciente, e non credo nemmeno che si possa fare scienza sulla mente sulla base della pura scienza galileiana, deterministica e meccanicistica: credo invece, con cognizione di causa, nella via della “complessità”, che è la stessa cultura scientifica degli ultimi trent’anni ad indicarci come via percorribile nello studio della mente. Ma d’altra parte, se voi psicoanalisti volete rimanere sulle vostre posizioni, siete liberi di farlo. Non andate però in giro definendovi scienziati, perché allora siamo veramente alla ridicolezza: una ridicolezza che purtroppo dura da molti decenni, e che getta l’intera categoria degli psicologi, spesso associati dalla gente agli psicoanalisti, nel ridicolo. E ricordatevi, che i colleghi che la pensano come me, per fortuna tanti, sono stufi di questa situazione. Io credo proprio che ci vorrebbe un buon divorzio per sanare questa infelice unione tra la psicologia e la psicoanalisi.

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      • @fulvio vignoli,
        Chiarissimo Fulvio vignolo,
        Lei è talmente preso ad impartire lezioni che non ha capito
        nulla di quanto ho scritto.
        1° non vi è alcun risentimento da parte mia,ne, credo,da parte dei colleghi.
        2° lungi da me il definirmi,scienziato
        3° si da caso che all’esame di epistemologia abbia preso il massimo dei voti, probabilmente i docenti o erano ubriachi o
        completamente distratti.
        4° se gli psicologi sono tutti come Lei ben venga lo scisma
        poichè io e molti altri colleghi abbiamo un altro concetto della psicologia.
        5° La scienza non è appannaggio esclusivo degli “scienziati”
        6° con questo chiudo, dato che sta diventando una sterile polemica degenerantesi in una stupida gara di personalità per
        dimostrare la sua bravura e il suo dotto sapere,uscendo dal seminato,vale a dire dall’argomento in questione, cioè le psicosette.
        La saluto.
        Dr. Tullio Lombardi

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  36. Mi scuso con Eliana80 per questa involontaria svista, ma visto che il gruppo (o i singoli plurimi) che è stato scoperto prendere di mira questo sito e questo articolo spargendo una cortina fumogena inverosimile s’è firmato con ben 8 nomi diversi (quasi sempre con pseudonimi e email false): “Psicologo delle religioni”, “Ermes”, “Dott.Avena”, “Uno psicologo”, “grave-mente”, “all’Ordine”, “coral-mente” e finalmente “Eliana80”, diventa facile sbagliarsi.
    Trovo questo modo di comunicare di questo gruppo che fa formalmente riferimento alla “psicologia della religione” (e secondo le mie riservate informazioni a un preciso centro studi sulle nuove religioni), assai curioso, a tratti inquietante dal momento che opera una precisa azione di confusione laddove si cerchi di discutere del fenomeno delle psicosette dal vertice di un’etica laica e professionale. Fenomeno, questo delle psicosette tra l’altro, da alcuni di questo gruppo (sempre se di gruppo si tratta e non di singoli sabotatori), chiaramente spalleggiato, cosa che, visto l’aspetto manipolatorio di quanto fin qui accaduto, non desta alcuno stupore.
    Un centro studi sulle nuove religioni che tiene bordone (almeno in alcune parti) alle psicosette è qualcosa di veramente inquietante e che dovrebbe interrogare tutte le coscienze civiche e professionali che afferiscono a questo sito (e non solo).

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  37. Anche la coscienza civica andrebbe coltivata: difendiamo i nostri diritti contro il decreto sicurezza che metterà un bavaglio al web. chi dorme nella democrazia si sveglia nella dittatura

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  38. Penso che sulla differenza tra sette e settarismo ci sia molto da dire. Sul settarismo della psicoanalisi come pratica e come “dottrina” anche. Che molti professionisti siano ufficialmente e legalmente riconosciuti come tali, pur essendosi “formati” alla pratica freudiana, è innegabile. Che alcuni di loro abbiano ripudiato la propria iniziale formazione psicoanalitica già dagli anni ’50, come A. Beck o A. Ellis, percorrendo nuovi sentieri radicalmente alternativi alla psicoanalisi, e dando luogo a nuove e fruttuose ricerche è anche innegabile.
    Che S. Freud non abbia mai sottoposto né le sue concezioni né il suo metodo ad uno straccio di verifica sperimentale è ampiamente noto. Che questa scelta (che la si chiami “ermeneutica” o altro) abbia portato la psicoanalisi in un vicolo cieco è una realtà la cui consapevolezza comincia gradualmente a diffondersi. Sia nella comunità della psicologia clinica, che nel grande pubblico. Sia pure in ritardo.
    Se Freud abbia creduto sinceramente di fondare una nuova disciplina scientifica, o fosse stato disonesto nei suoi scritti (come suggeriscono alcuni ultimi documenti “desecretati”), interessandogli solo prestigio e potere, tuttosommato lo giudico un problema limitato alla sua persona. Se ne occuperanno gli storici. Ciò che conta è che oggi molti colleghi, entrati nel movimento psicoanalitico credendo sinceramente di potersi così formare ad una valida pratica psicoterapica, non hanno ancora questa consapevolezza. Ciò che conta è che molti pazienti che entrano in analisi credendo di esserne aiutati vi rimangono per molti anni, senza vantaggio e con difficoltà ad uscirne. Con grande danno pubblico dell’immagine stessa della psicologia clinica come disciplina e della professione della psicoterapia, che ne usa i saperi, veri o presunti che siano.
    Personalmente, sono sicuro che il settarismo non è una malattia solo della psicoanalisi, anche se in essa è una malattia congenita; purtroppo, lo vedo anche in altri approcci. Inoltre, ho conosciuto anche psicoanalisti che non sono settari.
    Sono dell’avviso, tuttavia, che il migliore antidoto al settarismo è una buona formazione metodologica: la consapevolezza cioè della necessità così come dei limiti del metodo osservativo e sperimentale anche in psicologia clinica. E’ la formazione metodologica che induce a mettere in dubbio assunti anche fondamentali e considerarli solo utili ipotesi. E’ la formazione metodologica e critica che rende consapevoli della propria fallibilità. Senza questa formazione, si vendono solo certezze. E si scivola nel settarismo. Una importante domanda quindi potrebbe essere: quali scuole in psicoterapia forniscono tale formazione?

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    • @Lucio Sibilia, Alla domanda di Lucio Sibilia, che colgo l’occasione per salutare, vorrei rispondere: nessuna scuola in realtà, neanche quella di esse più vicina alla cultura della scienza, insegna a riflettere con rigore metodologico sugli argomenti della psicologia clinica, e della psicologia in generale. Guardando con occhio prospettico alla storia della psicologia clinica, è evidente che il virus del settarismo si è diffuso, in psicologia clinica, da Freud in avanti. Con il settarismo, la psicologia clinica diventa niente più che un insieme di “filosofie della mente”, spostando il baricentro intellettuale della disciplina verso un marcato atteggiamento estetico, piuttosto che scientifico. La realtà è che la psicologia clinica è diventata, quindi, più una questione di gusto personale che non di riflessione razionale sugli argomenti.In base a questo ragionamento, ne discende che tutte le scuole di psicoterapia formatesi nel tempo possono essere considerate, essenzialmente, niente altro che dei cloni della psicoanalisi. In tutto questo, la cultura scientifica in psicologia rappresenta, entrando in metafora, quel fiume sotterraneo, che nel momento in cui verrà a sgorgare in superficie finirà per distruggere le tante “città-stato” esistenti nell’ambito della psicologia clinica. Quelle “città-stato” che rappresentano il risultato principale di un secolo di storia della disciplina dominata dal freudismo. A fronte di questa evoluzione, che io auspico vivamente, mi sembra però che la questione più inquitante sia rappresentata dalla “narcosi” intellettuale in cui versa una grande fetta degli psicologi esistenti. Purtroppo, il fatto di essersi così tanto abbeverati alle sorgenti ideologiche esistenti, ed il fatto di aver creato su certi esigui, se non ridicoli, presupposti, tutta la propria dignità professionale, fa sì che che per molti psicologi sia difficile liberarsi dall’atteggiamento settario. Mi sembra, che la maggior parte delle speranze in un’inversione di questa nefasta tendenza culturale vada riposta negli psicologi del futuro, giacché quelli del presente sembrano, almeno buona parte di loro, un pò tutti persi nei fumi estatici delle loro sbornie ideologiche.

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  39. Trovo interessante l’ultima domanda posta da Sibilia, che ponendosi finalmente come terza voce nel rimpiattino Vignoli-Lombardo (che rischia di diventare sterile), apre a una riflessione più ampia e che riguarda la formazione.
    Forse il tema dell’articolo è oramai un pretesto, ma tant’è… L’importante è (ri)trovare il gusto del confronto e dello scambio proficuo tra colleghi.

    Sibilia ha ragione a mio parere quando dice che il pericolo di settarismo sembra annidarsi in molte scuole e in molti ambienti della professione (ovviamente non solo), ed individua nella formazione metodologica l’antidoto “naturale” al veleno settario.

    Condivido questa notazione, ma solo in parte, in quanto secondo quella che è la mia esperienza (formativa e professionale) quando si parla di derive settarie ci si riferisce al dominio della “cultura istituzionale” (Cultura organizzativa, mentalità, clima emotivo, cultura locale, etc…) di un luogo, che è notoriamente ambito d’indagine e d’intervento della psicosociologia, della psicosocioanalisi, di epistemologie cioé derivanti dal ceppo psicoanalitico, ma evolute autonomamente da esso.

    Da questo punto di vista, la formazione dello psicologo-psicoterapeuta dovrebbe sì essere integrata largamente, ma non solo con un bel pacchetto di metodologia, storia della scienza, ricerca, ma anche con una specifica attenzione alle determinazioni storiche e socio-culturali della professione. Ma questa formazione si che è davvero rara da incontrare!

    Indubbiamente un approccio metodologicamente più rigoroso eviterebbe nelle disussioni di circostanziare ogni volta di quale dominio si stia trattando e quali cornici teorico-concettuali sono più o meno adeguate a quel dato dominio (area d’indagine, d’intervento, strumenti conoscitivi, epistemologia di riferimento), ma temo che il settarismo sia qualcosa che esorbiti grandemente da un rimedio così puntuale come un supplemento formativo e riguardi invece, storia, cosuetudini e miti fondativi di ciascuna cultura locale e dei suoi fondatori.

    Esiste poi anche una forma di settarismo più subdola e non immediatamente riconoscibile come tale e tuttavia ugualmente morbosa ed è quella di una supposta scientificità che si chiama fuori da ogni cornice culturale e che racconta con virulenta convinzione il proprio mito iperrealistico e tecnico: un’ideologia che si presenta come un’antideologia, un’antifilosofia, un antirelativismo che scotomizza in origine la propria ideologia e la propria filosofia di partenza (che ovviamente esiste, ma solo che rimane criptata).
    Ne scaturisce una sorta di preteso naturalismo a-teorico che di fatto diventa a sua volta fortemente ideologico.
    Indubbiamente, anche in aree metafisicheggianti, psicopompiche, e giù di lì, si fa riferimento ad un preteso mito naturalistico primigenio o comunque assunto come tale. E’ quanto mi capita di verificare in taluni colleghi con formazione psicoanalitica quando tirano in ballo come il cavolo a merenda l’inconscio come jolly buono per tutto, o le sue innumerevoli varianti teoriche e declinazioni di scuola.

    Non sarà che gli psicologi spesso e volentieri si fanno poche domande avendo loro nessuna certezza e dunque avendo bisogno di molte certezze???

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  40. Vorrei rispondere a Luigi D’Elia, dicendo che nel mio libro “Pensare il modello standard in psicologia clinica” (Boopen, 2009), il sottoscritto fa una critica a 360° alla psicologia clinica di scuola, di qualunque scuola, proponendo al contempo la terza via delle parentele teoriche tra i vari indirizzi, che sono più di quelle che sembrerebbero, e cercando di recuperare il recuperabile di ogni grande famiglia di scuole della psicologia clinica. Tuttavia, per scuotere le coscienze serve spesso la provocazione, la verve polemica. Da qui, le mie provocazioni sulla psicoanalisi, che continuo a pensare sia la base culturale fondamentale della psicologia clinica del XXI secolo, ed anche di quella attuale. Il settarismo che pervade il nostro ambito culturale trova senz’altro nella psicoanalisi il suo più antico e paradigmatico esempio, e non credo sia casuale che la stragrande maggioranza delle scuole abbiano un capo o dei capi carismatici, ed una base di partenza fatta di presupposti speculativi di riconoscibile coloritura teoretica. Quindi non è questione di estirpare la cultura freudiana, sic et simpliciter. La questione è di estirpare quel freudismo che pervade anche le scuole che sono epistemologicamente e teoricamente più lontane dalla psicoanalisi.

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  41. Trovo molto interessanti gli approcci del Dr: D’Elia e del Dr. Sibilia, che finalmente hanno messo il dito nella piaga. La formazione. Bisogna però non dimenticare il soggetto su cui si basa la psicologia cioè l’UOMO”
    e il suo essere come entità monadica unica e irripetibile, non esistendo due persone perfettamente uguali, da un punto di vista psicologico.Non esistono pSicopillole valide per tutti.Questa è una visione della medicina,ma noi non siamo medici.Per quel che mi riguarda,ho studiato tanti e tali libri di una miriade di scuole e orientamenti diversi che non mi sento di identificarmi in una scuola piuttosto che un’altra ed ho superato da molti anni la paura di parlare con colleghi che hanno una visione diversa dalla mia per paura di infettarmi con conscenze che differivano dagli nsegnamenti che mi venivano impartiti. Da tutti ho tratto le mie conclusioni e ho fatto
    una sintesi,non assoluta,ma relativa e disposto a modificare le mie opinioni sulla scorta di nuove informazioni e scoperte che abbiano una validità supportata da fatti e non da mere teorie.Io sono innamorato dell’esere umano per la sua poliedricità e complessità, composto da infinite variabili che non possono essere prese tutte in considerazione,data la limitatezza delle nostre conoscenze e dei mezzi,empirici,a nostra disposizione, per cui ritengo che ognuno di noi dovrebbe mettere a disposizione di tutti le proprie esperienze positive e negative senza paura di critiche che possano oscurare la propria immagine o professionalità.Tutte le teorie sono soggete a mode e pertanto hanno dei momenti di auge per poi cadere nel dimenticatoio non appena compare all’orizzonte un’altra più coinvolgente. Sarebbe quindi opportuno,invece di fare le querre fra i poveri per difendere il proprio orticello, di allargare la propria mente senza ergersi a soloni cattedratici unici depositari della verità rivelata,senza asseragliarsi sull’Aventino per paura di venire derubati delle proprie conoscenze o dei propri meriti e pensndo all’ipotetico uomo perfetto del futuro essere orgogliosi pensando che un pò è anche merito nostro Cos1 facendo
    saremo dei veri psicologi senza distinzione fra clinici, sociali,e quantaltro.Pertanto il mio invito sta nel fatto che ognuno dia il proprio contributo, poco o tanto che sia senza mettersi in una posizione di opposizione buona solo a criticare in maniera negativa e distruttiva non dimenticando che anche un orologio fermo segna l’ora giusta due volte e che la polemica è solo una inutile perdita di tempo.
    dr. Tullio LOMBARDI

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    • @Dr.Tullio Lombardi, Gentile Dott. Lombardi, lei continua a mandardarmi fracciate, indirettamente, credendo di potermi far uscire come il partigiano furioso che pretende di togliere agli altri il diritto di parola. In realtà, invece, se lei ha tempo e voglia di apprezzare le mie argomentazioni, si legga “Pensare il modello standard in psicologia clinica. Fare psicolgia superando in via definitiva le scuole di pensiero”, e si accorgerà di quanta umiltà e fatica ho impiegato per cercare di riflettere con rigore metodologico sugli argomenti di psicologia, senza accennare neanche a spunti polemici puramente disfattisti. Quindi, faccia attenzione prima di dare agli altri del “Solone”, e si faccia invece un sano esame di coscienza sul suo modo di intendere la psicologia. Altro che Politically correect del “lasciami campare con le mie idee sulla psicologia che io ti lascio campare con le tue”!

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  42. A proposito di estirpazioni epistemologiche e di liste di proscrizione, vengo ora a sapere che è stata presentata alla Camera una proposta di legge sulla “Istituzione della figura professionale dello Psicologo di base” ad opera dell’Onorevole Foti. Si legge che lo “Psicologo di Base” lo potrà fare anche il “Medico Chirurgo e Odontoiatra”: chiediamoci solamente se saranno neutrali o settari….
    I sacerdoti della Chiesa cattolica apostolica romana possono diventare psicologi: chiediamoci anche qui se possono essere più neutrali o più settari…

    Nel secondo caso, chiediamo la loro radiazione dall’albo come sopra suggerito dal sedicenne indignato:
    “ed eventualmente fermarti laddove certe posizioni personali cozzino così fortemente (come in questo caso) con un comportamento deontologico”

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  43. Oh certo signor Marcello, quella proposta di legge che lei cita è destinata a non passare mai con quel testo essendo contraria alla Legge 56/89. A meno che non si pensi che le leggi e i codici deontologici siano degli inutili orpelli di cui sbarazzarsi appena congliffono con gli interessi personali o di parte. Sa com’è, ultimamente si è diventati sempre più allergici alle leggi in nome del dio mercato. Le risulta?

    P.S.: Il contrario di settario non è certo “neutrale”, ma casomai aperto, democratico, complesso.

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  44. Questa aria di conciliazione, che si respira negli ultimi messaggi scritti sull’argomento del settarismo, potrebbe di per sé costituire anche un segnale positivo, se pensiamo quanto il movimento della psicologia abbia bisogno di guardarsi dentro ed operare una sintesi dei frammentari contributi culturali raccolti al suo interno. Tuttavia non dimentichiamoci, cari colleghi, che il confronto è utile se avviene tra persone che abbiano orecchie per ascoltare e occhi per vedere, senza avere, al contempo, la necessità di difendere a tutti i costi posizioni ideologiche, come si fa spesso in politica, portando il dato di realtà a piegarsi alle proprie, sacre, idee. Quindi, se dialogare serenamente significa scivolare nel politically correct di un ecumenismo che mantiene i particolarismi di concezione senza aprirsi ad un vero confronto razionale sugli argomenti, teorici, tecnici ed epistemologici, allora ben venga la polemica! Almeno, anche urlando, le cose si dicono e, mobilitando le emozioni, da buoni psicologi, c’è anche la possibilità che cambi qualcosa nel modo di rappresentare la realtà. D’altra parte, cari colleghi, non penso, come ben saprete, che si possa ottenere un cambiamento della mente, facendo dotte discussioni sterili e lasciando fuori dallo scambio relazionale quella giusta quota di emotività che serve a porre alla mente il problema di doversi ristrutturare su delle nuove consapevolezze. Almeno, spero che non sia questo il vostro modo di lavorare con i paziente. E, non credo neanche, onestamente, che questo atteggiamento freddamente intellettualistico ed ipocrita possa servire a destare la psicologia dal quel “sonno della ragione” degli psicologi, che rischia di far naufragare l’intero movimento culturale, confinandolo sempre più verso l’area culturale della chiacchierologia, o peggio ancora, della nullologia.

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  45. Caro Vignoli,
    nella mia esperienza, anche di contatti con colleghi stranieri, dialogare serenamente serve, ma solo ad alcune condizioni. PRIMO, se c’è un vero interesse a raggiungere posizioni non dico più veritiere, ma meno fallaci, quindi migliori di quelle di partenza, e se si accetta di poter sbagliare e che dagli altri possiamo apprendere qualcosa, il che richiede un atteggiamento razionalistico e non ideologico. Se c’è questo interesse, il dialogo può diventare anche serrato e appassionato. SECONDO, se c’è rispetto verso il dato empirico, pur con tutte le sue limitazioni, in quanto se ci si autorizza a svincolarsi totalmente dai fatti (intesi alla WIttgenstein), magari considerandoli pure apparenze, invenzioni o costruzioni, il dialogo può imboccare qualunque direzione, senza approdare a nulla, se non i pregiudizi degli interlocutori. TERZO, se non si presuppone che gli errori siano dovuti a qualche grave difetto – magari di natura psicopatologica – intrinseco alla persona del nostro interlocutore. Questo personalizza la discussione che magari parte su presupposti razionali, e rapidamente la fa scivolare nelle problematiche interpersonali, che non hanno nulla a che vedere con il dibattito scientifico, provocando un calore emotivo che manda in fumo proprio quel “confronto razionale” che giustamente invochi tu, come tutti coloro che ambiscono ad una rifondazione della psicologia clinica su solide e credibili basi.
    Questo calore emotivo, detto per inciso, ha molto a che vedere secondo me con ciò che Freud chiamava “transfert”, cioè un artefatto prodotto proprio dalle regole del setting da lui proposto, non a caso un rapporto interpersonale fortemente squilibrato.
    Trovo invece che solo nell’atteggiamento logico-empirico proprio della scienza vi sia quell’umiltà che consente di riconoscere i propri errori, in quanto proprio dalla verifica empirica e logica nasce il metodo sperimentale per il controllo delle fonti di errore, e così il progresso delle conoscenze. Anche se conoscenze precarie, quali tipicamente sono quelle scientifiche. La razionalità ha i propri limiti, è vero, ma solo l’uso della ragione ci permette di riconoscerli.
    Ma non esiste alcun argomento razionale né scientifico che possa giustificare questo atteggiamento. Si tratta di un atteggiamento etico, infatti, legato alla propria onestà inellettuale, e se non lo si possiede una vera discussione diventa molto difficle e viene abbandonata. Su questo, trovo molto utile D. Antiseri (Le ragioni della razionalità, Rubettino, 2004).
    Passando al tema dominante di questo dibattito, mi sembra, ma potrei sbagliarmi, che sia diventato quello dei settarismi scientifici. Io intendo per setta un gruppo umano i cui membri si riconoscono tra loro per la condivisione di credenze estranee a quelle della socio-cultura di riferimento, la partecipazione a rituali diversi da quelli dominanti e più diffusi, e l’obbedienza ad un capo carismatico in forme che vanno oltre la ragionevole adesione e possono raggiungere facilmente il plagio (V. molti episodi nel “Il libro nero della psicoanalisi” di C. Meyer, Fazi Ed., 2006). Credo che il fenomeno delle sette sia un dato antropologico, nel senso che sia radicato nella tendenza al comportamento gregario proprio del genere umano, evolutosi in branchi. Ma c’è ovviamente chi sfrutta questa tendenza a fini illeciti, e qui di nuovo, a mio parere, si ripropongono temi etici e deontologici prima che scientifici.
    La presenza di scuole diverse a mio avviso è un fenomeno misto. Da una parte riflette il conformismo scientifico di molti, che trovano più utile e comodo adottare il pensiero altrui piuttosto che usare il proprio, incoraggiati in questo da “maestri” discutibili. Che possono produrre mitologie fantastiche, magari usando le modalità esteriori dell’impresa scientifica. E produrre letteratura devozionale. Dall’altra l’emergere di novità scientifiche (nuove teorie, modelli, etc.) richiede, per evitare la “morte in culla” , la presenza di gruppi di scienziati fortemente interessati e motivati a cercare conferme attraverso la ricerca e quindi affermazioni rispetto a teorie o modelli alternativi. Se non si crede alle proprie ipotesi, non ci si impegna neanche a verificarle.
    Il punto qui è che logica, buonsenso e onestà intellettuale prima ancora che rigore scientifico dovrebbero suggerire di non aprire una “scuola” prima di avere verificato i “saperi” che si intendono trasmettere. Questo purtroppo è accaduto alla psicologia clinica, e ha lasciato pesanti eredità, di cui sono solo un esempio i settarismi scientifici.
    Grazie dell’attenzione.

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    • @Lucio Sibilia, Le mie note, a margine del tuo intervento,non volevano certo mettere in discussione i contenuti da te proposti. Sai benissimo come la penso, e sai anche, lo ripeto ancora una volta, che io sono contro tutte le scuole di pensiero in psicologia clinica, non solo contro la psicoanalisi. Il mio riferimento al politically correct va invece a tutti coloro che, dopo aver aggredito ed essersi risentiti per le mie tesi sul freudismo, salgono tutti sul carro della moderazione, volendo far sembrare me l’estremista di turno. Mentre, in realtà, gli estremisti sono loro. Così come sono stati loro ad aggredirmi, come una muta di cani rabbiosi, nel momento in cui ho messo in discussione Freud. Tutto questo dimostra, paradossalmente, che quel settarismo al quale alludevo, e che tutti si affrettano a negare, esiste, ed esiste in una forma “masticata”, “respirata”, fortemente intrinseca al modo di ragionare e di discutere sugli argomenti di psicologia. Wiggtenstein, che tu hai citato, diceva che nelle questioni inerenti la psicologia, anche le questioni recondite, tutto si mostra alla luce del sole, se si hanno occhi per vedere, se non si è offuscati dall’abitudine dei propri schemi mentali. Bene, è anche questo il caso, il caso della mia polemica con i freudiani, polemica che sono stati loro ad intraprendere subito, e con virulenza, non appena è stato messo in discussione il loro “capo branco”, come tu lo hai chiamato giustamente. Quindi, come vedi, il problema del settarismo in psicologia clinica non è una mia invenzione o un mio malinteso, ma una realtà che si mostra a ogni pié sospinto, se si invitano gli psicolgi clinici a parlare degli argomenti della materia. Per quanto mi riguarda, io non appartengo a nessuna conventicola teorica, e l’unico mio credo è quello dell’onestà intellettuale, dell’apertura a qualunque contenuto di conoscenza che possa essere razionalmente ed empiricamente sostenibile. Fa fede, di questa mia inclinazione, il fatto che nel mio libro ho affermato che ci sono elementi di culura clinica da salvare anche nella psicoanalisi, prendendomi pure la premura di indicare quali sono. Quindi, francamente, e non mi riferisco a te, non prendo lezioni di onestà intellettuale e di moderazione da nessuno. Un saluto cordiale.

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  46. @Lucio Sibilia, Scrive Sibilia: “Io intendo per setta un gruppo umano i cui membri si riconoscono tra loro per la condivisione di credenze estranee a quelle della socio-cultura di riferimento, la partecipazione a rituali diversi da quelli dominanti e più diffusi, e l’obbedienza ad un capo carismatico in forme che vanno oltre la ragionevole adesione e possono raggiungere facilmente il plagio (V. molti episodi nel “Il libro nero della psicoanalisi” di C. Meyer, Fazi Ed., 2006). Credo che il fenomeno delle sette sia un dato antropologico, nel senso che sia radicato nella tendenza al comportamento gregario proprio del genere umano, evolutosi in branchi. Ma c’è ovviamente chi sfrutta questa tendenza a fini illeciti, e qui di nuovo, a mio parere, si ripropongono temi etici e deontologici prima che scientifici”.

    Aggiungerei a questa notazione per definire cosa è e cosa fa una setta che occorre indagare più fondo non solo i processi di coesione e d’identificazione reciproca dei membri del gruppo, ma anche lo stile della leadership (a dir poco carismatica); le credenze di riferimento (in genere di matrice “metafisica”), i patti vincolanti interni (votati alla dipendenza), la struttura dell’organizzazione (verticistica), le modalità di partecipazione (in genere affiliativa), le modalità di inclusione e di esclusione, le finalità economiche e di sfruttamento (in genere i veri motori ideologici delle sette), etc, etc.
    Le sette sono strutture di potere tetragone e a-dialettiche, in tal senso si contrappongolo alla cultura dominante, in quanto risolvono ed in maniera spiccia sul piano della cultura istituzionale questioni personali dei propri affiliati legate al potere (in genere sono dinamiche familistiche) non risolte (e forse non risolvibili).
    Certo, detto così si potrebbe applicare questi criteri anche a molte altre organizzazioni umane (non escluse alcune scuole di specializzazione in psicoterapia!), ma ciò che nelle sette si sfrutta particolarmente è l’estrema biosgnosità delle persone ed in particolare il bisogno di appartenenza e di dipendenza, la loro fragilità e la loro disponibilità a tutto pur di affrancarsi dalla propria infelicità.

    Io credo che, passando al tema del settarimo interno alla psicologia, la risposta a questa tendenza umana non sia l’imposizione di un pensiero unico e unificante, ma viceversa l’educazione alla tolleranza delle differenze unita alla ricerca dei comuni denominatori. E poi soprattutto (e qui condivido Sibilia), l’ancoramento rigoroso a tradizioni di ricerca e a gruppi di ricerca. Anche se per me la parola ricerca è forse più inclusiva di quanto si possa intendere e comprende anche la ricerca qualitativa, la ricerca-azione, la ricerca sociale, etc.

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  47. Cito Vignoli:
    “Io credo che parlare della malattia mentale come di una forza mentale positiva non riconosciuta e socialmente stigmatizzata, sia un insulto a tutti coloro che hanno sofferto e soffrono di problemi della sfera psicologica: sarebbe un po’ come intendere il cancro come un eccesso di vitalità. Vergogna! Ma proprio vergogna di cuore!”
    L’insulto è anche ai medici che dicono di saper curare i tumori con la chemio, agli psicologi che dicono che c’è una cura metodologicamente scientifica della depressione, ecc.
    Ma sì, meglio insultare i malati che i sani, perchè se sono malati, come dicono in Africa, ci sarà un motivo da rintracciare nella loro condotta. Non vi risulta? O pensate voi, scienziati mancati, che l’oriente non abbia niente da insegnarvi?!? (perdiamo pure contro la Nuova Zelanda…!!!)
    Da anni un gruppo di medici italiani, specializzati in diverse discipline, sta svolgendo un lavoro pionieristico che si basa sulla correlazione precisa, verificabile con strumenti scientifici, tra psiche, cervello e organo. Il lavoro parte dalle scoperte del medico tedesco dr. R.G. Hamer e si inserisce sul filone di ricerca in merito alla connessione tra mente e corpo, che vanta ormai decenni di storia e migliaia di lavori scientifici internazionali a suo carico.
    Oggi, secondo le esperienze e i dati raccolti, queste conoscenze si rivelano sempre più chiaramente uno strumento preziosissimo che permette un’estrema precisione nella comprensione della fisiopatologia parallelamente allo stato emotivo del paziente, unico ed irripetibile. Tali conoscenze diventano determinanti per poter scegliere, in modo mirato, gli interventi e le terapie più efficaci, nell’ottica di una presa in carico globale del paziente.
    Qui non si può restare passivi e inermi di fronte alla presunta “assenza di scientificità” della connessione mente-corpo asserita da Vignoli, anche se apprezzo molto i suoi interventi quando non diventano troppo propagandistici verso il suo libro, tipo:

    si legga “Pensare il modello standard in psicologia clinica. Fare psicolgia superando in via definitiva le scuole di pensiero”, e si accorgerà di quanta umiltà e fatica ho impiegato…

    nel mio libro “Pensare il modello standard in psicologia clinica” (Boopen, 2009), il sottoscritto fa una critica a 360°…

    come ben testimonia il mio libro sull’argomento (Pensare il modello standard in psicologia clinica…

    Oltre al mio libro su questo argomento, “Pensare il modello standard in psicologia clinica”…

    Mettere su una casa editrice no?!

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    • @Geo Laurenti, Visto che i miei interventi su questo blog fanno ancora discutere, mi affaccio, dopo diverso tempo di assenza, a rispondere a Geo Laurenti, se non altro per difendere la mia dignità e le mie idee. Innanzitutto, vorrei dire che l’approccio alla complessità dei fenomeni del nostro universo costituisce, ad oggi, l’unica vera rivoluzione del pensiero scientifico degli ultimi trent’anni. Vede laurenti, come avrà notato nel corso degli interventi sulla questione della scientificità della psicologia clinica (su questo blog), ci sono ancora molti psicologi che in nome dell’unicità e della complessità dell’oggetto di studio “mente” pretendono di fare della psicologia clinica una pura arte, svincolata da qualsiasi coordinata di metodo. Tutto questo, per salvaguardare, appunto, l’unicità di ogni umana coscienza: se conoscessero meglio la storia del pensiero scientifico, si accorgerebbero che questa loro operazione non è affatto necessaria. La scienza, quanto all’approccio alla complessità, ha già trovato una sua via da diverso tempo; ma, evidentemente, con certi psicologi è perfettamente inutile discuterne. La buttano sempre sul relativismo culturale, ovvero dicendo che anche la scienza è una costruzione culturale, anche la scienza è settaria, nemmeno la scienza è astorica, e via dicendo, non capendo che la scienza, appunto, altro non è che una forma di cultura, come dicono loro, alla quale si può decidere di aderire o meno: non si può millantare di aderirvi senza farlo!
      Quanto poi al farmi pubblicità, le potrei dire che il mio libro rappresenta la dedizione di tutta una vita a questa materia: se pretendessi veramente di fare fortuna, economicamente, con il libro che ho scritto, sarei un semplice illuso. Ma non lo sono, è questo il punto. Vorrei solo che un dibattito serio sulla identità culturale della psicologia clinica venisse fatto su argomenti seri e meditati: come ho fatto io nel mio pubblucizzatissimo libro. Chi è serio propone argomenti seri, e non sparate “impressionistiche” su di un banale blog. Un saluto cordiale.

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  48. Vorrei innanzitutto far notare, a Luigi D’elia, la fonte della citazione di Sibilia (che io stesso ho letto): “Il libro nero della psiccoanalisi”. Indovini un po’ di cosa si stava parlando?
    Rispetto invece alla proposta di D’Elia, vorrei far notare: La fisica, la chimica, la medicina, che possiedono una loro ufficilità, sono forse sotto la dittatura di un “pensiero unico”? Da quello che mi risulta, gli esponenti delle discipline scientifiche suddette sono liberi di sbizzarrirsi con tutte le teorie che vogliono. Tuttavia, vi è un quadro epistemologico-metodologico uniforme, oltre ad esserci un linguaggio categoriale comune. Si rispettano le regole del gioco, in altri termini, ed all’interno di queste regole ognuno può sbizzarrirsi come vuole. Vorrei quindi concludere, dicendo: degli esponenti CBT possono dialogare con degli psicoanalisti junghiani o freudiani? Un sistemico-relazionale utilizza le stesse categorie teoriche di un costruttivista di area cognitiva? Io credo proprio di no! A mio avviso, l’ecumenismo proposto da D’Elia, peraltro già in atto, non porta affatto ad un aumento della credibilità scientifica della psicologia clinica.
    Quanto poi alla ricerca, nella cultura scientifica essa ha un significato ben preciso. Senza essere irriverente, mi sembra che divagazioni su questo tema portino in direzioni di cultura completamente diverse da quelle della cultura scientifica.

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    • @fulvio vignoli,
      Ma caro Vignoli, è proprio grazie a quello che lei definisce “ecumenismo” che lei ha potuto essere ospitato su questo sito per ben 20 volte, ripetendosi ossessivamente sul dogma della “Vera Scienza” e battibeccando qui e là con chi non era d’accordo con lei. Evidentemente questo “ecumenismo” le fa comodo laddove lei debba pubblicizzare con un marketing martellante il suo libro e non va più bene quando esso è in realtà un richiamo alla tolleranza, alla convivenza e a toni meno aggressivi. Ma come dice chiaramente nel suo ultimo post a lei convivere non le piace affatto. Ed allora non capisco perché insiste nello scrivere qui e non emigra su altri e più solitari lidi.
      La distanza che corre tra ecumenismo e democrazia è la stessa che passa tra arroganza e atteggiamento cauto di un vero scienziato.
      E certo che se questo suo atteggiamento è il prodotto della Vera Scienza non si discosta poi molto da quello settario di cui stiamo discutendo…
      Sa, Vignoli, di gente che pensa di avere la verità in tasca è piena la nostra categoria (cosa che segnala una fragilità e non certo una forza), e argomenti anche accettabili portati con modalità aggressive o assolutistiche e per nulla dialogiche rendono scettici gli interlocutori.
      Non solo, lei fa questo a casa di chi la ospita finendo per prendersela anche con il suo ospite ignorando ogni buona regola di convivenza e inflazionando ossessivamente e con toni personalistici questo forum trasformanolo in un reality-show. Ignorando tra l’altro le regole scritte e non scritte della comunicazione sul web, cioé del contesto in cui si trova, su cui esiste già una certa letteratura che le consiglio di acquisire, vista la facilità con la quale inciampa in flames, questioni personalistiche e in spiacevoli rimpiattini.
      La prego dunque di moderarsi o passerà da ora in avanti direttamente nello spam.

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  49. @D’Elia. Io non volevo trattare in modo estensivo l’argomento delle sette: non ne ho la competenza, il tempo, non è questo lo spazio adatto e poi non era necessario il dettaglio per il mio discorso. Cionondimeno condivido tutte le notazioni relative alle sette che D’Elia ha fatto nell’intervento n.49. Ma proprio tutte. Anche se non sono sicuro che tutte le sette mostrino proprio tutti gli attributi da lui indicati, e non ve ne siano altri ancora.
    Possiamo prendere ad esempio il movimento psicoanalitico. Ho citato il “Libro nero della psicoanalisi” della Meyer non per settarismo, ma perché mi risulta essere il primo libro di storia del movimento psicoanalitico che sia mai stato scritto da storici non appartenenti al movimento psicoanalitico. D’altronde, se uno volesse informarsi sulla storia della chiesa o del cristianesimo, sceglierebbe un libro di un uomo di chiesa o di uno storico esterno? Io faccio la seconda scelta.
    Bene, nella nascita del movimento psicoanalitico, nel suo sviluppo, nalle sue caratteristiche, nelle sue motivazioni, nelle sue credenze, nella sua struttura, vi troviamo praticamente tutte le caratteristiche indicate da D’Elia, che ringrazio per questo. Inoltre, vi si trovano anche altre caratteristiche, pure tipiche di alcune sette: le lotte interne, gli anatemi, gli scismi, le espulsioni umilianti, i crimini nascosti, la distorsione ufficiale dei fatti.
    Molti di questi fatti sono stati ormai desecretati, quindi ora sappiamo molte cose che erano state tenute nascoste su Freud e la psicoanalisi. Consiglio di leggerlo. La chiarezza aiuta sempre, mentre nascondere i fatti, anche a se stessi, alla fine produce danno.

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    • @Lucio Sibilia,
      Caro Sibilia, dipendesse solo dalle lunghe ombre della psicoanalisi, allora avremmo trovato consolatoriamente un nemico da combattere. Io vedo con chiarezza i limiti di certe istituzioni (specie quelle psicoanalitiche), ma riconosco alla cultura psicoanalitica specie nel passato un ruolo chiave nello sviluppo della psicologia (e lo dico da non psicoanalista), e mi pare proprio che il settarismo non dipenda solo da un impianto scientificamente “sbagliato”, altrimenti si dovrebbe desumere che le altre istituzioni scientifiche, più rigorosamente fondate, siano salve da derive settarie. Cosa assolutamente non dimostrabile, a mio parere. Evidentemente il settarismo ha variabili molto più complesse di queste.
      Mi piacerebbe avere l’ottimismo della ragione di chi pensa che ciò che è logico e razionale è ipso facto scevro da pericoli di decadenza, ma questa fede ahimé non la posseggo.

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  50. Amen. A D’Elia dico: non abbiamo proprio bisogno di nemici da combattere, i nostri avversari si stanno già rovinando da sé. Non a caso, adesso cercano conferme alla psicoanalisi in questo o quel risultato di ricerche scientifiche della psicologia. E poi anche gli psicoanalisti, in fin dei conti, sono esseri umani e possono quindi apprendere dall’esperienza, se solo riescono a salvarsi dalla “formazione”.
    A D’Elia chiedo: come si può vedere nella “cultura psicoanalitica un ruolo chiave nello sviluppo della psicologia”? Mi piacerebbe saperlo, anche se temo di indovinare già le risposte.
    A D’Elia riconosco: ci possono essere molte più variabili nei vari settarismi di quelle contemplate in questo dibattito. Ma lui confonde il “settarismo” scientifico – quasi fisiologico – derivante dall’adesione forte ad un orientamento teorico, con il vero settarismo – molto più grave – derivante dalla mancata comprensione del metodo scientifico, di verifica sperimentale delle ipotesi teoriche.
    Infine: E’ troppo comodo e talvolta facile fare una caricatura delle tesi altrui, per evitare di confrontarvisi veramente. Per chi vuole educare alla tolleranza, non una bella figura.

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  51. Caro Dr. Sibilia, non ho alcuna intenzione di caricaturare e screditare ciò che dice, cosa glielo fa pensare?
    Molto più semplicemente non siamo d’accordo, e questo per me è cosa buona a giusta.
    In particolare il punto, direi di partenza, sul quale non siamo d’accordo è esattamente il presupposto filosofico dal quale, mi pare, partiamo.

    Potrei sbagliarmi, ma mi sembra che lei parta dall’idea che il settarismo sia il prodotto, cito: “dalla mancata comprensione del metodo scientifico, di verifica sperimentale delle ipotesi teoriche”, quindi si è settari se non si è “scientifici” (se ne dedurrebbe che ogni attività umana che non ha a che fare con la scienza sia più esposta al settarismo, cosa che andrebbe dimostrata…).
    Io penso invece che la scienza con le sue regole sia, come ogni cosa umana, una costruzione culturale, utilissima e preziosissima, ma pur sempre una costruzione (e per di più in divenire), ed in quanto tale non è un fatto a-storico, ed inoltre penso che il settarismo e l’antidoto al settarismo non dipenda dalla quantità di logica razionale ed empirica contenenuta nelle teorie di riferimento di un gruppo, ma casomai dalla capacità di ogni individuo o gruppo a confrontarsi apertamente con tutti.

    Ancora a monte della nostra divergenza forse (forse) c’è anche una visione diversa sulla psicologia come scienza, dettata forse da vertici professionali ed esperenziali differenti (e ci può ben stare). Nella fattispecie io penso che la psicologia non possa essere assimilabile ad una qualunque altra scienza naturale (come mi pare lei pensi), ma si collochi sul corcevia tra una scienza naturale ed una scienza storica (antropologia culturale, sociale, etc.). E che il 99% degli equivoci, conflitti, diatribe che avvengono tra gli psicologi siano in realtà figli di questa non componibilità dei due vertici di partenza, in particolare quando si confondono questi piani.

    Pensare quindi alla scienza come una realtà a-storica anziché ad una (utile) narrazione, e alla psicologia come ad una scienza della natura anziché come una scienza a cavallo tra natura e cultura, crea a catena una serie di problemi di comunicazione che si presentano sottoforma di neo-dogmatismi, molto simili a quelli religiosi.

    E del resto se il mondo fosse dominato da una razionalità, naturalisticamente fondata, io e lei ci comprenderemmo e condivideremmo ogni cosa al volo, oppure dovremmo ascrivere le nostre incomprensioni all’errore metodologico di uno di noi due (il mio nella fattispecie, of course), questo si molto facile e riduttivo come modo di screditamento del punto di vista altrui.
    Penso invece che ognuno di noi due sia in perfetta buona fede, solo che ha punti di partenza diversi e non è detto che si debba auspicare necesariamente una sintesi. Ma forse c’è anche da dire che l’oggetto della nostra discussione è ancora opaco e confuso. Di cosa si sta parlando: del settarismo, della psicologia, della scienza, della misera realtà italiana, del modo di convivere in un forum? Secondo me senza chiarezza e focalizzazione si scivola altrove. Io pensavo che il tema fosse il settarismo, ed ho anche provato (in un precedente post) a contestualizzarlo e a definirne gli strumenti esplorativi, ma evidentemente non è ancora sufficiente.

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  52. @ D’Elia. Grazie delle precisazioni e della chiarezza. Effettivamente non siamo d’accordo su molti punti, ma forse questo può non interessare i lettori.

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