Gli Psicologi nella fiction
Sono la Dott.ssa Beatrice Balsamo, psicoanalista.
Vorrei sottoporvi quanto segue.
Il giorno 7 maggio, Rai 1, ore 21.30, la fiction “Butta la luna” ha posto nell’intreccio il personaggio di una psicologa (psicologa del tribunale, la sua competenza riguarda l’affidamento di bambini e giovani). La sua età è circa di 58 anni, penso. Avendo il problema di un guasto elettrico, chiama un elettricista (che banalità!). Arriva un giovane elettricista (diciannove anni). Con lui ha dei rapporti sessuali, messi in scena.
Nessuna espressione di conflittualità interiore rispetto a questa scelta sessuale, di ravvedimento, di ripensamento. Né il comportamento della psicologa nonna-amante viene messo in qualche modo in discussione.
Ora mi chiedo: che psicologa è mai questa, se non è consapevole che tale relazione ravvisa un “incesto”, dal punto di vista psichico?
Come può uno psicologo non com-prendere che un ragazzo così giovane proietta su una donna matura (in più, anche psicologa), nel desiderio di possederla, il proprio essere il complemento “della madre”, il fallo della madre, cioè Uno con lei, in lei (Lacan, “La formazione dell’inconscio”, p. 25, “Scritti”, vol. I, pag. 271).
Tale è l'”incesto” psicologico, messo in scena nella fiction “Butta la luna”.
Non solo: il personaggio-psicologa accetta questo acting out del ragazzo senza saperlo interpretare e, anzi, mettendosi nella posizione della donna matura che si concede il sesso “giovane” come atto di libertà. A me pare molto misero e grave che la persona che accetta questo, senza distacco nel comprendere tutto ciò, faccia di mestiere la psicologa. Considero questo passaggio nella fiction una “perversione” (che perverte il senso, che fa saltare l’ordine delle cose, fa saltare le posizioni: il “figlio” non è più il figlio, ma l’amante e la “madre” non è più la madre, ma l’amante).
Penso che tale personaggio-psicologa, con questi comportamenti, sia denigratorio per la professione dello psicologo.
Dr. Beatrice Balsamo, psicologo specialista delle Narrazioni (letteratura, fiction, film), docente al Cimes di Bologna (DAMS, arte, musica e spettacolo) e all’ALMED (Alta Scuola dei Media – Università Cattolica di Milano).
Certo né il personaggio della fiction né i suoi autori commettono alcunché di illecito. Tuttavia comprendiamo bene il disappunto generato dal filmato: ogni professionista vorrebbe che della propria professione venisse data un’immagine congrua con il patrimonio di conoscenze e con il ruolo sociale acquisito. A tutela dei professionisti, ma ancor prima a tutela di coloro che possano doversi affidare alle loro cure.
24 maggio 2009
Santo cielo Beatrice,,,, brava(!?) hai letto Lacan, ma ti rendi conto che è fiction!!!
25 maggio 2009
Io, piuttosto, mi chiederei perchè la cosa ti ha infastidito tanto..
25 maggio 2009
Sono convinta che tutta la fiction “Butta la luna” dia un’immagine sbagliata della professione di psicologo in generale, e dello psicologo che lavora in tribunale, in particolare. Mi riferisco, nello specifico, al personaggio di Cosima che più che svolgere il ruolo di psicologo, svolge le mansioni tipiche talvolta di assistente sociale, talvolta di un educatore che lavora presso il tribunale dei minorenni. Credo che gli autori della sceneggiatura abbiano fatto un po’ (un po’ è un eufemismo)di confusione tra i ruoli. Consiglio loro di affidarsi , in previsione della stesura della sceneggiatura della eventuale terza serie, a dei consulenti seri, professionisti che lavorano davvero in ambito forense, cosicchè possano dare origine ad una rappresentazione scientificamente corretta e realistica della professione dello psicologo che opera presso il Tribunale dei Minorenni.
25 maggio 2009
Io non sono uno certo tenero con la comunicazione istituzionale riguardo la nostra professione. Detto questo, mi sembra peraltro che la “pretesa” della collega vada ben al di là di quanto lecito attendersi, qualunque fosse il contesto attuale. Così come è legittima la sua osservazione circa i connotati “psichicamente incestuosi” di una relazione fortemente sbilanciata sul piano anagrafico (ma i colleghi maschi che avessero come compagne donne di vent’anni in meno sarebbero allora dei satrapi?), viene da chiedersi che psicologa sarebbe quella non in grado di concedersi al piacere di una relazione “incestuosa” si, ma nel senso rivoluzionario ed eversivo del termine, ovvero capace lasciarsi andare alla contaminazione del “nuovo”, dell’ALTRO da sè. Farlo durante una terapia sarebbe senz’altro attaccare attraverso la collusione un nucleo problematico che rimarrebbe tale una volta evacuata la catarsi “da trasgressione”. Ma fuori dal contesto clinico, fuori da quel quadro teorico di riferimento mi sembra dottrinario ed infantile attendersi che il mondo riconosca addirittura l’ineluttabilità di una configurazione psichica che si dà sempre, viceversa, nel qui ed ora. Una volta chiesi ad un amico analista se l’amore possa sbocciare al di fuori di una proiezione; la risposta fu secca ed immediata, NO!
“Siamo commedianti, Ellenberger, commedianti. L’unica differenza tra noi è che tu giudichi secondo legge, mentre io dovrei agire secondo legge. Dovrei.” F.Durrenmatt
28 maggio 2009
Sono in totale, completo e assoluto disaccordo con il contenuto della segnalazione della collega (e non mi riferisco alla fiction, che non ho mai visto, ma ai contenuti delle sue riflessioni).
Per il significato che ha per me essere una psicologa è non solo inopportuna, ma dannosa l’idea che nelle nostre relazioni private interpretiamo i comportamenti degli altri e utilizziamo queste interpretazioni per decidere come agire. Questa idea dello psicologo è alla base di un grave pregiudizio delle persone nei nostri confronti, quando immaginano che noi psicologi anche nella vita privata non facciamo altro che interpretare quello che le persone dicono o fanno, e non ci relazioniamo con loro ma con le interpretazioni su di loro. Non credo che i professionisti della psiche non siano in grado di utilizzare gli strumenti dell’interpretazione nella vita privata, ma che non debbano e che non vogliano farlo!
Il concetto che un rapporto tra una donna più matura e un ragazzo più giovane rappresenti un “incesto”, così generalizzato e fuori da ogni contesto, mi sembra moralista e anche maschilista, dato che il personaggio della psicologa viene definito “nonna-amante”, mentre se si fosse trattato di uno psicologo maturo che ha rapporti con una giovane donna nessuno avrebbe mai utilizzato la dicitura dispregiativa “nonno amante”.
Non considero affatto una brutta figura avere rapporti con un ragazzo molto più giovane, e, in generale, con una persona, adulta e consenziente, di qualsiasi età o con cui ci sia qualsiasi differenza di età. La gradevolezza o sgradevolezza di qualsiasi rapporto (adulto e consenziente) è soggettiva, non oggettiva. Intrattenere rapporti con persone di età diverse, sia per gli uomini che per le donne, è una questione di libertà personale, e ritengo che gli psicologi come categoria facciano una bella figura solo quando tutelano la libertà personale, astenendosi da rinforzare e diffondere discriminazioni, etichette e stereotipi sociali. Anzi credo che questo sia uno dei compiti principali della nostra professione.