Il mostro, i media, gli esperti
SEGNALAZIONE
Come spesso accade nei casi di crimini di cui i media parlano, avviene una rincorsa a comprendere i perché misteriosi di certi comportamenti criminosi e della personalità di chi li commette.
Nel recente caso del presunto stupratore di Roma, Luca Bianchini (che, ricordiamo, è solo indagato per questi crimini e non già colpevole), questa rincorsa ha prodotto le solite affermazioni sia di esperti, che di testate giornalistiche (mal imbeccate dagli stessi esperti), lanciati in dichiarazioni sulle presunte diagnosi o caratteristiche di personalità che lasciano piuttosto allibiti, sia per la fantasiosità delle stesse, sia perché formulate senza alcun contatto peritale diretto, ma basate su informazioni giornalistiche, anche di terza mano. Un rumore di fondo ormai inevitabile in queste vicende, che richiederebbero piuttosto cautela e silenzio.
Ecco alcuni esempi raccolti, in maniera random, da alcune testate giornalistiche:
TG1 (12/07): […] è bipolare e ossessivo, la malattia di dr Jekyll e Mr Hide
ANSA (13/07): […] Intervistato dal Giornale e dal Tempo, Bruno fa la sua diagnosi: “E’ un caso di disturbo di personalità multipla, cioé una scissione bipolare grave. Una dissociazione fra emozioni e aspetti cognitivi, con una tendenza a isolarsi dalla realtà. In lui – spiega – convivono una persona buona e una cattiva e l’una non accetta l’altra. Per il lato malvagio tutto diventa possibile, anche un crimine, e non c’é neanche senso di colpa” […] http://www.ansa.it/opencms/export/site/visualizza_fdg.html_1617550643.html
Repubblica (11/07) “scissione bipolare” http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/cronaca/violenza-sessuale-7/il-personaggio/il-personaggio.html
Altro che scissione, dissociazione, ossessione o disturbo bipolare, siamo noi della Redazione dell’Osservatorio Psicologia nei Media a dissociarci… No, non in quel senso…
Abbiamo chiesto su questo punto un parere ad Isabella Merzagora Betsos – Professore di Criminologia, Facoltà di Medicina dell’Università degli studi di Milano
La Redazione
PARERE DELLA PROF.SSA ISABELLA MERZAGORA BETSOS
L’arresto di uno stupratore seriale, benché non certo il primo nella storia criminologica anche recente, è notizia degna di risvegliare timori (e prurigini?); a ciò si aggiunga che da qualche tempo la criminologia è “sciaguratamente” di moda.
Michele Serra ebbe a definire la vicenda di Cogne come il peggiore esempio di sguaiatezza mediatica degli ultimi anni, e da allora si sono moltiplicate le interviste agli esperti o sedicenti tali, così come si sono moltiplicati i criminologi, talora di incerti natali scientifici.
Non stupisce dunque che anche la vicenda di Luca Bianchini -se poi è lui il colpevole- occupi le cronache, con tanto di spericolati tentativi di spiegazione e addirittura diagnosi.
Che i giornalisti, come rappresentanti del sentire comune, cerchino spiegazioni naturalmente non meraviglia e neppure scandalizza: tutti cerchiamo di spiegarci non solo il perché della violenza sessuale, ma, e forse più, come possa accadere che il serial rapist fosse percepito da amici, conoscenti, colleghi come assolutamente “normale”.
Anzi, forse è quest’ultimo l’interrogativo più inquietante, perché se può darsi che una persona che appare del tutto immune da stranezze, eccentricità, sintomi e segni può in realtà albergare tanto orrore, mi toccherà dubitare anche di chi mi è vicino, controllare di sottecchi amici e parenti chiedendomi inquieto se non siano “mostri”, addirittura guardarsi allo specchio e domandarci: “Ma, io … ?”.
Da qui la spasmodica ricerca di una diagnosi. Soprattutto quando il reato è efferato, o sembra sproporzionato ai motivi, o, ancora, privo di motivi che a noi appaiano validi, attribuirlo alla follia raggiunge il duplice scopo rassicurante di fornire comunque una spiegazione (la follia, appunto) e di allontanare da noi che malati non siamo (o non riteniamo di essere) la prospettiva di commetterlo.
Tutto ciò può essere comprensibile, persino condivisibile, se però ad affermarlo non è l’Esperto, il quale invece dovrebbe dire innanzitutto che la violenza sessuale è solitamente agita da banali bruti e poco ha a che spartire con la malattia mentale.
Soprattutto l’Esperto non deve permettersi diagnosi sulla scorta del solo fatto di cronaca, o di scarne notizie biografiche raccolte chissà come e da chi (in genere si intervistano i vicini di casa, magari l’edicolante, o i parenti ancora storditi dalla catastrofe che si è abbattuta su di loro).
In questi casi, poi, estrarre dalla scatola degli attrezzi diagnostici il “Disturbo da Personalità Multipla”, ovvero, con attuale dizione, il “Disturbo Dissociativo dell’Identità”, costituisce il proverbiale cacio sui maccheroni, salvo che si tratta di una diagnosi difficile, di una patologia rara e anche discussa, comunque accompagnata da lacune mnesiche, che, insomma, formularla senza aver visitato a lungo il paziente è temerario, così come sconsiderato è, sempre, formulare qualsiasi diagnosi senza l’ascolto della persona.
21 luglio 2009
Non trovo molto soddisfacente questo commento, innanzitutto perché gli “incerti natali scientifici” che vengono attribuiti ad altri sono altrettanto incerti nel caso della professoressa. Non mi sono documentata però nella presentazione non si dice se non professore di criminologia alla facoltà di medicina e cioè non si dice nulla in pratica. Poi mi lascia molto perplessa la frase “la violenza sessuale è solitamente agita da banali bruti e poco ha a che spartire con la malattia mentale” quando si parla di una persona che in primis ha subito un processo anni fa in cui la violenza sessuale E’ stata considerata malattia mentale, dato che Bianchini stesso è stato assolto per incapacità di intendere e di volere e affidato alle “cure” di un servizio di psichiatria. Servizio dal quale è stato dimesso con la convinzione che fosse “guarito”. In secondo luogo si parla di una persona che, anche se non di fronte agli inquirenti, ammette di provare degli impulsi a cui non sa resistere (vedere scritti ritrovati in casa sua).
Per cui, posto che è assolutamente assurdo e una trovata giornalistica tirare in ballo il disturbo dissociativo, che come giustamente detto è un disturbo alquanto raro e comunque ha altre caratteristiche, trovo che così come non possiamo dire che la malattia mentale c’entri non possiamo neanche dire che non c’entri. Starà a chi di dovere, periti, avvocati, magistrati, giudici ecc. stabilire se e come la malattia mentale c’entri qualcosa (sempre che sia lui il colpevole). Certo che se partiamo dai presupposti di Bruno (che se non sbaglio è criminologo) che parla e sparla di personalità multiple in quel modo ad uso e consumo di giornalisti e appassionati di cronaca nera… le premesse sono pessime
22 luglio 2009
In Italia chi ha conseguito una formazione in psicologia giuridica o in criminologia e comunque è realmente competente in tale ambito, non può non conoscere la prof.ssa Merzagora Betsos, almeno di nome. Oltre alle diverse pubblicazioni, è stata perito di casi noti alla cronaca.
Certamente, se pensiamo poi che solo gli “psi-opinionisti da televisione” siano degni di autorevolezza, continuiamo a negare la professionalità e la preparazione, a scapito di una semplice notorietà a volte meritata, ma a volte no.
Susanna
22 luglio 2009
Forse dovrebbe essere la professoressa a scrivere di se e per se; le critiche non sono infondate. Io la penso così.
23 luglio 2009
@G.Dolci,
Io ho fatto una tesi di laurea in psicologia criminale all’Università di Parma e ho anche citato tra gli autori la prof.ssa Merzagora Betsos.
Si fa un gran parlare e tutti conoscendo due o tre termini tecnici si innalzano di 2 o 3 cm…
Giornalisti e sedicenti pseudo-psicologi dovrebbero rispettare la nostra materia che purtroppo in Italia è ancora considerata alla stregua dell’astrologia e della chiromanzia (in generale).
22 luglio 2009
Gentili lettori,
Susanna ha evidentemente documentate ragioni. In ogni caso, se ci si premura di cliccare sul nome della Prof.ssa Merzagora Betsos in questo articolo, si trova la sua breve presentazione nella pagina http://www.osservatoriopsicologia.com/comitato-di-esperti/
In ogni caso la copio/incollo in calce.
Saluti
Isabella Merzagora Betsos, è Professore Associato di Criminologia presso l’Istituto di Medicina Legale della Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Milano, e insegna presso le Scuole di Specializzazione in Psichiatria, in Medicina Legale, in Neurologia, in Psicologia Clinica, in Neuropsichiatria Infantile della stessa Università. E’ Direttore del Corso di Perfezionamento in Criminologia e Scienze Forensi, e di quello in Psicopatologia forense dell’Ateneo milanese. E’ Specialista in Criminologia Clinica e Dottore di Ricerca in “Scienze criminologiche e psichiatrico forensi”. E’ stata componente esperto della Sezione di Sorveglianza presso la Corte di Appello di Milano, e componente dell’Equipe di osservazione e trattamento presso la Casa di Reclusione di Lonate Pozzolo e presso quella di Milano-Opera. Ha inoltre svolto e svolge attività peritale e di consulenza tecnica in ambito psicopatologico forense presso diversi Tribunali. E’ iscritta all’Albo Nazionale degli Psicologi. E’ membro della Commissione Scientifica della Società Italiana di Criminologia. Nel 2002 è stata chiamata come esperto dal Ministero della Giustizia francese, nell’ambito di una ricerca su “L’analyse criminelle et profilage”. E’ autore di 170 pubblicazioni scientifiche, fra cui 10 monografie.
22 luglio 2009
Questo post si prefigura più come domanda che come commento.
Mi chiedo per quale motivo, nel caso di comunicazioni alla stampa di diagnosi quanto meno “azzardate”, non si prendano in considerazione le possibili violazioni al codice deontologico degli psicologi, almeno per quanto riguarda l’art. 7(Sezione – Principi Generali). Se è vero che questo articolo sottolinea il concetto di “parare professionale”, ritengo che nel momento in cui si intervisti un criminologo e gli si chieda un commento riguardo a fatti come quelli riportati dalla cronaca riguardo Bianchini, il suo intervento ‘esperto’ non può non essere considerato un parere ‘professionale’ invece che un opinione naif sull’evento oggetto di discussione.
(Articolo 7
Nelle proprie attività […] Lo psicologo, su casi specifici, esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta ovvero su una documentazione adeguata ed attendibile.)
Seconda domanda.. Sono casi, quelli sovra citati, che possono essere oggetto di sanzioni anche per quanto riguarda l’art. 36
Articolo 36
Lo psicologo […] Qualora ravvisi casi di scorretta condotta professionale che possano tradursi in danno per gli utenti o per il decoro della professione, lo psicologo è tenuto a darne tempestiva comunicazione al Consiglio dell’Ordine competente.
… penso che certe dichiarazioni non vadano certo nella direzione di dare un immagine decorosa del lavoro che facciamo.
J.Libanti
22 luglio 2009
Carissimi,
è bene precisare che non conosco criminologi, psicologi, psichiatri e medici legali, che, quando richiesto, non abbiano partecipato a interviste telefoniche per trasmissioni radio o che, quando invitati, non abbiano partecipato a tramissioni televisive.
Per amor di patria, non faccio nomi, ma vi assicuro che lo hanno fatto e lo fanno tutti.
E comunque non ci vedo nulla di male. Ognuno è libero di esprimere il proprio parere, stante che in criminologia non esiste una verità assoluta.
22 luglio 2009
costruire ipotetci quadri clinici da parte di importanti esponenti di psichiatria, psicologia e criminologia è gravemente scorretto. Le opinioni sono comprensibili da parte dei non esperti e gente comune. i professionisti della mente quando fanno opinioni fanno sentenze e questi dovrebbero parlare solo se realmente sono stati chiamati a fare una consulenza ma anche in questo caso, dovrebbero esprimersi nelle opportune sedi giudiziarie.
Sono amareggiato che si spari ancora prima di conoscere tutti gli elementi.
Ricordiamoci come recentemente erano state accusate di violenza sessuale persone che dagli esiti del DNA sono risultate in seguito estranee.
Questi casi dovrebbero fare riflettere.
Questa è una mia opinione
23 luglio 2009
Io non capisco questo accanimento! Leggete la mission del gruppo e se non ne condividete gli obiettivi, andate a leggervi un sito che più si sposa con le vostre opinioni!
Io sono a favore di un lavoro di sensibilizzazione della stampa e di chiarimento di concetti resi più aleatori del dovuto da essa agli utenti che alla fine, se hanno un problema, non sanno come orientarsi!
Arrivare poi a screditare chi mette a disposizione il proprio tempo … non lo capisco, anzi mi piacerebbe tanto sapere perchè gente come F.D’elia e Roscellino perdono il proprio in questo modo! Ma ancora di più mi incuriosisce sapere che lavoro fate voi… e da quale pulpito vien appunto una predica così spropositata.
Il caso di Bianchini è solo l’emblema di quanto sia più importante spettacolizzare che informare oggettivamente! Anche in questo caso per esempio, si è molto parlato dell’imputabilità… mentre in questi casi sarebbe più saggio parlare di pericolosità sociale! Sembra che Bianchini sia stato seguito da un servizio “di riabilitazione” dopo il processo, forse non è bastato, forse non l’ha seguito e non ha rispettato la legge, nessuno ha parlato di questo, mentre quando si ha a che fare con gli incapaci, che però rischiano la recidiva, è questo il focus centrale dell’argomentazione!
Silvio
24 luglio 2009
Alcuni dei commenti al mio intervento richiedono probabilmente delle puntualizzazioni.
Innanzitutto la mia frase “che la violenza sessuale abbia poco a che spartire con la malattia mentale” non è riferita al caso di specie, proprio perché non mi permetto di fare o non fare diagnosi senza una conoscenza diretta della persona, ma è un discorso generale frutto della più recente ricerca criminologica, ed è semmai “antilombrosiano”, visto che il fondatore dell’Antropologia Criminale riteneva appunto il crimine come necessario portato della malattia.
Naturalmente ci sono anche stupratori affetti da disturbo mentale, posto che nelle scienze umane gli avverbi “mai” o “sempre” sono un azzardo.
Mi dispiace che sul punto Elena abbia equivocato, evidentemente non mi sono spiegata bene, e ritengo anch’io che se una perizia ha giudicato Bianchini incapace di intendere o di volere, visto lo scrupolo con cui vengono effettuati questi accertamenti, nel caso di specie ci sia qualche disturbo.
Quando ho scritto “se è il colpevole” intendevo riferirmi al fatto che la colpevolezza si dimostra dopo il giudizio penale, e a quello di aver visto più volte persone consegnate al ludibrio popolare, salvo poi ammettere che ci si era sbagliati.
Quanto al “se poi è professoressa” a me rivolto, effettivamente sono professoressa, e anche da un bel po’ di anni. Naturalmente, per dirla con Gadda, c’è sempre “il dubbio che anche un professore, di quando in quando, possa dire delle scemenze” (Carlo Emilio Gadda, Accoppiamenti giudiziosi). Ciò detto, la professionalità per esprimermi in tema criminologica credo proprio di averla, e ringrazio Susanna per avermela riconosciuta, visto che è circa un quarto di secolo che faccio perizie e consulenze, che sono stata componente esperto del Tribunale della Sorveglianza, esperto ex art. 80 in carcere, che le mie pubblicazioni scientifiche al momento ammontano a quasi 200, che dirigo due Corsi di Perfezionamento (in Criminologia e in Psicopatologia Forense) presso l’Università degli Studi di Milano, eccetera.
Dopodichè, verissimo, ognuno può esprimere “opinioni”, ma sono d’accordo con Paolo, un conto è l’”opinione”, la doxa avrebbe detto Aristotele, altro è l’”episteme”, cioè il giudizio qualificato dell’esperto. Certo che andiamo in televisione, l’ho fatto anch’io più volte, ma se ci chiamano in qualità di esperti, sulla nostra materia il nostro non è un parere qualsiasi.
Sicché, ribadisco, meglio non fare affermazioni senza sufficienti dati, fra l’altro per difendere la nostra professione. Se per una diagnosi bastasse il sentito dire, la nostra professionalità ne uscirebbe malconcia, e gli anni di studio sottovalutati.
Isabella Merzagora Betsos
26 luglio 2009
Pensavo non ce ne fosse bisogno, ma a questo punto è bene precisare che la prof. Merzagora è certamente tra i più seri e preparati criminologi italiani. Questo è fuori discussione.
Gli attacchi personali sono sempre sgradevoli e fuori luogo. Come in questo caso.
Discutiamo – civilmente – le idee, non le persone.
30 luglio 2009
Il problema, credo, è che violenze sessuali o, peggio, la pedofilia sono reati talmente abberranti per le nostre menti (se non fossi uno psicologo direi anche per i nostri cuori) che dimentichiamo il principio della presunzione di innocenza e non ci preoccupiamo di accertare se un uomo sia colpevole o no, vogliamo solo stare tranquilli (anche solo in maniera illusoria) che qualcuno venga identificato come “IL” colpevole.
Lo stesso si dica per le varie diagnosi, distribuite via etere da moooolti nostri colleghi e non , servono a placare il terrore della follia (la propria e quella altrui)che ognuno diu noi porta con se.
Fare diagnosi SELVAGGIA risponde a questo nostro bisogno di differenziare lo stupratore da noi. Pertanto è come minimo scorretto in quanto indica una incapacità, che dovrebbe essere propria della nostra categoria, di mettersiin una posizione meta rispetto alle proprie emozioni e poterle analizzare invece che agire.
Si pensi che anche il nostro codice deontologico vieta di fare diagnosi senza aver mai visto una persona. Il senso di tale divieto sta proprio nel fatto che la psicologia si esercita solo all’interno di una relazione, in assenza della quale uno stupratore può essere definito come “banale bruto”, “porco schifoso” o qualsiasi altro concetto che NON DERIVI da categorie concettuali proprie della psicologia.
Come a dire, uno psicologo è tale solo all’interno della relazione con quello specifico soggetto perchè con lui ha una relazione; altrimenti smette di essere psicologo e diventa una persona qualunque e quindi non abilitata a usare tali categorie descrittivo-diagnostiche.
6 agosto 2009
sono una semplice psicologa/psicoterapeuta priva di c.v. “scenici”. Insomma una persona “comune”. Ma vorrei lasciare il mio semplice feedback: tante citazioni, tante richieste di “prove” sulla propria attivita’ professionale… ma avete letto bene cio’ che e’ stato scritto? A parte il parere della Prof. Merzagora, il suo chiarimento e l’intervento di Paolo mi sembra che il tono dei commenti sia aggressivo e squalificante e che il focus sia sull’attacco personale e non sull’oggetto. Ma allora? non siamo noi che “insegnamo” come si lavora in team? non siamo noi che offriamo il nostro aiuto per lo sviluppo di una situazione in gruppo? cogliendo dall’altro cio’ che e’ positivo per noi e riproponendo il tutto, dopo il contributo degli altri, secondo la nostra visione? Boh… sinceramente fraintendere la parola o volerla interpretare per forza “male” non mi sembra aiuti minimamente l’acquisizione di una conoscenza condivisa e in divenire grazie all’apporto di tutti. e ad aprirci al rispetto reciproco…
E’ stata una vera delusione per me, sicuramente team molto meno “prestigiosi” lavorano molto meglio, per fortuna :)!
7 agosto 2009
Cara Livia, hai perfettamente ragione, tant’è che la redazione ha introdotto un regolamento per intervenire in questi spazi per il dibattito (http://www.osservatoriopsicologia.com/regole-e-principi-della-netiquette-di-osservatorio-psicologia-nei-media/) affinché non siano meta di trolls e similia che imperversano per la rete e che purtroppo infestano anche questo sito.
Da settmbre, tornati dalle vacanze, ci sarà un giro di vite.
Ciao e grazie del tuo contributo
Luigi D’Elia